Prospettive di rigenerazione dell'area ferroviaria dismessa di Corso Principe Oddone = Prospects of regeneration of disused railway area located in Corso Principe Oddone

La crisi industriale degli anni ‘80 ha portato grandi cambiamenti per la città di Torino: il calo demografico e la nascita di vaste aree dismesse ha reso necessario non solo una trasformazione a livello polito-economico investendo su forme di sviluppo diversificate (terziario, turismo, università, ricerca, sport, etc.) ma anche inevitabilmente un cambiamento sulla struttura urbana con un piano strategico che coinvolgesse diverse tematiche tra cui il recupero del patrimonio e delle ex aree industriali. A questo progetto si è affiancata la riorganizzazione e modernizzazione dell’infrastruttura ferroviaria: la creazione della prima linea metropolitana; la Stazione di Porta Susa come punto di accesso all’alta velocità; l’interramento del passante ferroviario che attraversa la città da nord a sud per 10 km con la realizzazione in superficie del viale della Spina Centrale; le nuove funzioni ospitate dal riuso delle suddette aree industriali dismesse e altre questioni. In una politica di riutilizzo del suolo costruito piuttosto che altre aree libere, per ricucire la città frammentata e riempire i suoi vuoti, sono ormai 3 decenni che la città di Torino vede la sua immagine trasformarsi. Tuttavia, vi sono molti lotti da dismissione postfordista rimasti inutilizzati e sette ex-aree ferroviarie di cui il gruppo FS Sistemi Urbani si occupa e per cui si è organizzato un Workshop nel 2019 che riunisse diverse figure professionali e mettesse in tavola diverse proposte progettuali per conseguire gli obiettivi di sviluppo immobiliare. In questa tesi si pone l’attenzione su uno di questi lotti collocato nel settore dell’area di trasformazione di Spina 3, in particolare due isolati adiacenti a Corso Principe Oddone. Analizzando il territorio, tenendo in considerazione il contesto sociale, le premesse economiche e di mercato immobiliare (molto meno vivace rispetto ai tempi del primo piano strategico del 1995 e i successivi cambiamenti per le Olimpiadi del 2006), attori e obiettivi comuni, si cercherà di proporre scenari di trasformazione sostenibile e coerenti con le possibilità reali. Emerge la difficoltà di cercare investimenti, appunto sia pubblici che privati, nazionali o esteri, tali da ricoprire aree di centinaia di migliaia di mq la necessità di pensare a una serie di interventi economicamente sostenibili che portino ad effetti positivi e richiamino a se nuove dinamiche, effetti e investimenti. Alla sostenibilità economica deve necessariamente affiancarsene una sociale con una progettazione che tenga conto dei bisogni della popolazione, con interventi che incentivino l’integrazione, abbattano le diseguaglianze e la povertà. Inoltre, in un periodo storico in cui ci si rende conto degli effetti distruttivi delle abitudini delle nazioni industrializzate e di quelle in via di sviluppo, nella consapevolezza della scarsità delle risorse non rinnovabili e del problema dello smaltimento dei rifiuti, è fondamentale discostarsi dai sistemi di progettazione tradizionali e puntare al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030. Quindi, il contenimento dei consumi e l'impiego di fonti d'energia green, l'abbandono dei materiali e dei sistemi costruttivi tradizionali non propensi al riuso e di provenienza non locale con grandi dispendi di energie in termini di trasporti, il riciclo dei rifiuti e degli elementi di scarto, la predisposizione di una infrastruttura per l'incentivo della mobilità alternativa.