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Case sul confine : ridefinizione del territorio e programmi edilizi per i profughi giuliano-dalmati all'indomani della seconda guerra mondiale

Lara Gregori

Case sul confine : ridefinizione del territorio e programmi edilizi per i profughi giuliano-dalmati all'indomani della seconda guerra mondiale.

Rel. Sergio Pace. Politecnico di Torino, Corso di laurea magistrale in Architettura Costruzione Città, 2015

Questa è la versione più aggiornata di questo documento.

Abstract:

L’ultimo confine d’Italia, definito Isolo nella seconda metà del Novecento, è quello orientale. Questa linea fu per secoli luogo di aspre contese e la città per antonomasia simbolo di questo conflitto è Trieste, porta verso l'oriente europeo.

Il confine mobile genera una serie di (conseguenze che si ripercossero in ambito sociale, economico, produttivo ed edilizio. Questi aspetti di storia italiana ed europea furono per molti anni quasi sconosciuti alla maggior parte della popolazione italiana al di là dell'Isonzo, sebbene l'Esodo giuliano - dalmato fu una tragedia per migliaia di italiani e un problema che il Governo italiano dovette risolvere l’indomani della fine (della Seconda guerra mondiale.

Il motivo principale per cui nacque questo importante flusso migratorio, che interessò circa 350.000 persone, è da ricondurre alla perdita di buona parte dei territori della Venezia Giulia (Istria e Dalmazia), regione multietnica, in cui la convivenza si era per secoli mantenuta in equilibrio fino all’arrivodell'Italia fascista. Le persone che (dovettero abbandonare le proprie case erano gli italiani, appartenenti allo Stato perdente. Quei territori infatti sarebbero stati annessi al nuovo Governo della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (Socijalisticka Federativna Republika Jugoslavija, SFRJ), governanta dal Maresciallo Josip BrozTito. Il passaggio di poteri portò con sè una serie di ingiustizie e soprusi che resero la vita praticamente impossibile per gli italiani, che decisero di trasferirsi in Italia insieme anche a famiglie slave, di convinzioni politiche non socialiste. Il loro arrivo, che cominciò ancora durante la guerra, generò una situazione di allarme nella penisola, che era del tutto impreparata ad accogliere questi suoi connazionali.

Il periodo di spaesamento durò molti anni e le leggi emanate in favore dei profughi furono all'inizio molto blande sia in campo sociale sia in campo edilizio. Sebbene in maniera disorganica si crearono molti enti per la difesa dei profughi giuliano - dalmati. Nonostante ciò questi condussero una vita precaria per quasi tutti gli anni Cinquanta.

Ad aggiungere incertezza e malcontento c'era la situazione del Territorio Libero di Trieste Zona A e Zona B. L'attuale provincia di Trieste era infatti amministrata dagli alleati, i quali avevano istituito il Governo Militare Alleato (GMA) per la Zona A. La Zona B invece era sotto l'amministrazione civile jugoslava. Le dinamiche di questa frammentazione del territorio e le ripercussioni in campo edilizio sono molto complesse e si leggono molto agli eventi politici di quegli anni.

In un primo momento nel capoluogo giuliano non fu possibile accogliere i profughi giuliano - dalmati, che poterono iniziare a fermarsi solo in un secondo momento, quando, in seguito a decisioni di natura prettamente politica, venne permessa a Trieste la realizzazione delle case per profughi, le case sul confine. Prese avvio un'ingente «bonifica nazionale»2, che prevedeva l'inserimento di migliaia di esuli in modo da consolidare la prevalenza dell'etnia italiana a Trieste. L'interessante processo orchestrato dalle più alte cariche italiane insieme alle associazioni per

i profughi, il Comitato di Liberazione dell'Istria (CLNI) e l’Opera per l’Assistenza ai Profughi Giuliano e Dalmati (OAPGD), era volto a creare più alloggi possibili per gli esuli a Trieste e nei luoghi limitrofi. Si sperava quindi che di fronte ad una predominanza italiana nella Zona A questa potesse passare all’Italia una volta che ¡1 GMA avesse deciso di porre fine al suo Governo provvisorio.

Una prima definizione ci fu solo nel 1954 quando l’Italia assunse il controllo della Zona A. La Zona B rimase sotto l'amministrazione civile jugoslava. Dopo trattative durate un anno, l’Italia fu costretta a cedere anche su un altro punto: perse un ulteriore pezzo di terra sui Monti muggesani. Di fronte al consolidamento del potere jugoslavo in Zona B, l’Esodo, che sembrava essere quasi terminato, riacquisì forza e ulteriori migliaia di persone senza mezzi sufficienti per auto mantenersi raggiunsero Trieste. L'emergenza abitativa e di assistenza primaria continuò quindi ancora per molti anni e gli ultimi campi profughi vennero chiusi solo negli anni Sessanta.

Un caso per molti aspetti particolare e che esemplifica molto bene quello che accadde a seguito del secondo conflitto mondiale, è rappresentato da Muggia. Questa cittadina è oggi il primo borgo istriano della omonima penisola e l'ultimo comune italiano lungo la costa. Questa posizione le venne assegnata con il Memorandum del 1954 e venne ratificata con il Trattato di Osimo del 1975. Muggia, a causa della sua posizione sul confine, subì una mutilazione del proprio territorio e allo stesso tempo dovette accogliere i profughi che fuggivano dalla Jugoslavia. Le modifiche al territorio unitamente ai borghi che fu necessario realizzare cambiarono la sua struttura urbanistica. Negli ultimi anni con l'arrivo della Slovenia e dell'Europa unita questa frammentazione del territorio viene percepita in maniera molto minore: oggi l'attraversamento del confine, definito una volta «cortina di ferro»4, avviene quasi senza rendersene conto. Ripercorrendo a piedi la linea di demarcazione tra la Zona A e la Zona B divenuta con il Trattato di Osimo confine di Stato, al giorno d’oggi l’unico segno ancora percettibile, in un territorio che si sta omogeneizzando e compenetrando sono i cippi confinari. Però questi termini evocano ancora la violenza subita dal territorio.

La carrellata storica presentata, le principali leggi emanate in Zona A e in Italia e i programmi insediativi proposti sono utili a capire il difficile piano d’inserimento sociale che influenzò il programma edilizio. Tutte queste conseguenze, che per decenni vennero trascurate, servono oggi a chiarire e a riflettere sulla parola confine.

La linea dì confine fu la causa che generò l'Esodo e tutti i problemi che ne conseguirono: la mutilazione di un territorio senza alcuna considerazione della sua storia, la costruzione di nuove

case e la modifica di intere città per accogliere i nuovi arrivati sia nella provincia di Trieste, che in tutta Italia.

Ora questa parola ha assunto in questo territorio significati più ampi: il confine non viene più concepito come una barriera fisica, un muro, ma è diventato un segno sulla soglia, che si può facilmente attraversare. L'attuale confine tra Italia e Slovenia, soprattutto

dopo la caduta dei confini nel 2007, rispecchia proprio questa evoluzione. Questo nuovo aspetto permette di leggere il territorio di nuovo come un tutt'uno.

«I miei nonni sono nati sotto l'Austria, ma hanno combattuto per l'Italia fascista [...]. Mia nonna quando andava a Capodistria diceva vado in Zona B. I miei genitori, che sono degli anni Cinquanta, ed io diciamo andiamo in Jugo, mia sorella dice andiamo in Slovenia, mio figlio dice andiamo a Capodistria. Ha cinque anni e non percepisce più i confini con l'Euro. Questo ti dimostra la diversità generazionale di come è stata vissuta Trieste».

Relatori: Sergio Pace
Tipo di pubblicazione: A stampa
Soggetti: A Architettura > AO Progettazione
ST Storia > STN Storia
Corso di laurea: Corso di laurea magistrale in Architettura Costruzione Città
Classe di laurea: NON SPECIFICATO
Aziende collaboratrici: NON SPECIFICATO
URI: http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/4043
Capitoli:

INDICE

INTRODUZIONE

La ricerca delle fonti dirette e indirette

PARTE 1: LA COSTRUZIONE DI UN NUOVO CONFINE

CAPITOLO 1: La situazione dopo la Seconda guerra mondiale

1.1_Una premessa storica necessaria

1,2.1_Le vicende politiche dopo il 1945

CAPITOLO 2: Gli esuli

2.1_ Chi, da dove

2.2J precedenti storici

2.3_Dalla parte sbagliata della frontiera

2.4_Le organizzazioni per i profughi

2.4.1 _L'Opera per l'Assistenza ai Profughi Giuliano Dalmati

PARTE 2: IL PROGETTO INSEDIATIVO

CAPITOLO 3: I PROFUGHI IN ITALIA

3.1_Essere profughi in Italia

3.2_ Ufficio per la Venezia Giulia

3.3_ I primi provvedimenti

3.4 Le elezioni in Zona B

3.5_Risolvere i problemi della casa e del lavoro

3.6 I finanziamenti dell’Opera profughi

3.7_La svolta della Legge Sceiba

La posizione del Governo italiano sulla gestione esuli a Trieste

CAPITOLO 4: GLI ALLEATI E I PROFUGHI IN ZONA A

4.1_Essere profughi l'8 settembre 1943

4.2_ I profughi durante l'occupazione nazista

4.3_L'amministrazione del Territorio Libero

4.4_Dopo l'arrivo degli alleati

4.4.1_Gli esuli e gli alleati

4.4.2_La presenza dei profughi in Zona A

4.4.3JI ruolo della Presidenza di Zona

4.4.4_Una sintesi sugli esuli a Trieste

4.4.5_L'assistenza agli esuli

4.5_Gli esuli in Zona A

4.5.1 I periodi della fase insediativa

5.5.2 Il primo periodo di insediamento

4.5.3_La realizzazione delle prime case

4.5.4 Il secondo periodo di insediamento: la svolta del 1952 sull’amministrazione del TLT

4.5.5_La gestione degli alloggi

4.5.6_Un’ondata di arrivi dopo la nota bipartita

4.5.7 Il progetto d'insediamento dell'OAPGD

4.5.8_Sistemare i profughi

4.5.9_Un tentativo di trasferimento dei profughi

4.5.10_ Alcuni profughi proseguono per l'Italia

4.5.11_Una stazione di stallo

4.6_L'esodo dalla Zona B

4.6.1_Proposte per l'accoglimento e la sistemazione

4.6.2_L'accoglienza e il lavoro

4.6.3_L’avvio al progetto dei borghi profughi

4.6.4_La sistemazione abitativa

4.6.5_L’assistenza economica e lavorativa

CAPITOLO 5: TRIESTE RITORNA ALL’ITALIA

5.1 Il Memorandum di Londra e le sue conseguenze

5.1.1 I preparativi per il passaggio dei poteri

5.1.2_L'amministrazione italiana e la sua legislazione profuga

5.1,3_I preparativi per accogliere la nuova ondata

5.1,4_L'arrivo di una nuova ondata

5.1.5_Il numero dei profughi dopo il Memorandum

5.1.6_Alloggi d'emergenza e campi profughi

5.2_Alcune proposte riguardo al problema esuli

5.2.1_Le soluzioni del CLNI

5.2.2_L'OAPGD: Trasferimenti e lavoro

5.3_Gli interventi edilizi gestiti dall'Opera

5.4_Verso la fine dell’emergenza

5.4.1_ Il punto della situazione

CAPITOLO 6: LE LINEA TEMPORALEDELLE LEGGI EMANATE IN ITALIA E NEL TLT

CAPITOLO 7: IL CASO PARTICOLARE DELLA CITTA’ DI MUGGIA

7.1 Introduzione

7.1. 1 _La zona geografica

7 7.1,2_La conformazione del Comune di Muggia

7.2 Il dramma sui colli di Muggia

7.2.1 _Le opinioni del comune di Muggia sulla questione del TLT

7.3 I trattati che modificarono il Comune di Muggia

7.3.1 I motivi dell'abbandono

7.3.2_La costruzione del Confine: una questione di giardinaggio

7.3.3_Le iniziative della Giunta Comunale

7.4 Il primo Piano Regolatore Generale di Muggia

7.5_La lettura delle carte

7.5.1_Le conseguenze del nuovo tracciato

7.6 I tre complessi edilizi

7.6.1_Zindis

7.6.2_San Pietro e San Cristoforo

PARTE 3: IL CONFINE OGGI

CAPITOLO 8: reportage fotografico

LE FONTI DIRETT

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ARCHIVIO

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Consultati tutti gli elenchi di questo gruppo.

BIBLIOTECA GENERALE DELL'UNIVERSITÀ'DEGLI STUDI DI TRIESTE Gazzette ufficiali del GMA, volumi da n. 3 al n. 9.

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BIBLIOTECA CIVICA DI MUGGIA Atti Sussidi profughi.

Registri sussidi atti.

Verbali della Giunta Comunale dal 20/10/1954 al 25/11/1954. verbali del Consiglio Comunale dal 28/01/1953 al 01/06/1955.

ARCHIVIO DEL COMUNE DI MUGGIA

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Fascicoli edificazione borgo Zindis.

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Arrangiatevi!, Regia di Mauro Bolognini (1959).

Cuori senza frontiere, Regia di Luigi Zampa (1950).

Maagazzino 78, Spettacolo teatrale di Simone Cristicchi.

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