Esoscheletri: mending care

Questa tesi ha l’obbiettivo di esaminare e mettere in discussione il ruolo del designer nel perpetuare il consumismo generato dal sistema capitalistico, con particolare attenzione al settore della moda. La ricerca si articola in un'analisi del motore capitalista che muove l’industria dell’abbigliamento, focalizzandosi su due aspetti principali: l'educazione degli utenti finali sugli effetti negativi del sovraconsumo e la promozione dello slow fashion, inquadrati dal modello del degrowth. Particolare enfasi viene posta sul sostegno a piccoli creators indipendenti specializzati in upcycling e abbigliamento di seconda mano. Il progetto sfida il modello profit-driven del capitalismo, proponendo un paradigma alternativo basato sullo scambio non monetario di idee culturali e creative. L'obiettivo è esplorare l'applicazione di principi anticapitalisti, privilegiando la collaborazione rispetto al guadagno commerciale, al fine di promuovere una maggiore consapevolezza e responsabilità sociale. Metodologicamente, la tesi si sviluppa in due fasi principali: 1.Una mappatura sistematica dei mercati second hand nel contesto urbano di Milano. 2.Una raccolta e analisi di tecniche di upcycling, ispirata all'approccio di Enzo Mari e al suo Manuale di Autoprogettazione. L'innovazione proposta risiede nel conferire all'utente finale un ruolo attivo nel contrastare il sovraconsumo, fornendo strumenti concreti per opporsi al sistema dominante, invece che ridurlo a mero consumatore passivo. Centrale in questa prospettiva è la promozione del legame affettivo con i capi di abbigliamento, finalizzata a incentivare un uso prolungato degli indumenti in contrasto con la cultura dell'usa e getta tipica del fast fashion.