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Il progetto urbano per contrastare la criminalità

Serena Lofano

Il progetto urbano per contrastare la criminalità.

Rel. Angioletta Voghera, Alfredo Mela. Politecnico di Torino, Corso di laurea magistrale in Architettura Per Il Progetto Sostenibile, 2017

Abstract:

INTRODUZIONE

Negli ultimi decenni le società si sono trovate di fronte a profondi mutamenti causati dal processo di globalizzazione, questi cambiamenti rapidi e radicali della comunità come era fino allora conosciuta hanno portato al centro dell’attenzione il tema dell’insicurezza percepita dai cittadini.

L’aumento dell’importanza delle tematiche legate alla sicurezza urbana stimola una riflessione sull’evoluzione della concezione in cui la società la concepisce. A partire dagli anni Settanta del Novecento, prima negli Stati Uniti e in seguito in Europa, infatti sono state sviluppate numerose teorie e approcci su questo tema. (Roccari, 2011). Tali teorie, utilizzando un approccio innovativo, hanno analizzato la relazione tra ambiente costruito e criminalità, definendone un rapporto biunivoco. Risulta quindi di fondamentale importanza per i progettisti capire come discipline quali l’architettura e l’urbanistica che si occupano di organizzazione dello spazio possano operare al fine della sua ottimizzazione. A questo proposito risulta evidente che le teorie che convergono nella scienza interdisciplinare chiamata Crime Prevention Through Environmental Design sono uno strumento fondamentale per approcciarsi al problema progettuale.

La principale teoria da cui questa scienza prende spunto è quella dello spazio difendibile di Oscar Newman (1972).

È importante però tenere a mente che la progettazione urbanistica non è in grado di intervenire sulle cause specifiche della criminalità, ma può comunque contribuire alla riduzione di alcuni fattori di rischio sociale, attraverso il condizionamento della forma e degli usi dello spazio urbano.

Il tema della sicurezza urbana può essere anche messo in relazione con il recupero di aree urbane degradate. Infatti una delle maggiori difficoltà che si incontrano quando ci si occupa di queste zone è dovuta al fatto che tali interventi sono complessi e necessitano pertanto di una interdisciplinarità delle competenze coinvolte. A partire dagli anni Settanta, in seguito alla dismissione delle industrie si è presentato il problema di riuscire a riutilizzare questi edifici di dimensioni importanti. La capacità di trasformare questi fabbricati in luoghi pubblici di cui tutti possono usufruire, permette agli stessi di non diventare luogo di incuria e di sviluppo di eventuali fenomeni criminali. (Loda, Hinz, 1995). Questo spiega perché numerosi interventi di edilizia sovvenzionata, pur essendo impeccabili dal punto di vista architettonico e progettuale, non abbiano funzionato, dando origine a criticità che ancora oggi non si riescono a risolvere. Tenendo conto solo dell’apporto progettuale, non si è prestata attenzione alle varie dinamiche sociali del luogo quindi anche a quelle legate alla sicurezza. Dal momento che si è dimostrato che la componente spaziale di una città può influenzare la possibilità che i criminali commettano dei delitti, ogni progetto architettonico deve confrontarsi con discipline sociali quali la criminologia e la sociologia della devianza. (Roccari, 2011). Per poter effettuare interventi di rigenerazione urbana funzionali è necessario che essa sia attenta alla qualità architettonica, ambientale e paesaggistica dei luoghi, agli aspetti sociali ed emotivi e deve inoltre evitare la standardizzazione delle tipologie e la mono funzionalità.

Un tema molto importante che si sta sviluppando in questi ultimi anni riguarda il profondo legame esistente tra il soggetto e l’ambiente in cui vive. Il benessere di un cittadino è dovuto anche alle relazioni che si stabiliscono tra egli e le strutture sociali, i luoghi fisici e la propria cultura. Vi sono infatti numerosi fattori che influiscono sulla qualità della vita di un individuo e che sono collegate all’ambiente in cui si trova, quali ad esempio il benessere del quartiere in cui vive. I cittadini percepiscono un’area molto più sicura se non presenta condizioni di degrado, sporcizia o se vi sono persone che “vivono” quei luoghi. (Mela, Belloni, Davico, 2003). Un altro elemento importante è il senso di comunità che si viene a creare all’interno di una società. Dal momento che il benessere è “la libertà di godere ciò che fa della vita una vita pienamente umana”, (Sen, 2000), risulta evidente che la percezione soggettiva e la sicurezza oggettiva del quotidiano sono fondamentali nella costruzione del benessere individuale e collettivo. Un fattore fondamentale del benessere degli individui è la sicurezza personale, pertanto essere vittima di un crimine può portare, oltre che a danni fisici, anche danni psicologici. L’effetto più immediato che la criminalità comporta sulla qualità della vita delle persone è un senso di vulnerabilità. Quindi anche se il cittadino si trova in condizioni di sicurezza, a causa del suo trascorso personale sarà portato ad avere una percezione di insicurezza nei confronti dei luoghi in cui vive. La complessità di questo fenomeno risulta evidente dal momento che bisogna tener in considerazione indicatori sia oggettivi sia soggettivi. Come indicatori oggettivi sono stati considerati la criminalità, una delle minacce più comuni per la sicurezza personale, e la violenza fisica e sessuale subita sia all’interno che all’esterno delle mura domestiche. Per quanto riguarda gli indicatori soggettivi sono stati presi in considerazione la percezione del degrado sociale e ambientale e la paura della criminalità. (Istat, 2015). Il fenomeno della delinquenza inoltre risulta legato a tutti i fattori sociali, e quindi anch’esso condizionato dai cambiamenti della struttura della società e dalle leggi che la regolano. Anche la determinazione delle regole di condotta sono in grado di influenzare l’andamento della criminalità. Da ciò si deduce che se si vuole comprendere il fenomeno della criminalità bisogna innanzitutto studiare il fenomeno sociale in generale. (Guadagno, De Masi, 2011)

Vi sono numerose discipline che si occupano della relazione tra qualità dell’abitare la città e la qualità della vita dell’individuo, quali ad esempio la psicologia applicata all’urbanistica e la progettazione urbanistica. Questo perché si sta sviluppando la consapevolezza che una scienza che si occupa del modo in cui l’ambiente influenza il comportamento delle persone che vi vivono, e conseguentemente che le persone che vivono un ambiente possono modificarlo, può risultare molto importante al fine di migliorare la progettazione rendendo le città luoghi più piacevoli e sicuri per i fruitori. Al fine di aumentare il benessere di una città è necessario non solamente lavorare sulla parte fisica, migliorando ad esempio l’illuminazione, studiando in modo attento i percorsi o occupandosi della manutenzione dei luoghi, ma bisogna anche essere in grado di cambiare la mentalità degli abitanti in modo che diventino una comunità sociale e siano quindi portati a controllare in modo autonomo il territorio in cui vivono. (D’onofrio, Trusiani, 2017). Del resto il compito dell’architettura, in quanto “arte di costruire la città”, è di modificare il territorio e la vita degli abitanti in maniera sempre migliore. Ormai è convinzione comune che la definizione di città vada ben oltre il semplice “aggregato di abitazioni” (Treccani), la città è infatti non solo un centro abitato ma un luogo da rendere abitabile nel migliore dei modi possibili.

L’insicurezza nelle città è prodotta da una complessa serie di fattori, comprese le condizioni economiche e i problemi sociali, tra i quali rientrano anche il modo in cui le città sono pianificate, progettate e costruite, il modo in cui le persone si identificano nell’ambiente in cui vivono e il modo in cui gli spazi urbani sono curati e gestiti.

La disposizione e l’organizzazione degli spazi urbani influiscono sul loro livello di sicurezza: possono contribuire a renderli più sicuri, ma possono anche concorrere a farli diventare più pericolosi. Pertanto, una buona o cattiva progettazione contribuisce a rendere una città più o meno sicura.

Le esperienze dimostrano che alcuni modelli urbani possono contribuire alla sicurezza, grazie alla loro capacità di generare un ambiente urbano di qualità, in grado di resistere alla diffusione di fenomeni criminali. All’opposto, alcune caratteristiche, quali la frammentazione urbana, i quartieri monofunzionali, l’isolamento e il degrado, contribuiscono a creare condizioni negative per un ambiente sicuro.

Durante gli anni di studio alla Facoltà di Architettura, è stata spesso posta l’attenzione su un approccio multidisciplinare della materia. In seguito all’esperienza vissuta all’estero, grazie al programma Erasmus, ho avuto modo di entrare in contatto con modi diversi di “fare architettura”. È proprio in seguito al mio Erasmus a Liège, e ad un corso di “Criminalità e territorio” che lì ho seguito, che ho deciso di affrontare tale argomento nella mia tesi. Per la prima volta infatti ho realizzato quanto l’ambiente costruito e l’uomo che lo abita siano connessi tra loro. Inoltre ritengo che la sicurezza urbana sia un argomento di estrema attualità e che pertanto merita di essere sviluppato in tutte le sue forme. Lo scopo della tesi è stato quello di analizzare quali responsabilità abbia l’architettura nel creare un senso di sicurezza o insicurezza nella popolazione, cercando di comprendere se e in che modo tale disciplina possa fare qualcosa al fine di migliorare la vita dei cittadini.

Nel primo capitolo è stato affrontato il tema della scuola sociologica di Chicago, che nasce nella prima metà del Novecento ed è una delle prime che comincia a mettere in relazione l’ambiente in cui si vive con l’atto criminale, analizzando le teorie per capire in che modo il luogo è in grado di influenzare le persone che ci vivono. Secondo le teorie di tale scuola è possibile determinare strategie di prevenzione sociale a partire dall’analisi dei luoghi. Uno dei protagonisti della scuola è Robert Park, che stabilì una connessione tra i problemi sociali e la distanza dal centro città. In particolare il tasso di criminalità aumentava quando ci si allontanava dal centro, in quanto si veniva a creare una zona caratterizzata da scarsi legami con la città e scarse relazioni sociali. (Rauty, 1995)

Successivamente è stato esaminato il tema della sicurezza urbana, con i suoi autori principali, quali Jane Jacobs con la sua espressione dell’”eyes upon the street”, che riassume l’idea di sorveglianza naturale o controllo spontaneo e le sue teorie, la più importante e conosciuta delle quali è la teoria delle “broken window”. Tale teoria afferma che, utilizzando la tecnica della tolleranza zero per controllare gli ambienti urbani, reprimendo quindi i piccoli reati e gli atti vandalici, si contribuisce alla diminuzione di crimini più gravi. (Kelling e Wilson, 1982). È stata inoltre analizzata l’influenza dei mass media e del modo in cui può modificare il modo in cui le persone percepiscono la sicurezza di un luogo.

È stato poi analizzato il concetto di prevenzione, ormai fondamentale quando si affronta l’argomento criminalità. Nel corso della storia si è più volte cercato di classificare la prevenzione, suddividendola in primaria, secondaria o terziaria sulla base delle tempistiche di intervento oppure in situazionale, sociale, comunitaria e precoce se si considera maggiormente l’oggetto della prevenzione. (Selmini, 2004). È importante tenere in considerazione che la tipologia di prevenzione da adottare è in funzione del tipo di intervento da mettere in pratica. Infine vengono analizzate le tre teorie alla base della prevenzione ambientale che sono: la “Rational Choice Perspective”, la “Routine Activity Theory” e la “Crime Pattern Theory”. (Cardia, Bottigelli, 2011)

In seguito vengono descritte le teorie che stanno alla base della CPTED. Tale teoria fornisce la base per un approccio alla prevenzione incentrato sull’ambiente. Tale strategia ha come obiettivo trovare le condizioni dell’ambiente che rendono possibile un atto criminale e modificarle in modo tale da evitare atti futuri. Pertanto la CPTED promuove una progettazione di spazi tale da rendere più difficile il manifestarsi di fenomeni di insicurezza. Per quanto riguarda il rapporto tra criminalità, percezione di sicurezza e ambiente fisico, svolge un ruolo importante un’attenta progettazione degli spazi urbani e dell’architettura. Nel corso della storia vi sono fondamentalmente due generazioni CPTED. La prima si concentra principalmente sul luogo del crimine e sul modo in cui l’area in cui potrebbe avvenire un’azione criminosa dovrebbe scoraggiare tale azione. La seconda generazione si focalizza invece sulla situazione, ovvero tenendo in considerazione anche fattori sociali oltre al semplice disegno dello spazio. (Roccari, 2011)

Successivamente viene analizzata la normativa presente in Europa e in Italia. In Europa soprattutto negli ultimi anni si sono sviluppati numerosi Forum e “Progetti Pilota” che hanno portato alla determinazione della norma UNI CEN 14383-2 “Prevenzione del crimine attraverso la progettazione urbana”, la quale si propone fornire delle raccomandazioni per l’esecuzione delle buone pratiche e non si presenta quindi come vincolante. (Cardia, Bottigelli, 2011). Per quanto riguarda l’Italia alcune regioni hanno promosso, a partire dagli anni 2000, una legislazione regionale con lo scopo di appoggiare le politiche di sicurezza. Nessuna di tali leggi però presenta una definizione completa di tali politiche, pertanto per comprendere il concetto di sicurezza urbana è necessario fare riferimento alle azioni che vengono proposte. (Selmini, 2004)

L’ultimo capitolo riguarda l’abaco delle buone pratiche, in cui vengono prese in considerazione alcune aree di varie città in cui sono stati effettuati degli interventi a livello territoriale che seguono i principi che sono stati analizzati in questa tesi e viene evidenziato se e in che modo tali azioni hanno avuto effetto positivo sull’ambiente e sulle persone che lo abitano. Dal momento che questi interventi sono relativamente recenti è stato possibile registrare una diminuzione degli atti criminali solo nell’immediato, ma non si possono ancora fare previsioni su quello che potrebbe succedere nel futuro a lungo termine di queste aree.

Relatori: Angioletta Voghera, Alfredo Mela
Tipo di pubblicazione: A stampa
Soggetti: SS Scienze Sociali ed economiche > SSF Scienze sociali
U Urbanistica > UK Pianificazione urbana
Corso di laurea: Corso di laurea magistrale in Architettura Per Il Progetto Sostenibile
Classe di laurea: NON SPECIFICATO
Aziende collaboratrici: NON SPECIFICATO
URI: http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/6306
Capitoli:

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1 - LA SCUOLA DI CHICAGO

1.1 Gli autori

- Robert Park

- Ernest Burgess

- Roderick Mckenzie

- Louis Wirth

1.2 II processo di assimilazione e la disorganizzazione sociale

1.3 Le ricerche della scuola

- La storia personale del giovane delinquente

- L’hobo

CAPITOLO 2 - LA SICUREZZA URBANA

2.1 Jane Jacobs

2.2 Teoria delle “broken windows”

2.3 La paura della criminalità

2.4 L’influenza dei mass media

CAPITOLO 3 - POLITICHE DI PREVENZIONE

3.1 La prevenzione situazionale

3.2 La prevenzione sociale

3.3 La prevenzione comunitaria

3.4 La prevenzione precoce 45

3.5 Teorie alla base della prevenzione

- Rational Choice Perspective

- Routine Activity Theory

- Crime Pattern Theory

CAPITOLO 4 - CRIME PREVENTION THROUGH ENVIRONMENTAL DESIGN

4.1 Oscar Newman

4.2 Le generazioni CPTED

- La prima generazione

- La seconda generazione

4.3 Principi base e strategie

- I quattro principi

- “The three D approach”

- Strategie

CAPITOLO 5 - APPROCCI NORMATIVI

5.1 La norma UNI CEN/TR 14383-2

5.2 L’esperienza italiana

- La legge della regione Emilia-Romagna

- La legge della regione Lazio

- La legge della regione Toscana

- La legge della regione Veneto

- La legge della regione Umbria

- La legge della regione Marche

- La legge della regione Lombardia

- La legge della regione Campania

- La legge della regione Piemonte

CAPITOLO 6 - BUONE PRATICHE

-Buoni esempi di CPTED

-Cattivi esempi di CPTED

6.1 Torino

- Quartiere di via Sospello 

- Quartiere di via Fiesole

- Quartiere di via Ivrea

- Quartiere di via Artom

6.2 Villiers-le-bel

6.3 Bradford

6.4 Bedfordshire

6.5 Northampton

6.6 Sibeliusparken, Copenaghen

6.7 Africa

CAPITOLO 7 - CONCLUSIONI

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