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Superflat, l'architettura nell'età della tecnica

Davide Ponso, Alberto Olmo

Superflat, l'architettura nell'età della tecnica.

Rel. Piergiorgio Tosoni, Guido Drocco. Politecnico di Torino, Corso di laurea in Architettura, 2007

Abstract:

Il lento percorso della ricerca progettuale verso il superamento del postmodernismo, che prenderà corpo solo all'inizio degli anni Novanta, si può vedere come una sorta di insinuante, quanto inatteso, revaival degli ideali del primo modernismo. Non a caso, nel breve scritto introduttivo alla mostra Light Construction (1985) al fine di collocare criticamente la scelta dei progetti presentati, si cerca di sottolineare il filo di continuità ideale che li lega alla celebre esposizione Modern Architecture, International Exhibition (1932), non mancando di evidenziare, per aggiungere un ulteriore elemento di vicinanza tra le due manifestazioni, il fatto che entrambe hanno avuto luogo negli spazi del MoMA. Un fondamentale carattere distintivo della nuova architettura - opposto rispetto a quello che definisce il postmodernismo - è l'assenza di narratività, l'indisponibilità a trasmettere significati impliciti che trascendono le finalità strettamente programmatiche del progetto, il rifiuto a conferire alla costruzione dei valori che possono oltrepassare i limiti della propria essenza. Tuttavia, se nell'edificio non sono più presenti simboli o metafore, questo non vuol dire c\he sia caduta l'attenzione nei confronti delle valenze della forma. Tra i limitati punti di contatto tra l'architettura superflat e quella degli anni fra le due guerre, uno dei più rilevanti riguarda il tema della superficie vetrata. Un importante elemento che caratterizza la superficie vetrata è l'apparato strutturale che la sostiene; la sua valenza estetica viene a determinarsi proprio attraverso il delinearsi dell'interazione tra struttura e materiale trasparente. Il rapporto tra queste due componenti della parete, che costituiscono il tema formale dominante della nuova architettura, ha origini lontane. Basti pensare a una delle icone del secolo XIX, il Crystal Palace di Joseph Paxton ( 1851 ). E' interessante notare che la necessità che spinge alla semplificazione formale dell'oggetto architettonico quasi simmetricamente porta a una complessificazione in senso strutturale. L'hig-tech, che in passato era stato giudicato con distacco per l'assenza di una dimensione simbolica, per la sua naturale atopia e per il senso di freddo meccanismo che in qualche modo trasmette, ora è guardato con interesse ed impiegato in modo da incidere sulla struttura formale dell'immagine, concorrendo a determinarne le valenze estetiche. Attraverso un processo di astrazione, essa assume la propria configurazione che si riverbera sul piano di superficie, sviluppandosi sulla base di principi geometrici semplici. Le sofisticate lavorazioni impiegate per la sua realizzazione le conferiscono una neutralità tettonica che la trasforma in seguito di sé facendola assomigliare al proprio simulacro. In questo modo si attua una sorta di dissimulazione della materia; gli elementi utilizzati, che rappresentano la loro natura artificiale, vengono esaltati da sapienti effetti di leuce e di colore che li fanno apparire puri, levigati, igenici, brillanti. La tettonica ora acquista un ruolo strategico nella determinazione della figura divenendo, a un tempo, ontologica e rappresentativa. I nuovi edifici, prodotti dalla fusione tra sistema comunicativo e struttura urbana, nel loro icastico configurarsi come interventi caricati di forte rappresentatività, sembrano contemporaneamente aver perduto un codice di riferimento che conferisca loro il senso della necessità di appartenenza a un genere, a un contesto. Tali "presenze" architettoniche, sorte per spazi senza luogo, andranno a loro volta a costituire una differente identità di luogo, una nuova qualità di spazio, un diverso concetto di estetica. L'indirizzo superflat punta a una nuova configurazione formale dell'oggetto attraverso una interna urgenza semplificatrice che predilige volumi composti da geometrie primarie, da superfici uniformi, neutre, traslucide. L'illusione del reale risulta essere l'essenza di ciò che la nuova idea di superficie intende perseguire: da un lato propone la trasparenza, alimentata dalle caratteristiche fisiche del materiale che la costituisce, mentre dall'altro esprime l'incominicabilità, attraverso il congegno delle barriere che inibiscono la vista, attraverso la cesura che essa stabilisce tra interno ed esterno. Tale modo di procedere è il segno di un progressivo ripiegamento dell'organismo in se stesso, che porta ad esaltare aspetti di individualità dell'oggetto. E' il segno sintomatico di una svolta da cui discenderanno una serie di scelte che andranno a determinare una nuova concezione della spazialità architettonica. Il progressivo concentrarsi dell'attenzione sull'involucro, dell'affermarsi della parete come entità progettuale autonoma, come soggetto della composizione, il suo interporsi nella dialettica tra spazio interno e spazio esterno, porterà alla messa in crisi della indissolubilità del loro rapporto. Nella metropoli contemporanea si assiste ad un proliferare di volumi edilizi che affidano appartenenza ai luoghi e significato soprattutto al loro involucro come elemento autonomo della spazialità interna dell'edificio e del contesto urbano in cui come frammenti, meteore di altre galassie, si collocano. Con essi, mentre si registra la perdita comunicativa dei temi assegnati tradizionalmente dall'architettura al rivestimento esterno degli edifici, emerge come maniera di significare quella per immagini parlanti, per figure grafiche, la cui realizzazione è incalzata dai business tecnologici e multimediali. L'oggetto in questo modo, si fa freddo, inorganico, disponibile a modificarsi divenendo supporto per immagini esterne a se stesso, appartenenti al circuito della comunicazione, come a partire dagli anni Settanta aveva prospettato Robert Venturi in numerosi scritti e progetti, al fine di delineare il senso profondo di un nuovo modo di essere dell'architettura.

Relatori: Piergiorgio Tosoni, Guido Drocco
Tipo di pubblicazione: A stampa
Soggetti: P Personaggi > PA Architetti
A Architettura > AS Storia dell'Architettura
Corso di laurea: Corso di laurea in Architettura
Classe di laurea: NON SPECIFICATO
Aziende collaboratrici: NON SPECIFICATO
URI: http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/1003
Capitoli:

INTODUZIONE

1 LA SCOMPARSA DEL MURO

1.1 Opacita e trasparenza

1.2 La luce come creatrice di forme

1.3 Modernita notturna: le architetture luminose e l'avanguardia

1.4 Strutture luminose nello spazio

1.5 Pittura fatta di luce

1.6 Architetture di vetro

2 DIAGRAMMI

2.1 Istruzioni per l'uso

2.2 Limiti concettuali

2.3 Diagramma e postmoderno

2.4 Diagramma, città e architettura

2.5 L' architettura dopo il diagramma

3 SUPERFLAT

3.1 La faccia degli edifici il volto della citta

3.2 Il problema dei simboli e della rappresentatività

3.3 Scatole parlanti : Jacques Herzog e Pierre de Meuron

3.4 L'arbitrio dell'esterno

4 L'ERA DELLA GLOBALIZZAZIONE

4.1 Il paradigma elettronico

4.2 La revisione dei canoni formali

4.3 Retorica e metafore nell'era dei media elettronici

4.4 Massività contro smaterializzazione

5 IL MURO D'ARIA

5.1 Typical plan, o la pianta rettangolare neutra

5.2 La griglia e il modulo cubico

5.3 Theory of bigness

5.4 Vierendeel Concept

6 IL PUDORE PERDUTO

6.1 BAR(r)CODE

6.2 L'immagine visuale dell'era della microelettronica

CONCLUSIONI

APPARATI

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