Gaia De Intinis
Parametric architecture Istanbul 2012. Come inventarsi una mostra su uno stile che nemmeno esiste.
Rel. Marco Trisciuoglio, Davide Tommaso Ferrando, Emanuela Giudice. Politecnico di Torino, Corso di laurea specialistica in Architettura (Costruzione), 2012
Abstract: |
Introduzione Iniziare a scrivere su un concetto dai molteplici aspetti critici (in entrambe le accezioni del termine) e teorici come "la forma" non è una soluzione per laurearsi piuttosto semplicistica. A dire il vero, la decisione stessa dì scrivere dell'argomento probabilmente include in sé una buona quantità di masochismo accademico, termine coniato sul momento che rappresenta l'unico accostamento di sostantivo e aggettivo che possa delineare grossolanamente il futuro di questo scritto, un saggio che presenterò e discuterò in sede di laurea fra qualche mese. Dato che sto scrivendo un'introduzione, mi piacerebbe quantomeno spiegare il perché di cotanto accanimento nei confronti del mio futuro. Il percorso della tesi è iniziato un anno fa, quando in quattro "colleghi" abbiamo deciso di affrontare il concorso internazionale Thyssenkrupp Elevator Architecture Award - Istanbul 2011, che in occasione dell'anno scorso richiedeva la progettazione di un edifìcio apostrofato come l'Istanbul Disaster Prevention and Education Centre. Qualcosa di complesso, insomma. E' bastato davvero poco affinchè - con la collaborazione di quattro teste tutt'altro che tradizionaliste - nascesse quello che io personalmente considero uno dei più bei risultati fra i miei numerosi tentativi di fare architettura. E se ho usato - in questo unico caso -l'aggettivo "bello", c'è un preciso motivo. Per quello che mi hanno sempre insegnato e per come ho imparato io a concepire l'architettura, l'aggettivo "bello" è uno di quei tabù che tutti gli studenti (o quasi) sono perfettamente consapevoli di non dover mai usare. L'architettura "bella" non esiste. In facoltà si impara presto - a costo della propria sopravvivenza - che quando sì parla di architettura bisogna drizzare la schiena e assumere un comportamento più intellettuale di quello che comunque non saresti in grado di avere, anche nella migliore delle ipotesi e delle situazioni. Eppure l'architettura "bella" in molti la sanno riconoscere, mi ha detto Emanuela Giudice. La vedono e l'aggettivano. C'è una metafora - che Paolo D'Angelo utilizza nel suo "Ars est celare artem. Da Aristotele a Duchamp" - che è quella del tuffo. Che cos'è che fa di un tuffo, un bel tuffo? Certo la "figura" quando è eseguita perfettamente, certo quando l'entrata in acqua è "giusta". Certo la prestanza fisica, l'autocontrollo, il coraggio e la concentrazione. Ma soprattutto la souplesse, la dolcezza. Lo sforzo c'è ma non appare. Parafrasando Raffaele La Capria "un'architettura bella ha il sorriso che aveva Fio Griffìth mentre correva la finale dei cento, un sorriso che apparve negli ultimi trenta metri durante l'olimpiade dell'88". Quindi quello che mi viene da pensare, è che qualcuno - durante il percorso -abbia considerato opportuno dire una piccola bugia per salvaguardare una grande verità. Un po' come si fa con i bambini, quando non gli si può spi¬egare completamente l'intera storia dell'anatomia comparata umana e gli si presenta il miracolo della vita parlando di cicogne e cavolfiori. Il problema è che dopo una certa età il bambino - suo mal¬grado - capisce da solo che le cicogne si limitano a volare sopra i camini di Racconigi... ma quand'è che uno studente dovrebbe emanciparsi dal pensiero del tabù della "bella" architettura, e riuscire a cogliere la sottile differenza critica tra verità e bugie, in maniera altrettanto crit¬ica e consapevole? Se l'aesthetica nasce ufficialmente con Alexander Gottlieb Baumgarten durante la seconda metà del Settecento, intesa' come "scienza del Bello, delle arti liber¬ali e gnoseologia inferiore, sorella della Logica", posso confermare a priori e con certezza che il significato di forma di cui voglio parlare comprenda tutti gli aspetti della suddetta. Il termine greco aisthesis indica le informazioni ricevute attraverso i sensi e il corpo, ed è da questo termine che Baumgarten deriverà il neologismo "estetica", coniato per una scienza pre¬posta allo studio del concetto di bello come categoria a sé stante e con pro-pri criteri di valore. Gnoseologia inferi¬ore nei termini in cui viene intesa come studio delle percezioni sensibili, della conoscenza ottenibile attraverso i sensi, quella conoscenza che si contrappone a quella ottenibile attraverso la mente. Solo in un secondo momento, grazie all'interessamento alla causa da parte di Diderot, la nuova estetica illuminista si abbandona alla soppressione degli sche¬mi idealistici: il senso estetico e la bellez¬za si fondono nel frutto del rapporto tra l'oggetto percepito (artistico o meno) e chi lo percepisce, attraverso il filtro della propria sensibilità individuale. Questo rapporto - da subito - inizia ad avere caratteri e limiti estremamente variabili, spesso non esenti da banali casualità. Nel suo Traité du Beau Diderot precisa il suo concetto di "bello" con un'ulteriore relativizzazione, conferendo una base filosofica all'estetica, lontana sia dal sensismo puro e sia dall'astrazione in¬tellettualistica. Ed ecco che il concetto di bello inizia ad entrare maggiormente nel campo della sensorialità, rispetto a quello della teoria. Vittorio Gregotti sostiene che gli ar¬chitetti usino la parola teoria in maniera allo stesso tempo abusiva e indispensa¬bile. Abusiva perché il significato della parola è assai distante dall'uso che ne fanno sia la scienza che la filosofìa, in quanto la teoria non è una costruzione in sé autonoma, né tanto meno un'ipotesi di spiegazione progressiva del mondo. Diversamente, teoria è al contempo fon¬damento, scelta e strumento dell'agire concreto, purtroppo o per fortuna non distinguibile dal suo esito. In sostanza un modo di essere del progetto. Questa, secondo la sua critica, dovrebbe essere l'unica possibilità di rapporto - letteral¬mente "ciò che oggi noi siamo in ogni modo costretti a fare" [cit.] - di fronte alla crisi delle pratiche artistiche di questi ultimi anni. Nello stesso discorso Gregotti cita un filosofo che - a sua detta - gli fu insieme oppositore e grandissimo amico, Jean Francois Lyotard, il quale scriveva alla fine di un saggio del 1982 "Più si avanza più si capisce che nella tradizione dell'architettura vi è una grande quantità di ostacoli e di costrizioni. Allora l'artista è chi ripensa nelle opere un aspetto delle regole che dovrà continuamente essere interrogato". E' stato chiaro fin dall'inizio che il concepimento di questo enorme e laborioso figlio architettonico sarebbe stato complesso e sofferto, proprio come in effetti è stato. Del resto è comprensibile pensare che un architetto (tristemente) junior non sia in possesso della sopra citata capacità di sorridere alla Fio Griffth... All'apice di tutte le fatiche progettistiche c'è stato il concepimento della forma: la forma è stata da subito e per tutto il processo il vero concept dell'opera, la sintesi in cui tutti gli elementi della nostra ricerca finivano per manifestarsi. La bellezza del nostro progetto, secondo quelli che sono i miei canoni, sta proprio in questo risultato, così fortemente voluto e così fortemente studiato. Il concetto di forma che intendo indagare in questo mio scritto non si limita quindi pedestremente al significato spaziale della parola, o - peggio ancora - a quello visuale, ma concentra al suo interno soggetti come il riferimento storico, quello sociale e politico, quello artistico, ed è inscindibile da essi. Siamo fortemente convinti che la forma - nel nostro caso - finisca per rappresentare l'essenza stessa dell'architettura, del segno urbanistico, dell'opera in toto. Una teoria con parecchi precedenti storici, riletta sotto un punto di vista piuttosto futuristico. Questo breve saggio - in forma pam-phlettistica - si propone di aprire una serie di finestre critiche su alcuni tra gli interrogativi e i dibattiti più combattuti della storia dell'architettura legati alla forma e allo spazio, seguendo la linea dell'esperienza di Philip Johnson, critico e storico dell'architettura oltre che artefice delle maggiori definizioni stilistiche del Novecento, dall'lnternational Style al Decostruttivismo. Ma cosa dovrebbe accadere ora che il personaggio codificatore degli stili delle ere architettoniche è venuto a mancare? Chi guiderà la critica, chi etichetterà tutto il nostro futuro, rendendolo - per lo meno - comprensibile ai più? La questione è aperta. |
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Relatori: | Marco Trisciuoglio, Davide Tommaso Ferrando, Emanuela Giudice |
Tipo di pubblicazione: | A stampa |
Soggetti: | A Architettura > AO Progettazione U Urbanistica > UK Pianificazione urbana |
Corso di laurea: | Corso di laurea specialistica in Architettura (Costruzione) |
Classe di laurea: | NON SPECIFICATO |
Aziende collaboratrici: | NON SPECIFICATO |
URI: | http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/2664 |
Capitoli: | Capitolo 1. Spazio e forma, due concetti “Logori”? 1.1 - C'era una volta il Tipo. 1.1.1 - I limiti di una definizione. 1.1.2 – Dismorfobia. 1.1.3 - Quale gerarchia? 1.2 - L'estetismo, che zavorra. 1.2.1 - Quel che resta. 1,2.2 - Le poetiche dello "wow", 1.2.3 - De gustibus non djsputandum. 1.3 - Critici e Criticoni. 1.3.1 -Tra il Dire e il Fare (intervento di DTF). 1.3.2 - Sparare a 0 sulla croce rossa. 1.3.3 - II tabù dell'originalità. Capitolo 2. I risultati delle negazioni 3.1 – Le dipendenze del nuovo millenio. 3.1.1 - Me, myself and I. 3.1.2 – L’era dell'autopoiesi. 3.1.3 - Della ripetizione: prefabbricare o non prefabbricare... 3.2 - La Rinascita del concetto di Stile. Forse. 3.2.1 - Ad ognuno il suo... Parametricismo. 3.2.2 - Simplexity. 3.2.3 - Tra Utopia, moda e futuro. 3.3 - Parametricism 2012: Istanbul. 3.3.1 - Chi, come, e soprattutto perché. 3.3.2 – I progetti, più che i progettisti. 3.3.3 - Significati, scelte e conclusioni. Appendice sul concorso Esiti del concorso Bibliografia e sitografia |
Bibliografia: | Bibliografia - Torti Wolfe, Maledetti architetti (From Bauhaus to Our House), 1981 - Bompiani - Sybil Gordon kantor, Le origini del MoMA, 2002 - II Saggiatore - Robert A. M. Sterri, The Philip Johnson Tapes, 2008 - Monacelli Press - Matteo Zambelli, Tecniche di invenzione in architettura (Gli anni del decostruttivismo), 2007 - Marsilio Editore - Michael Meredith, From Control to Design, 2008 - Aranda-Lasch, ACTAR - Phylogenesis Foa's Ark: Foreign Office Architects, 1999 - ACTAR - Farshid Moussavi, The function of Form, 2009 - ACTAR - Farshid Moussavi, The function of Ornament, 2006 - ACTAR - Patrik Schumacher, The Autopoiesis of Architecture: A New Framework for Architecture, 2011 - Wigley - Patrik Schumacher, The Autopoiesis of Architecture: A New Agenda for Architecture, 2012 - Wigley - Casey Reas, Chandler McWilliams, Form+Code in Design, Art, and Architecture (Design Briefs, 2010 - Patrizia Mello, ITO Digitale, Nuovi media, nuovo reale, 2008 - Edilstampa - Mario Perniola, L'estetica del Novecento, 7997 - II Mulino - Carlos Marti Aris, Le variazioni dell'identità, II tipo in architettura, 1990 - Città Studi Edizioni - Carlos Marti Aris, La centina e l'arco, 2005 - Christian Marinotti Edizioni - Bruno Zevi, Saper vedere l'architettura, 2006 - Biblioteca Einaudi - Neil Leach, The Anaesthetics of Architecture, 1999 -The MIT Press - Howard Gardner, Verità, bellezza, bontà, educare alle virtù nel ventunesimo secolo, 2011 – Feltrinelli Sitografia - http://europaconcorsi.com/projects/198903?utm_campaign=ec_newsletter&utm_ content=project_198903&utm_medium=email&utm_source=newsletter_251 - http://www.patrikschumacher.com/Texts/The%20Meaning%20of%20MAXXI.html - http://www.fondazionemaxxi.it/museo/maxxi-architettura/ - http://www.mimoa.eu/projects/Netherlands/Vrouwenpolder/H20%20Expo%20Water%20Pavilion - http.//architettura.it/extended/19990501/index.htm - http://architettura.it/files/2000013l/index.htm - http://www.designtoproduction.ch/content/view/20/5/ - http://www.guerrarchitetti.it/template.php?pag= 19748 - http://www.aaschool.ac.uk/VIDEO/lecture.php?ID=1445 - http://www.vestrut.it/ita/sistemacubotto.asp - http://fondazione.ordinearchitetti.mi.it/index.php/page,Notizie.Dettaglio/id,1799/type,fo - ttp://www.lynnbecker.com/repeat/balmonds/cecil_balmond_and_the_bonfire_of_the_vanities.htm - http://www.gizmoweb.org/2011 /04/this-was-really-tomorrow/ - http://www.designboom.com/weblog/cat/9/view/11572/toyo-ito-wins-praemium-imperiale-exhibition-at-venice-biennale-2010.html - http://architetturacome.wordpress.com/2010/06/27/architettura-come-superfici-minime/ - http://gigarch.wordpress.com/2012/01 /05/ipotesi-di-ricerca/ - http://spazioinwind.libero.it/nicolafariello/prog.arc.ass/www/esame/h2o.html - http://thecreatorsproject.com/es/videos/mos-architects/media/puppet-theater |
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