Susanna Todeschini
La casa non può bastare. Sguardo sulle soluzioni abitative degli ultimi cent'anni nella township di Cape Town.
Rel. Silvia Gron, Andrea Bocco. Politecnico di Torino, Corso di laurea specialistica in Architettura, 2011
Abstract: |
Nel corso di quattro secoli si è formata ciò che oggi chiamiamo Repubblica Sudafricana, un grande Stato a sud del continente africano. La sua storia è travagliata e ha inizio con la costruzione di Città del Capo ad opera degli Olandesi, come punto di approdo tra l'Europa e l'India. Da quel momento in poi la città ha assunto interesse per la sua posizione strategica e, invasa dagli Inglesi, ha preso le forme di una vera e propria città coloniale. Il particolare tipo di colonialismo instaurato in Sudafrica ha prodotto degli esiti che influenzano oggi la società in ogni suo aspetto. Il problema abitativo è uno dei temi contemporanei più difficili in ogni parte del mondo e, in Sudafrica, ha un ruolo centrale a livello politico e sociale. Ciò è accaduto a causa dell'introduzione dell'apartheid, parola in lingua afrikaans1 che significa "separazione". La politica dell'apartheid mirava a separare tisicamente la vita dei bianchi colonialisti dai loro servitori non bianchi: indigeni del luogo [Black afrìcans3) o schiavi deportati da altre colonie (Indiani, Malesi, Cinesi). Per far ciò le autorità diedero forma a vere e proprie città dormitorio chiamate township4, separate dalla città "madre" e atte ad alloggiare le persone di colore che lavoravano per i bianchi. Questo sistema fisico, nonostante negli anni '90 l'apartheid sia stato abolito, è ancora presente e continua ad essere alimentato da politiche di assistenzialismo statale che vanno ad aumentare immancabilmente la divisione tra classi sociali e "razze". Attraverso la nuova costituzione sudafricana, infatti, si decise di rendere l'abitazione un servizio fornito dallo Stato. Sebbene molti abbiano ricevuto una casa negli ultimi vent'anni, di fatto la situazione per la popolazione povera (di colore) del Sudafrica non è migliorata, anzi, stanno emergendo nuovi risvolti negativi molto importanti. Partendo dall'ingenua convinzione che la necessità per un Paese come il Sudafrica fosse quella di progettare una tipologia di casa a basso costo, sostenibile, con materiali del luogo, auto-costruibile, sono arrivata a capire che questo tipo di necessità è l'ultima nella scala di priorità nelle township. Attraverso la conoscenza del luogo, infatti, e di alcune persone che vi hanno lavorato per tutta la vita, ho capito c'è bisogno di altro, rispetto ad un riparo. Il problema principale, infatti, non è costituito dalla qualità delle abitazioni (nonostante, come si vedrà, questo non sia un problema indifferente) ma dal tessuto in cui queste abitazioni sono inserite. Le township sono state pensate per separare, dividere e controllare. Questo obiettivo è stato raggiunto attraverso strumenti spaziali: invece di costruire luoghi accoglienti e vivaci, sono stati appositamente concepiti luoghi desolati e tristi, scomodi e lontani dai servizi di cui l'uomo ha naturalmente bisogno. Questa caratteristica spaziale rimane immutata oggi nei progetti (a causa di una difficile relazione tra progettisti e forza politica) ed è il primo fattore che non contribuisce al miglioramento della situazione delle persone povere. Le township continuano ad essere delle città dormitorio, dipendenti dalla città madre dalla quale, come nel caso di alcune township della città di Cape Town, distano anche 40 km. Ciò provoca costi e disagi per gli spostamenti e un sistema parassitario degli abitanti delle township nei confronti della "città bianca". Le township dunque, nonostante alcune siano decisamente grandi (si stima che Khayeltisha5 abbia una popolazione di circa 1.500.000 abitanti), non riescono a trovare in se stesse le opportunità di crescita, e per le necessità vitali gli abitanti sono costretti a riversarsi sulle città ricche adiacenti, in un circolo vizioso che sembra non trovare una fine. La sfida dell'architetto, dunque, non si ritrova nella costruzione di un oggetto perfettamente funzionante a basso costo, bensì nella costruzione di uno spazio sodale legato alle abitazioni. Ciò vuoi dire pensare a quartieri riconoscibili, vivibili, a misura d'uomo (non a misura di veicoli, come successo negli ultimi 50 anni), dove, grazie al contributo attivo della popolazione, si possa dar vita prima di tutto a un ambiente sociale funzionante. Potrebbe sembrare una sfida per psicologi e sociologi ma parallelamente l'architetto si deve occupare di conformare degli spazi all'interno dei quali sia possibile sviluppare le attività vitali positive che fanno parte di una città. Così come l'architettura nell'ultimo secolo è stata il mezzo con cui si sono ottenuti separazione, appiattimento, eliminazione dell'iniziativa personale, straniamento, oggi deve riuscire a proporre delle soluzioni per unire, vivificare, offrire degli spazi nei quali le persone possano identificarsi, creare un senso di appartenenza. Solo in questo modo, grazie cioè alla partecipazione e all'identificazione delle persone in un determinato luogo (alcuni esempi nell'area di Cape Town lo confermano), si può sperare di trasformare le township da parassiti a città autonome, con una propria economia funzionante all'interno,dove la qualità della vita, la sicurezza, l'istruzione provengono dai cittadini stessi. La trattazione si sviluppa in tre parti: -la prima di conoscenza della città, della società, della storia nella zona di Cape Town, nell'evidenziare le dinamiche esistenti intorno al tema abitativo e ai problemi ad esso correlato; si propongono dunque descrizioni delle principali township dal punto di vista spaziale, architettonico e funzionale; -secondariamente sono presi in esame alcuni interventi di edilizia a basso costo, a partire dagli anni '80. I progetti studiati sono solo alcuni di molti tentativi portati avanti da architetti e urbanisti contemporanei. Ogni progetto, a modo suo, si interfaccia con problemi di tipo differente, in alcuni casi risolvendoli; -infine, nella terza parte, si prende in esame una township, Khayelitsha, una delle più grandi e povere della zona. In questo luogo lavora attivamente un'organizzazione che, grazie a finanziamenti tedeschi, sta utilizzando l'architettura proprio con lo scopo di migliorare l'ambiente sociale. Infatti il nome di questa società, "VPUU", èacronimodi Vìolence Prevencion through Urban Upgrade, ovvero "riduzione della criminalità attraverso il miglioramento urbano". Dando forma a luoghi pubblici dove sia possibile sviluppare socialità si da alle strade e alle piazze il ruolo di contenitori di attività all'aperto, aumentando la "sorveglianza passiva" e riducendo la criminalità. Attraverso questo tipo di approccio, si da vita un circolo virtuoso, che sfocia nella volontà degli abitanti di partecipare al miglioramento del luogo in cui vivono, portandoli ad averne cura e a spendere così energie per mantenerlo tale.
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Relatori: | Silvia Gron, Andrea Bocco |
Tipo di pubblicazione: | A stampa |
Numero di pagine: | 217 |
Soggetti: | A Architettura > AO Progettazione T Tecnica e tecnologia delle costruzioni > TB Igiene edilizia |
Corso di laurea: | Corso di laurea specialistica in Architettura |
Classe di laurea: | NON SPECIFICATO |
Aziende collaboratrici: | NON SPECIFICATO |
URI: | http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/2396 |
Capitoli: | Introduzione 1 -Localizzazione, storia, forma 1.l.Centro-Storia,formazione 1.1.1.Localizzazione 1.1.2.Centro 1.1.3.DistritìSìx 1.1.4.Espansione 1.2 I Sobborghi - prima fase (1910 -1940) 1.2.1.Pinelands 1.2.2.Langa 1.2.3.Bontehewel 1.3.Sobborghi - Seconda e terza fase (1940 -1990) 1.3.1.Gugulethu 1.3.2.Mitchells Plain 1.3.3.Delft 1.3.4.Belhar 1.4.Edilizia attuale 2 -Esempi di differenti approcci all'edilizia governativa 2.1.Architects Associated cc 2.1.1.Storia degli ostelli per lavoratori migranti 2.1.2.Architeds Associated cc Cape Town Hostel Upgrade 2.2.Noero Wolff Architeds 2.2.1.Lenasia South housing 2.2.2.Alexandra housing 2.2.3.Red locatìon pretina housing Z.3.MMAArchitects-88 2.3.1.Il concorso 2.3.2.Il processo 2.3.3.I materiali 2.3.4.Considerazioni dell'architetto Luyanda Mphaiwa 2.3.5.Modalità costruttiva con il sistema Ecobeam 2.4.Kruger Studio 2.4.1.Studio per il riassetto urbano di una zona di Delti 2.4.2.Il progetto delle abitazioni 2.4.3.Analisi dei costi 3-Khayelitsha e VPUU Project 3.1.Khayelitsha-116 3.1.1.Localizzazione e back-ground storico 3.12. Processo di sviluppo 3.1.3.Movimenti e servizi pubblici 3.1.4.Aree rappresentative 3.1.5.Caratteristiche dell'insediamento 3.2.Progetto VPUU-126 3.2.1.Cos'è VPUU e di cosa si occupa a Khayelrtsha 3.2.2.Interventi 3.3.Dati TR sedion, Khayelitsha 3.3.1.TR Sedion Baseline survey 3.3.2.Proposte degli abitanti per apportare migliorie 3.3.3.Dati emersi dalla ricerca 4- Glossario 5- Personaggi 6- Bibliografia 7- Ringraziamenti 8-Appendici A - Legislazione sudafricana durante l'Apartheid B - Costituzione sudafricana C - Employment Equiti Act. No. 5& of 1988 D - Breaking new Ground E - Development Facilitation Ad
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Bibliografia: | Non disponibile. |
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