Chiara Sottosanti
Palermo 40 anni dopo. Dal Piano Programma di De Carlo e Samonà a due possibili visioni progettuali = Palermo 40 years later. From the De Carlo's and Samonà's Piano Programma to two possible design visions.
Rel. Anna Maria Cristina Bianchetti. Politecnico di Torino, Corso di laurea magistrale in Architettura Costruzione Città, 2019
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“Una città al crocevia esamina la migrazione, attraverso l’arte” così il New York Times descrive la Palermo del 2018, anno di rinascita per una città riscoperta, svelata, riproposta e raccontata che si fa negli ultimi due anni scenografia allettante per installazioni, proiezioni e narrazioni fiabesche e nostalgiche nel binomio ricorrente che contrappone passato e presente. I racconti fantastici si fondono e si amalgamano perfettamente con le storie di cronaca, confondendo i piani di finzione e di realtà. Palermo torna ad essere presente nell’immaginario collettivo in cui convivono euforia e oblio in uno spazio assente che si lascia modellare e mai progettare. La città si accontenta di una buona narrazione facendo di se stessa un’opera di marketing, rinnegando l’azione progettuale in favore dell’immobilismo esaltante di uno spazio romantico. Come in preda ad un sortilegio, la memoria urbana è ferma agli interventi del Piano Particolareggiato del ‘93 redatto da Benevolo, Cervellati e Insolera, risanamento inefficace, debole nelle intenzioni, sicché della rovina la presenza è certa tutt’oggi e il volto scarno della città è ancora l’ombra delle intenzioni del PRG del ‘62. Ma questa veste dello spazio era stata prevista da uno sguardo profetico sul futuro di Palermo, scettico e devastante per una città che rifiuta qualunque contatto con l’abnegazione, Il progetto Kalhesa, romanzo di Ismé Gimadalcha. Si tratta della storia dell’organizzazione complessa di un tentativo senza fine di epica ridefinizione dell’operazione di governance, nonché di ridisegno del territorio di una città-fortezza eretta da politiche vaghe e ambigue che esortano la città all’ossessiva cura dello spazio astratto e mitico negando la mutabilità del luogo materico. Ma Isme non è altro che lo pseudonimo di Giancarlo De Carlo e l’infinito lavoro di ricerca, studio e il perpetuo fallimento della concretizzazione la testimonianza dei quattro anni di collaborazione con Giuseppe Samonà per la scrittura del Piano Particolareggiato. Era il ‘79, quarant’anni dopo la città è sempre lì, ferma, presente nella sua assenza, fiera nell’esposizione dei segni del tempo, irremovibile, dolorante, morente. Il testo guarda alle cause dell’inconsistenza dell’azione progettuale che si riversa in luoghi specifici della città storica, come gli spazi del mercato, che divengono catalizzatori della messa in scena delle pratiche “palliative” teatralizzate dai corpi e dall’amministrazione locale per alleviare l’evidenza dell’assenza dello spazio. Eppure tra le cianfrusaglie, ben conservate e mai ricordate, proprio il Piano Programma del ‘79 si scopre elemento utile da cui ripartire nel tentativo di individuazione delle problematiche viscerali che stanno alla base dell’incapacità di trasformazione di Palermo. Si presentano quindi due Visioni progettuali, che descritte da scenari suggestivi incarnano le due diverse direzioni opposte, contrarie e circolari in cui, in osservanza al percorso di ricerca tracciato, si ritrovano le possibilità di ridefinizione dell’espressione formale del “solco” della città assente a partire dai mercati, in un’opposizione dichiaratamente provocatoria nei confronti della attuale condizione strumentalizzata di uno spazio impigliato in un “eterno presente”. |
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Relatori: | Anna Maria Cristina Bianchetti |
Anno accademico: | 2019/20 |
Tipo di pubblicazione: | Elettronica |
Numero di pagine: | 70 |
Soggetti: | |
Corso di laurea: | Corso di laurea magistrale in Architettura Costruzione Città |
Classe di laurea: | Nuovo ordinamento > Laurea magistrale > LM-04 - ARCHITETTURA E INGEGNERIA EDILE-ARCHITETTURA |
Aziende collaboratrici: | NON SPECIFICATO |
URI: | http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/13344 |
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