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Pratiche di management ed incentivazione dei dipendenti.

Riccardo Gobbi

Pratiche di management ed incentivazione dei dipendenti.

Rel. Laura Rondi. Politecnico di Torino, Corso di laurea magistrale in Ingegneria Gestionale, 2018

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Abstract:

Il presente elaborato analizza le dinamiche aziendali ed in particolare indaga le relazioni tra datore di lavoro e dipendenti. Una delle principali problematiche riscontrate nella quasi la totalità delle aziende moderne, è costituita dal fatto che spesso i dipendenti hanno interessi diametralmente opposti a quelli del datore di lavoro. Se fosse possibile vincolare il loro comportamento tramite contratti che specifichino ogni attività e responsabilità, da cui il nome di contratti completi, si potrebbero evitare questo tipo di problematiche. Purtroppo, i contratti completi non sono attuabili nella realtà e quindi ci si deve affidare a contratti incompleti. L’incompletezza contrattuale e l’impossibilità di verificare informazioni come le effettive capacità del dipendente o il livello di sforzo emesso da quest’ultimo durante un’attività, fanno si che sia possibile adottare comportamenti opportunistici che mirano a massimizzare le funzioni di utilità dei singoli, causando situazioni in cui il surplus totale, ovvero la somma dei benefici ottenuti dalla proprietà e dai dipendenti, non è massimizzato. Per evitare questo tipo di comportamenti i datori di lavoro ricorrono all’utilizzo di contratti incentivanti che mirano ad allineare gli interessi delle parti verso un obiettivo comune. Le due macro-categorie nelle quali ricadono le pratiche di incentivazione sono date dal fatto che i benefici conseguenti ad una buona performance del dipendente siano monetari o non monetari. Nel primo caso, la principale caratteristica è quella di rendere il reddito del lavoratore variabile in funzione di una determinata misura del suo sforzo. Spesso lo sforzo emesso da un soggetto non è determinabile e quindi ci si deve affidare ad un indicatore che possa essere collegabile allo sforzo dell’individuo, ovvero il livello di performance. La prestazione di un lavoratore dipende si, dal livello di sforzo emesso, ma anche da altre variabili casuali che non sono sotto il suo controllo. Ciò fa si che il dipendente si faccia carico di una parte dei rischi d’impresa e di conseguenza richieda un reddito maggiore di quello che avrebbe se il suo stipendio non venisse determinato in base alla sua prestazione ma fosse fisso. Durante questo tipo di ragionamenti ed analisi, vengono spesso trascurati gli attributi psicologici degli individui. L’essere umano è frutto di una molteplicità di caratteristiche psicologiche che portano gli individui a percepire lo stesso stimolo in modi completamente differenti. L’elaborazione di un sistema generico, che tenti di incentivare il maggior numero di soggetti possibili, potrebbe portare l’azienda a raggiungere una situazione non ottimale; se, al contrario, si riuscisse a creare un contratto su misura per ogni singolo individuo si potrebbero raggiungere situazioni estremamente più vantaggiose. Ovviamente l’ipotesi di creare un contratto su misura per ogni singolo dipendente non è realistica, in quanto sarebbero necessari grossi investimenti di tempo e denaro per delineare l’individuo sotto un aspetto psicologico ed operativo, che permetta poi sottoporgli il contratto che più gli si addice. Un trade-off tra i due estremi potrebbe essere raggiunto se si riuscisse a determinare un processo attraverso il quale si possa delineare psicologicamente il soggetto conducendo infine al miglior contratto possibile, scelto da una limitata serie di contratti basati sulle caratteristiche psicologiche.

Relatori: Laura Rondi
Anno accademico: 2018/19
Tipo di pubblicazione: Elettronica
Numero di pagine: 93
Soggetti:
Corso di laurea: Corso di laurea magistrale in Ingegneria Gestionale
Classe di laurea: Nuovo ordinamento > Laurea magistrale > LM-31 - INGEGNERIA GESTIONALE
Aziende collaboratrici: NON SPECIFICATO
URI: http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/9615
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