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Slow park : ipotesi di riqualificazione del Parco dell' Arrivore a Torino.

Laura D'amico, Maria Cristina Marchiando

Slow park : ipotesi di riqualificazione del Parco dell' Arrivore a Torino.

Rel. Paolo Castelnovi. Politecnico di Torino, Corso di laurea specialistica in Architettura (Restauro E Valorizzazione), 2010

Questa è la versione più aggiornata di questo documento.

Abstract:

*PRE~SCHIPTUM per chi legge scriviamo l'introduzione a progetto terminato.

Titolo corretto: Conclusioni

Te, si te, te che leggi, te c'hai tanta crisi, te c'hai crisi; a questo mondo c'è tanta crisi e c'è tanta violenza, tanto egoismo. Qua non si sa più dove si sta andando su questa terra, qua non si sa più cosa si sta facendo.

Quelo fa sì che una cosa quando non va tanto bene, poi va bene, cioè se andava male poi va bene...come quando stai giù, cioè non sei felice, o non sei tanto felice, Quelo fa che tutto vada bene, cioè fa che te che c'hai crisi non c'hai più crisi.

Hai capito?!

Per fare questo Quelo utilizza ogni tecnologia moderna compreso Internet; le sue parole giungono a noi grazie al nostro profeta, ma se volete Quelo parla anche con te, sempre che non sia occupato a fare dell'altro.»

Corrado Guzzanti

"Te c'hai tanta crisi", per dirla come l'Ottavo nano Crisolo.

Crisi, crollo e depressione sono sinonimi di recessione, sono termini comuni alle scienze economiche e alle discipline psico-comportamentali e non è un caso. La crisi economico-finanziaria che ha colpito l'Occidente e che lascerà certamente un segno indelebile nella pagina di domani, accende dibattiti, suggerisce riflessioni, che poi elaborano teorie e aprono la strada alla sperimentazione. I discorsi da bar e le letture impegnate hanno un comun denominatore, che è il punto di partenza del nostro ragionamento (o del percorso di tesi, per usare un linguaggio accademico): "ci troviamo a fare i conti con un modello di crescita rivelatosi fallimentare, centrato sulla corsa al consumo e sull' indebitamento [...]. A vacillare è un intero modello di vita. (F. Rampini, Slow economy / Rinascere con saggezza, Mondadori, Milano 2009)" Apparteniamo ad una generazione che con molta probabilità dovrà rivedere profondamente le proprie aspettative economiche, i valori, le gerarchie sociali e, di riflesso, il modo di vivere. Questo è il punto di partenza del nostro ragionamento progettuale.

Gli spunti di riflessione sono molteplici e diversi: quotidiani, settimanali popolari e di larga diffusione, pagine web, blog, conversazioni impegnative ma senza intellettualismi e discorsi in amicizia e confidenza. Qualcosa sta cambiando, è evidente. Approfondiamo e sprofondiamo in giri di pensiero vorticosi e risucchianti. Perdiamo di vista l'obiettivo finale, "solo" un esame accademico, un esame finale, ma niente di più. "Perché? Ma dai... C'è anche quest'altro! Dai un'occhiata a questo!". Intravediamo delle vie d'uscita, tentativi, tendenze e sperimentazioni, una diversa sensibilità in maturazione, un nuovo sentire confortante e comune. Lo spaesamento è naturale, così come l'incertezza, perché ogni cambiamento - e quello che stiamo vivendo ha tutte le carte in regola per potersi definire un gran cambiamento - comporta inevitabilmente un senso di disorientamento.

D'un tratto diventiamo concrete. Si cerca un relatore, un'area di progetto e si procede con analisi dello stato di fatto e del contesto. E proviamo ad immaginare (immaginare, che bella parola!).

Immaginare : rappresentare, raffigurare immagini nella mente, fantasticare, inventare qualcosa dandogli forma nella mente prima di attuarlo, creare, ideare.E' una combinazione intrigante e motivante, trovare un luogo ideale di sperimentazione, un luogo su cui trasferire significati maturati, letti, approfonditi, immaginati !

Laura e Cristina vorrebbero vivere allo Slow Park: questa la nostra soddisfazione. In poche righe, più avanti approfondite, lo Slow Park si trova nell'area del Parco dell'Arrivore a Torino, un tratto del parco fluviale che corre lungo la Stura di Lanzo, prossimo alla confluenza del fiume con il Po. Il "nostro" parco ha avuto una storia tormentata e un'identità poco definita, da sempre. Fa parte del quartiere Regio Parco, al limite Nord della città. Basta attraversare il fiume e si entra in San Mauro Torinese. Anticamente borgo di lavandai, il Parco prende il nome dall'antica strada dell'Arrivore, un'importante direttrice storica che puntava dritto sull'Abbadia di Stura con i suoi monaci anche traghettatori, che gestivano l'attraversamento del fiume.

E' una zona di confine, secondo vari aspetti: quello naturale (il fiume con la sua ricca vegetazione spondale) , quello amministrativo (qui finisce la città e inizia la prima cintura metropolitana) e non ultimo quello sociale (lungo corso Taranto si concentra un grande percentuale di edilizia pubblica cittadina). Urbanisticamente parlando, il parco potrebbe definirsi "peri-urbano", contemporaneamente urbano e periferico.

Discarica, campo nomadi, maxi-orto abusivo, vicino di casa del Tossic-Park: queste alcune delle destinazioni che hanno contribuito alla formazione di un'immagine dequalificante e degradata per l'area dell' Arrivore e che rendono difficile l'appropriazione del parco da parte di città e quartiere.

Negli ultimi anni -dal 2006- l'amministrazione comunale ha avviato un'operazione di recupero e riqualificazione ambientale dell'area, che terminerà con la bonifica ambientale della fascia spondale. Lo sforzo dell'amministrazione è stato grande e ammirevole, ma la scommessa vera si giocherà sull'ideazione e sulla costruzione di un'identità forte, frequentata, permeata da senso di sicurezza.

Oltre strada Settimo c'è il Parco della Confluenza, prolungamento naturale di quello dell' Arrivore in quanto appartenente al medesimo corridoio verde fluviale. Il Parco della Confluenza vince la partita "vocazione a parco" fluviale, naturale, urbano. Lo spettacolo naturale della confluenza del torrente Stura con il Po, il rapporto visivo più facile con l'acqua, lo scenario offerto dalla collina torinese e dalla Basilica di Superga rendono il Parco della Confluenza maggiormente predisposto alla "classica" destinazione a parco, area protetta e attrezzata; predisposizione che manca invece al "nostro" Arrivore.

Il progetto di riqualificazione del Parco dell' Arrivore del Settore Verde Pubblico della Città di Torino si costruisce attorno a tre nuovi poli: gli orti comunali, l'area gioco e la zona umida. A pochi mesi dal completamento del progetto, l'osservazione più evidente è: manca qualcosa.

L'esperimento degli orti urbani gestito dalla Sesta Circoscrizione ha due anni di vita e contribuisce a fornire al parco un presidio diurno fisso e vivace. Gli assegnatari degli orti, per lo più anziani del quartiere Regio Parco, curano gli spazi recintati, ma lamentano un senso di disagio per le frequenti depredazioni e atti di vandalismo. Già all'inizio dei lavori per la preparazione del terreno di coltura e degli impianti irrigui, che coincidevano temporalmente con i nostri primi sopralluoghi, si respirava l'aria di "occasione mancata". Il panorama internazionale e la tradizione nord-europea in particolare suggeriscono da tempo soluzioni sapienti e suggestive, che rendono gli orti un elemento importante per il disegno del paesaggio, anche urbano.

Il puzzle geometrico degli orti e dei casotti in legno è determinato da una rigida scacchiera, sicuramente funzionale ma incapace di instaurare legami con il parco, all'interno del quale si inserisce in maniera decisiva. Eppure proprio gli orti potrebbero essere il nuovo motore d'identità del parco, soprattutto alla luce di una nuova sensibilità, attenta al consumo responsabile e frugale, alla produzione per l'auto-consumo, allo scambio di cose ed esperienze, visto anche come possibilità di incontro e socializzazione.

Occorre sottolineare che la normativa urbanistica comunale non offre indirizzi progettuali per l'area e si esprime unicamente con indicazioni finalizzate alla protezione, tutela e preservazione. Manca qualcosa anche qui.

Il Parco dell' Arrivore è letteralmente tagliato fuori dalla Città e la cesura è praticata da due assi viari importanti come via Botticelli e strada Settimo, caratterizzati da un elevatissimo transito veicolare, in guanto infrastruttura di collegamento la prima (alternativa a Lungo Stura Lazio, collega Settimo Torinese, San Mauro, collina torinese con Piazza Sofia, quartiere Barriera di Milano, corso Giulio Cesare), e direttrice storica d'accesso alla Città, la seconda

(biforcandosi dopo piazza Sofia in via Bologna e corso Regio Parco) . Il Parco non si vede, né da via Botticelli, né da piazza Sofia, e poco si intuisce anche percorrendo strada Settimo e il ponte Amedeo Vili.

Servono da subito elementi di richiamo e di collegamento con il quartiere, segni concreti e usi espliciti. Sarà il primo passo verso la riappropriazione di questo immenso spazio verde della Città, sicuramente sotto-utilizzato e penalizzato da un'immagine negativa troppo recente e per alcuni aspetti persistente. Bisogna puntare su un'idea forte e caratterizzante e alla disponibilità di un'utenza fissa, che fungerà da presidio e attore principale.

Il progetto dello Slow Park cresce recependo le più innovative tendenze in tema di modus-vivendi. L'eco-villaggio in co-housign è la sperimentazione costruita più evidente. Un lungo tetto-orto-giardino unisce le stecche residenziali costruite su via Botticelli con spazi declinati allo spirito dello Slow Park: il mercato coperto a km Zero, collegato per mezzo di passerella sopraelevata alla zona mercatale di corso Tarante gli ampi locali destinati a laboratori per il riuso, recupero e riciclo con relativo parking sotterraneo, la galleria commerciale locale per il consumo eco ed equo.

Gli isolati frammentari che si affacciano su strada Settimo vengono completati e la residenza di nuova costruzione guarda il parco, diventando una quinta verde per lo Slow Park. Il completamento dell'edificato lungo strada Settimo si pone come occasione per la ridefinizione dell'ingresso nord-est alla Città. Al tema della "porta alla città" si da risposta attraverso l'ipotesi di un collegamento "aereo" tra lo Slow Park e il Parco della Confluenza, una passerella ciclo-pedonale, simbolicamente porta e anello d'unione tra due parchi appartenenti alla medesima realtà naturale, il Parco Fluviale del Po. Il progetto si completa con la proposta di recupero di due fabbricati abbandonati e in avanzato stato di degrado: la torre di vaglio prossima alla Stura, edificio una volta finalizzato alle attività estrattive di ghiaia, e la cascina Varetto su strada dell'Arrivore.Immaginiamo una torre verticale destinata ad orti e giardini e la chiamiamo Vertical Farm; immaginiamo il recupero della cascina come laboratorio di quartiere, riferimento e sede delle attività praticate nelle adiacenti serre e negli orti urbani, ma anche didattici e terapici.

Con l'elemento verde e le sue infinite declinazioni, ricreiamo l'habitat fluviale spondale, in un percorso naturalistico punteggiato da soste per il bird-watching e i giardini in movimento che, per dirla alla Gilles Clement, "doit son nom au mouvement physique des espèces végétales sur le terrain, que le jardinier interprete à sa manière". I giardini in movimento lasciano spazio alla libera sperimentazione di semi, bulbi, fiori, rampicanti e ogni altro elemento naturale, nell'ambito della concezione progressiva e mutevole del jardin planétaire. Un labirinto di siepi di sambuco conduce il visitatore alla scoperta di luoghi intriganti e sempre nuovi.

Il cuore selvaggio del parco rimane la cosiddetta "zona umida", cioè lo stagno con i suoi canneti. Proviamo ad incanalare l'acqua in un circolo virtuoso, che possa accompagnare il passo e offrire diversi spettacoli idrovegetali.

Curiosità è la parola magica per entrare nei giardini dei piccoli: installazioni in linea con lo spirito del parco, salici sorridenti e piangenti, case sugli alberi. Qui cerchiamo di portare farfalle, profumi, fiori semplici da ammirare e raccogliere.

Attenzione!

Vediamo una lingua verde uscire dal parco e invadere piazza Sofia. Ci fa segno di entrare.

Inizialmente ti perderai in un mosaico di testi, spunti, riflessioni e considerazioni di persone più o meno illustri, che abbiamo chiamato capitolo zero. Poi ti presenteremo l'area di studio e progetto, il parco dell' Arrivore, stretto tra strada Settimo, piazza Sofia, via Botticelli, strada dell' Arrivore e la Stura. E per ultimo ti illustreremo la nostra proposta di riqualificazione: lo Slow Park. Buon passeggio!

Relatori: Paolo Castelnovi
Tipo di pubblicazione: A stampa
Soggetti: R Restauro > RC Restauro urbano
U Urbanistica > UG Pianificazione del paesaggio
Corso di laurea: Corso di laurea specialistica in Architettura (Restauro E Valorizzazione)
Classe di laurea: NON SPECIFICATO
Aziende collaboratrici: NON SPECIFICATO
URI: http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/2187
Capitoli:

Benvenuti allo "Slow Park"

introduzione

Capitolo zero

Appunti, Spunti & Miscellanee

miscellanea 001

crisi, crollo, depressione: sinonimi di recessione.

e qualcuno dice : prepariamoci a diventare poveri.

miscellanea 002

nuovi modelli di vita frugale: la via slow.

miscellanea 003

mettiamo il prefisso eco- al cambiamento in atto.

miscellanea 004

oltre lo slow. immaginare il futuro.

miscellanea 005

recepiamo segnali del cambiamento.

ANALISI DEL TEMA PROGETTUALE:

il Parco dell' Arrivore e le sue pertinenze

Capitolo uno

Cenni storici e identità del parco negli anni

Immagini dall' IGM Normativa edilizia

Capitolo due

Forma ed usi del territorio

Capitolo tre

Quadro vegetazionale

Stato di fatto

Proposta di recupero

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