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La ricerca della "vocazionalità" dell'esistente attraverso la redazione critica del documento preliminare alla progettazione : il caso studio dell'ex caserma Mameli a Casale Monferrato

Marco Barberis

La ricerca della "vocazionalità" dell'esistente attraverso la redazione critica del documento preliminare alla progettazione : il caso studio dell'ex caserma Mameli a Casale Monferrato.

Rel. Gianfranco Cavaglià, Cristina Coscia. Politecnico di Torino, Corso di laurea magistrale in Architettura Per Il Progetto Sostenibile, 2014

Abstract:

Un'occasione per riflettere: il discorso di Severn Cullis-Suzuki alle nazioni Unite, Conferenza di Rio de Janeiro del 1992

Severn Cullis-Suzuki, una giovane ragazza di 12 anni, portavoce di ECO (Environmental Children's Organization) durante l'assemblea delle Nazioni Unite alla Conferenza di Rio de Janeiro del 1992, da una forte testimonianza della situazione umanitaria ed ecologica del mondo.

Buonasera,

sono Severn Suzuki e parlo a nome di ECO (Environmental Children Organization). Siamo un gruppo di ragazzini di 12 e 13 anni e cerchiamo di fare la nostra parte: Vanessa Suttie, Morgan Geisler, Michelle Quaigg e io. Abbiamo raccolto da noi tutti i soldi per venire in questo posto lontano cinquemila miglia, per dire alle Nazioni Unite che devono cambiare il loro modo di agire.

Venendo a parlare qui non ho un'agenda nascosta, sto lottando per il mio futuro. Perdere il mio futuro non è come perdere un'elezione o alcuni punti sul mercato azionario.

Sono qui per parlare a nome delle generazioni future. Sono qui per parlare a nome dei bambini che stanno morendo di fame in tutto il pianeta e le cui grida rimangono inascoltate. Sono qui per parlare per conto del numero infinito di animali che stanno morendo nel pianeta, perché non hanno più alcun posto dove andare. Ho paura di uscire fuori al sole a causa dei buchi nell’ozono, ho paura di respirare l'aria perché non so quali sostanze chimiche contiene.

Ero solita andare a pescare a Vancouver, la mia città, con mio Padre, ma solo alcuni anni fa abbiamo trovato un pesce pieno di tumori. E ora sentiamo parlare di animali e piante che si estinguono, che ogni giorno svaniscono per sempre.

Nella mia vita ho sognato di vedere grandi mandrie di animali selvatici e giungle e foreste pluviali piene di uccelli e farfalle, ma ora mi chiedo se i miei figli potranno mai vedere tutto questo. Quando avevate la mia età, vi preoccupavate forse di queste cose? Tutto questo sta accadendo sotto i nostri occhi e ciò nonostante continuiamo ad agire come se avessimo a disposizione tutto il tempo che vogliamo e tutte le soluzioni.

Io sono solo una bambina e non ho tutte le soluzioni, ma mi chiedo se siete coscienti del fatto che non le avete neppure voi. Non sapete come si fa a riparare i buchi nello strato di ozono, non sapete come riportare indietro i salmoni in un fiume inquinato, non sapete come si fa a far ritornare in vita una specie animale estinta, non potete far tornare le foreste che un tempo crescevano dove ora c'è un deserto.

Se non sapete come fare a riparare tutto questo, per favore, smettete di distruggerlo.

Qui potete esser presenti in veste di delegati del vostro governo, uomini d'affari, amministratori di organizzazioni, giornalisti o politici, ma in verità siete madri e padri, fratelli e sorelle, zie e zii, e tutti voi siete anche figli.

Sono solo una bambina, ma so che siamo tutti parte di una famiglia che conta cinque miliardi di persone - in realtà, una famiglia di trenta milioni di specie. E nessun governo, nessuna frontiera, potrà cambiare questa realtà.

Sono solo una bambina ma so che dovremmo tenerci per mano e agire insieme come un solo mondo, per raggiungere un solo scopo. Nella mia rabbia non sono cieca e la mia paura non mi impedisce di dire al mondo quello che sento.

Nel mio paese produciamo così tanti rifiuti, compriamo e buttiamo via, compriamo e buttiamo via, compriamo e buttiamo via, e tuttavia i paesi del nord non condividono con i bisognosi. Anche se abbiamo più del necessario, abbiamo paura di condividere, abbiamo paura di dare via un po'della nostra ricchezza.

In Canada viviamo una vita privilegiata, siamo ricchi d'acqua, di cibo, di case; abbiamo orologi, biciclette, computer e televisioni. La lista potrebbe andare avanti per due giorni.

Due giorni fa, qui in Brasile siamo rimasti scioccati mentre trascorrevamo un pò di tempo con i bambini di strada. Questo è quello che ci ha detto un bambino di strada: «Vorrei essere ricco, e se lo fossi vorrei dare ai bambini di strada cibo, vestiti, medicine, una casa, amore e affetto».

Se un bimbo dì strada che non ha niente è disponibile a condividere, perché noi che abbiamo tutto siamo ancora così avidi? Non posso smettere di pensare che quelli sono bambini che hanno la mia stessa età e che nascere in un Paese o in un altro fa ancora una così grande differenza; che potrei essere uno dei bambini che vivono in una favela di Rio, o uno dei bambini che muoiono di fame in Somalia, una vittima di guerra in medio oriente o un mendicante in India.

Sono solo una bambina ma so che se tutto il denaro speso in guerre fosse destinato a cercare risposte ambientali, a eliminare la povertà e a siglare degli accordi, che mondo meraviglioso sarebbe questa Terra! A scuola, persino all'asilo, ci insegnate come ci si comporta al mondo. Ci insegnate a non litigare con gli altri, a risolvere i problemi, a rispettare gli altri, a rimettere a posto tutto il disordine che facciamo, a non ferire altre creature, a condividere le cose, a non essere avari.

Allora perché voi fate proprio quelle cose che ci dite di non fare? Vi siete scordati lo scopo di queste conferenze, perché le state facendo? Noi siamo i vostri figli, voi state decidendo in quale mondo noi dovremo crescere.

I genitori dovrebbero poter consolare i figli dicendo: «Tutto andrà a posto. Non è la fine del mondo, stiamo facendo del nostro meglio». Ma non credo che voi possiate dirci ancora queste cose. Siamo davvero nella lista delle vostre priorità?

Mio padre dice sempre che «siamo ciò che facciamo, non ciò che diciamo». Bene, quello che voi state facendo mi fa piangere la notte. Voi continuate a dire che ci amate, ma io vi lancio una sfida: per favore, fate che le vostre azioni riflettano le vostre parole.

Grazie

Considerazioni personali sul ruolo contemporaneo dell'architetto.

Se proviamo ad analizzare il nostro tempo, ci accorgeremo che gli ultimi anni si sono contraddistinti dalla radicale rivoluzione tecnologica, dalla profonda crisi economica del sistema occidentale governato dalla finanza e dalle pesanti ricadute sull'ambiente del sistema consumistico in cui siamo inseriti e che regolarmente subiamo, patendone le relative conseguenze. La sensazione di smarrimento di fronte a questi eventi troppo più grandi di noi è forte, apparentemente incontrollabile per il fragile equilibrio delle nostre menti. Parallelamente a questi eventi, si sono sviluppati una serie di idoli e di miti, legati ai paesi in via di sviluppo, alla globalizzazione, alle nuove piattaforme informatiche, alla sostenibilità. E' bene parlare di miti in quanto, in molti casi non si sono affrontate con coerenza le questioni di fondo, bensì l'analisi condotta con relativa superficialità ha svelato tutta la sua inadeguatezza rispetto al contesto "di necessità" realmente percepito. La forte crisi di valori che contraddistingue la nostra epoca rende la vita priva di prospettive e di speranze, priva di quelle forze capaci di indirizzare e sostenere, con lungimiranza, la nostra immaginazione verso la costruzione di un mondo migliore. Questa crisi coinvolge anche l'architettura che da tempo ha rinunciato a perseguire un pensiero alto, in grado di sostenere la trasformazione dei territori, attraverso la contemporaneità ed i mezzi che essa ci offre. Essa si è lasciata travolgere da questo vortice trasgressivo, dimenticandosi del proprio passato e del proprio ruolo di grande responsabilità all'interno della società, creando diversi miti fra i quali spicca, la nuova figura dell'archistar. Questa figura spesso introversa, viene concepita in molti casi come la sola capace di dare risposte e partecipare ai grandi processi di trasformazione urbana; fatte queste premesse, appare quanto mai necessario riflettere sul ruolo vero dell'architetto, come soggetto a servizio degli uomini, aperto alla collettività, capace di perseguire il bene comune attraverso dei cambiamenti materiali e talvolta di metodo, di pensiero. Andando contro corrente è bene che l'architetto torni a fare "semplicemente" l'architetto, operando sempre con grande senso critico, soprattutto! nei confronti delle proprie scelte.

Premesse sulla sostenibilità ambientale, tre paradossi italiani

Primo dato di fatto

L'Italia ha da anni il più basso tasso di crescita I demografica d'Europa, e uno dei più bassi al mondo. I pochi si rendono conto, invece, che l'Italia ha il più alto tasso di consumo del territorio d'Europa.

Secondo dato di fatto

L’ Italia è fra i pochi paesi al mondo che abbia la tutela del paesaggio e del patrimonio culturale nella propria Costituzione; ha in merito un complesso di leggi organiche che sono fra le migliori al mondo; eppure I continua ogni giorno la selvaggia aggressione del paesaggio.

Terzo dato di fatto

L'Italia ha una lunga tradizione civile di riflessione su queste tematiche, eppure nelle scuole italiane non si parla quasi mai di paesaggio, se non relativo a qualche poeta o pittore. La mancanza di ogni tentativo di educazione alla storia e alla tutela del paesaggio non sarà fra le cause del suo degrado?

Panorama sul consumo di suolo in Italia

Secondo ISTAT tra il 1990 e il 2005 la superficie agricola utilizzata (SAU) in Italia si è ridotta di 3 milioni e 6651 ettari, un'area più vasta della somma di Lazio e Abruzzo: abbiamo così convertito, cementificato o degradato in 15 anni senza alcuna pianificazione il 17,06 % del nostro suolo agricolo.

Secondo il rapporto ISTAT l'espansione dell'urbanizzazione ha raggiunto negli ultimi decenni un'espansione senza precedenti, che si è prodotta in assenza di pianificazione urbanistica sovra-comunale in importanti aree del Paese (Mezzogiorno, Veneto e Lazio fra tutte).

Il legame fra crescita demografica ed economica non è più lineare: l'urbanizzazione è relativamente autonoma rispetto agli andamenti demografici ed economici e suggerisce, piuttosto, un'evoluzione in senso consumistico del rapporto della popolazione col proprio territorio. Ormai circa un quarto della popolazione e delle attività produttive sono insediate in aree caratterizzate da urban sprawl, nuova desolante forma del paesaggio italiano. E' dunque sempre più vero che la “forma urbis" è scoppiata. La sua espansione indefinita ne vanifica non solo i confini, ma anche il centro. Nel nuovo paesaggio di suburbi lo spazio restante fra gli agglomerati perde il carattere di filtro e assume quello di terra di nessuno. Le pesanti conseguenze non solo sulla qualità del territorio ma sulla qualità della vita dovrebbero essere a tutti evidenti; eppure quasi tutto H territorio nazionale è caratterizzato da una perversa spinta al consumo indiscriminato di suolo, che in un Paese come il nostro, in cui il territorio è da sempre molto sfruttato, in nessun caso può essere considerato come un fenomeno sostenibile. Gravissimi sono gli effetti sull'ambiente di questa cieca invasione del territorio. // suolo si sa, è al centro degli equilibri ambientali: essenziale alla qualità della biomassa vegetale e dunque catena alimentare, è luogo primario di garanzia per la biodiversità, per la qualità delle acque superficiali e profonde, per la regolazione di C02 nell'atmosfera. Ma a cementificazione di terreni agricoli comporta la copertura del suolo (soil sealing) con perdita spesso irreversibile delle funzioni ecologiche di sistema che esso aveva esercitato: per fare un esempio il soil sealing accresce la probabilità di frane e alluvioni e ne rende più gravi gli effetti. La morfologia del territorio italiano lo rende poi notoriamente assai esposto a terremoti, eruzioni vulcaniche, alluvioni e altre calamità, la cui frequenza e impatto crescono quando si alterano i già precari equilibri naturali.

Questa cieca, suicida devastazione dello spazio in cui viviamo, non avverrebbe impunemente se vi fosse fra i cittadini una chiara percezione del valore della risorsa e dell'irreversibilità del suo

consumo. La retorica dello sviluppo come strategia sempre vincente, l'astratta fede in una crescita sempre continua, la trappola mentale che non consente di vedere possibili alternative sostituti a modalità di produzione di ricchezza ed occupazione ormai obsolete e di corto respiro.

Premessa al lavoro svolto

In un'ottica di presa di coscienza della situazione culturale, sociale, ambientale ed economica che ci circonda, con particolare riferimento alle questioni sollevate in precedenza sul consumo di suolo a livello nazionale, ed alla crisi ecologica a livello globale, questo lavoro si colloca al supporto delle analisi condotte sul patrimonio edilizio esistente, convinto del fatto che si possa trovare un equilibrio, un punto d'incontro, fra nuove edificazioni e utilizzo di ciò che già c'è. In particolare ho tentato di analizzare prima analiticamente e poi criticamente I delicati meccanismi concettuali, metodologici e normativi che riguardano l'analisi e il recupero dell'esistente. Nei processi decisionali che portano al riuso, al recupero o alla rifunzionalizzazione di un edificio, sia esso pubblico o privato, convergono molteplici aspetti che concorrono al raggiungimento di un risultato. Non di rado è possibile assistere ad approcci superficiali, troppo spesso legati al caso, alle reali esigenze dell'utenza, ma non compatibili con l'oggetto che diventa solo più il "contenitore". Anche le condizioni del contesto culturale e politico locale concorrono al raggiungimento del risultato: le

amministrazioni pubbliche, singoli esponenti politici o dirigenti pubblici, fagocitati dal consenso popolare da una parte, e dalla reale esigenza funzionale di "ricavare degli spazi" dall'altra, troppe volte forzano dei processi che invece, richiederebbero conoscenza e molta attenzione soprattutto in fase preliminare, antecedente il vero e proprio progetto.

Raramente si assiste ad un adeguato studio dell'oggetto nella fase della programmazione delle opere (spesso per non curanza delle normative vigenti in materia di LL.PP.) e troppe volte, maturata nel tempo un'esigenza di carattere funzionale, si procede nel progetto senza conoscere, verificando se mai un'idea progettuale già definita, già detta. Tale situazione legata al voler attribuire maggior peso alle esigenze o a delle idee progettuali più o meno apprezzabili, non di rado, genera delle incompatibilità funzionali, ambientali, tecnologiche che possono avere sviluppi anche molto gravosi, sia in termini conservativi che di costi. In un'ottica di riuso, recupero o rifunzionalizzazione, la mancata conoscenza e pianificazione può portare a forzature incompatibili con l'esistente che minano la sua stessa stabilità e conservazione nel tempo. E così, quella che dovrebbe essere la pacifica e arricchente convivenza fra il modello di vita attuale e il patrimonio culturale edilizio esistente con la sua memoria, viene fortemente messa in discussione. Tale

paradosso può nascere da forti condizionamenti esterni, dalla carenza di preparazione del personale tecnico, politico, dei progettisti incaricati, delle soprintendenze, dal labirinto normativo e burocratico che caratterizza il nostro Paese e dalla non curanza della legislazione corrente. La ricerca e lo sviluppo del concetto di "vocazionalità" dell'esistente è volta soprattutto a ribadire l'importanza della conoscenza prima dello sviluppo di un progetto.

Il senso della tesi

Il percorso conoscitivo proposto con questa tesi nasce dall'esigenza di voler trovare un approccio metodologico finalizzato alla conoscenza approfondita del patrimonio edilizio esistente, cercando di svelarne in fase preliminare la propria "vocazionalità", prima dell'avanzamento di qualsiasi idea progettuale. E' bene chiarire da subito cosa si intende con il termine progetto. Esso va considerato come un percorso di ricerca complesso, articolato fra condizioni di vincolo esistenti, finalizzato a trovare risposte ad esigenze di natura diversa (esigenze sociali, ambientali, antropiche etc..). Tale percorso è scomponibile in due parti: la prima di domanda, (ricerca e conoscenza del contesto), la seconda di risposta (la "semplice" fase operativa). Spesso, purtroppo, si tende a limitare il significato del termine a ciò che è visibile, la sola parte operativa. Mi piace paragonare il progetto alla fragilità di un grande iceberg perso nell'Oceano Artico: le condizioni di visibilità offerteci dalla luce del sole e dalla nostra posizione oltre il filo dell'acqua, ci portano a percepire il "progetto" come la piccola parte emersa, negando di fatto l'esistenza di quella sottostante infinitamente più grande. La parte sommersa è un'incognita più difficile da decifrare, ma condiziona fortemente l'equilibrio, la stabilità ed il galleggiamento dell'intero sistema.. Compito dell'architetto, dovrebbe essere quello di spingersi sempre oltre la superficie dell'acqua, scendendo alle radici delle questioni, al fine di comprendere la reale consistenza della parte sommersa (il contesto j esistente) prima di avanzare e definire in termini di quantità, forma e sostanza la parte visibile. Esiste un rapporto molto stretto fra le due parti in quanto appartengono allo stesso elemento. Per questo motivo vanno considerate sempre nella loro unità-totalità olistica. Altro ruolo contemporaneo, sarà quello di considerare tutte le condizioni ambientali al contorno, come l'aria e l'acqua, le forme di vita presenti, in quanto il sistema che ci ospita è fisicamente finito. I Ragionamenti infiniti su sistemi finiti portano j alla perdita delle condizioni di equilibrio. Il progetto va quindi considerato come j l'interazione delle due parti appartenenti alla stessa totalità; quella sommersa (analisi del I contesto esistente) e quella emersa ("risposta materica" al contesto); il tutto all'interno di un contesto ambientale dalle caratteristiche limitate. Ogni scelta operata dall'uomo avrà quindi profonde ricadute irreversibili sugli elementi appartenenti al sistema considerato.

Ricercare la "vocazione" di un manufatto prodotto dall'uomo, che sia esso un utensile oppure un edificio, significa mettere in luce le condizioni "sommerse" che lo hanno generato, e che ne garantiscono il "galleggiamento" all'interno di un dato sistema ambientale. Possiamo considerare le condizioni "sommerse" come caratteristiche proprie del contesto, intese come "vincoli", come peculiarità dell'esistente. Nel caso di un progetto dal nuovo i vincoli saranno offerti dalle sole condizioni del contesto; nel caso il progetto verta su un edificio esistente ai vincoli del contesto andranno aggiunti quelli relativi al manufatto già realizzato. La ricerca della vocazione non potrà essere considerata un'operazione deterministica atta a fornire un singolo risultato, in quanto infinite sono le variabili in gioco; quella principale è data dal tempo. Potremo, invece, definire dei punti fermi che siano di ancoraggio per la fase operativa del progetto.

Tale operazione implica conoscenze multidisciplinari che spaziano da quelle sociali, storiche, ambientali per arrivare a quelle realizzative e quindi tecnologiche. Lo studio di un oggetto deve confrontarsi con analisi di diversa natura: a larga scala e di tipo puntuali, le prime finalizzate ad avere chiara la situazione del contesto di riferimento, le seconde utili a svelarne aspetti propri altrimenti non leggibili. Il principale scopo delle analisi conducibili su un bene è mettere in evidenza ragioni, motivazioni di fondo e scelte che nel tempo lo hanno generato.

In questa ottica l'analisi critica del Documento Preliminare alla Progettazione (DPP), tende a ribadire l'importanza della fase di conoscenza preliminare dell'esistente, in quanto in grado di condizionare fortemente i risultati finali. Tale analisi, se inquadrata nel sistema legislativo italiano, attraversa un campo aperto, fatto di norme introdotte di recente, che ne obbligano la redazione nel caso ci si confronti con beni culturali e con opere pubbliche di importo superiore al milione di euro. Sono questi i motori d'interesse personale che mi hanno spinto allo sviluppo di questa tesi: la natura recente del settore di eventuale specializzazione unito all'interesse per il patrimonio edilizio esistente, la sua conservazione e la tutela del paesaggio, bene di inestimabile valore. La ricerca preliminare della vocazione di un manufatto e la successiva determinazione delle funzioni antropiche ad esso più compatibile, potrebbe limitare di fatto possibili errori di valutazione legati alle scelte intraprese dai soggetti coinvolti nell'uso e nella gestione di un bene culturale; errori che se fatti nella fase di programmazione delle opere potrebbero avere, a cascata, ripercussioni sempre più gravose in quelle successive l'iter progettuale, mettendo a dura prova la conservazione stessa del bene e limitandone di fatto le proprie potenzialità.

La ricerca della "vocazionalità" dell'esistente ho scelto di affrontarla attraverso la redazione di un DPP relativo ad un edificio storico esistente (una caserma a Casale Monferrato). Le ipotesi alla base del seguente lavoro sono volte a ribadire l'importanza e la necessità di una conoscenza estesa delle condizioni di vincolo, prima di avventurarsi in ipotesi di natura operativa. In particolare, nell'ottica di una gestione virtuosa del patrimonio pubblico, ho indagato i percorsi da intraprendere per giungere ad una comprensione effettiva dei manufatti; in prima battuta svolgendo le analisi richieste dalla normativa vigente, provando poi ad integrarle con alcune verifiche tecniche proprie dei progetti definitivi (verifiche che si rifanno ai Regolamenti Edilizi, di Igiene e normative di settore). La tesi prova a verificare l'utilità di tale approccio metodologico inverso, integrando il normale iter conoscitivo relativo al consolidato iter progettuale.

Questo processo di arricchimento ha richiesto sforzi di natura diversa: conoscenza, osservazione, riflessione, verifica, conferma e riformulazione. E' stato reso possibile avviando ogni ragionamento a partire dai capisaldi normativi in materia di Lavori Pubblici, procedendo attraverso un caso studio specifico, in modo da rendere tangibili i contenuti di ciascun approfondimento. Si è

scelto di procedere per ambiti, utilizzando come base di partenza le informazioni di natura testuale, cartografica e iconografica, reperibili in archivi e biblioteche del territorio casalese e piemontese per arrivare alla comprensione vera del manufatto attraverso l'interazione diretta, spingendosi in molteplici sopralluoghi. Ruolo di grande importanza in questo lavoro è stato dato allo strumento della fotografia, come mezzo in grado di annotare in modo efficace il maggior numero di informazioni in tempi molto ristretti. Questa caratteristica di ampiezza e completezza nella registrazione dei dati visibili ha reso possibile un'analisi e una comprensione postuma, si soggettiva, ma tangibile e percepibile agli occhi di ciascun osservatore. Altre informazioni di tipo prevalentemente pratico sono pervenute dagli incontri fatti con la Soprintendenza incaricata nella gestione del bene oggetto di studio. L'analisi del costruito è avvenuta quindi, mediante la lettura e la messa in relazione di informazioni di carattere diverso, arrivando così a proporre un'integrazione al DPP, volto alla ricerca della vocazione naturale dell'edificio oggetto di studio. La natura stessa del DPP come "organismo aperto" ben si presta ad interpretazioni ed integrazioni. Esso nasce come "contenitore critico" di tutte le conoscenze che riguardano un bene culturale nel suo complesso, col fine principale di ottenere in modo chiaro un bagaglio conoscitivo esteso, fatto di contenuti di varia natura e forma, propedeutici alla fase operativa del progetto.

Il lavoro proposto è organizzato in quattro capitoli: il primo dedicato al significato del concetto di "vocazionalita" dell'esistente, il secondo dedicato all'analisi dei contenuti del DPP e della normativa vigente in materia di Lavori Pubblici, il terzo contenente l'integrazione del DPP attraverso l'analisi del caso studio proposto, il quarto contenente un metodo di stima sperimentale, speditivo, di indagine dei costi legati al grado di deterioramento complessivo.

L'esperienza della tesi triennale e l'incontro con la Città di Casale Monferrato.

Grazie al lavoro svolto in occasione della tesi triennale condotta nell'anno accademico 2011-2012 ho potuto avvicinarmi al territorio di Casale Monferrato e alla conoscenza del patrimonio edilizio storico ad esso appartenente. Dopo un incontro con l'amministrazione comunale sono venuto a conoscenza della cessione con permuta di una caserma effettuata dal Demanio dello Stato e dal Ministero dell'Interno nei confronti del Comune e ho scelto di rivolgere su questo bene ogni aspetto della mia ricerca.

Relatori: Gianfranco Cavaglià, Cristina Coscia
Tipo di pubblicazione: A stampa
Soggetti: S Scienze e Scienze Applicate > SH Fisica tecnica
U Urbanistica > UK Pianificazione urbana
Corso di laurea: Corso di laurea magistrale in Architettura Per Il Progetto Sostenibile
Classe di laurea: NON SPECIFICATO
Aziende collaboratrici: NON SPECIFICATO
URI: http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/3715
Capitoli:

Indice

Un'occasione per riflettere: il discorso di Severn Cullis-Suzuki alle Nazioni Unite, Conferenza di Rio de Janeiro del 1992

Considerazioni personali sul ruolo dell'architetto contemporaneo

Premessa sulla sostenibilità ambientale, tre paradossi italiani

Premessa al lavoro svolto

Il senso della tesi

L'esperienza della tesi triennale

CAPITOLO 1

La "vocazionalità" dell'esistente

1.1 - Il significato del termine vocazione

1.1.1 - La ricerca della vocazione dell'esistente

1.1.2 - La vocazione territoriale

1.1.3 - La vocazione dell'edificio

1.2 - La prassi ordinaria, il progetto di conoscenza dello stato di fatto

1.2.1 - L'analisi del contesto

1.2.2 - Il rilevo fotografico

1.2.3 - La ricostruzione dell'evoluzione storica

1.2.4 - Il rilievo metrico

1.2.5 - Il rilevo delle caratteristiche architettoniche e tipologiche

1.2.6 - Il rilevo delle destinazioni d'uso

1.2.7 - Il rilevo materico e delle tecnologie costruttive

1.2.8 - Il rilevo delle prestazioni residue

1.2.9 - Il rilevo dello stato di alterazione

1.3 - La prassi ordinaria: il progetto definitivo e le verifiche

1.3.1 - La metaprogettazione spaziale e funzionale

1.3.2 - L'impianto strutturale

1.3.3 - Il progetto tecnologico in relazione al contesto ambientale

1.3.4 - Il controllo della luce naturale

1.3.5 - Il controllo del comfort igrotermico

1.3.6 – Il controllo del comfort acustico

1.4 - La prassi ordinaria: la definizione degli obiettivi di indagine in relazione alle fasi di progettazione

1.4.1 - Le indagini per definire la nuova funzione

1.5 - Recupero e restauro, due concetti diversi

1.5.1 - Considerazioni generali sul recupero degli edifici riconosciuti come beni culturali

1.5.2 - La scelta della funzione in un edificio riconosciuto come bene culturale

1.6 - La ricerca della funzione più compatibile attraverso la lettura dei parametri critici

CAPITOLO 2

Il Documento Preliminare alla Progettazione nella legislazione corrente

2.1 - Esigenze del patrimonio culturale

2.2 - Il quadro normativo di riferimento in materia di Beni Culturali e Lavori pubblici

2.3 - La successione tecnico-amministrativa nelle opere pubbliche

2.4- La fase di programmazione

2.4.1 - Il Responsabile unico del procedimento

2.5 - Il Documento Preliminare alla Progettazione

2.5.1 - Contenuti

2.5.2 - Il Documento Preliminare alla progettazione per il patrimonio culturale

2.5.3 - Tipologie di intervento per immobili oggetto di tutela

2.6 - La fase di progettazione

2.6.1 - Elaborati tecnici richiesti per i vari livelli di progettazione

2.6.2 - Verifica e validazione del progetto

2.7 - La fase di affidamento

2.8 - La fase di esecuzione

2.9 - La fase di vigilanza e collaudo

2.9.1 - Piano di manutenzione e consuntivo scientifico

2.10 - Analisi critica

CAPITOLO 3

La redazione critica del Documento Preliminare alla Progettazione: il caso studio dell'ex caserma Mameli a Casale Monferrato

3.1- Proposta d'integrazione del Documento Preliminare alla Progettazione: il caso studio dell'ex caserma Mameli a Casale Monferrato

3.2 - Inquadramento storico di Casale

3.3 - Cartografia storica di Casale

3.4 - Inquadramento territoriale

3.5 - Analisi fotografica del contesto

3.6 - Beni culturali visitabili a Casale

3.7- Documenti d'archivio

3.8- Inquadramento storico dell'edificio

3.9- Evoluzione storica dell'edificio

3.10- Testimonianze storico-bibliografiche

3.11- Iconografia storica

3.12- Contenuti del PRGC

3.13 - Estratto di mappa catastale

3.14 - Foto aeree

3.15- Stato proprietario dell'immobile

3.16 - Analisi fotografica

3.17 - Analisi fotografica cronologica

3.18 - Analisi fotografica tematica

3.19 - Analisi fotografica: la "riprogettazione" dell'edificio

3.20 - Analisi fotografica dei degradi

3.21 - Particolarità

3.22 - Eidotipi e ultime funzioni riconoscibili

3.23 - Spazialità

3.24 - Infissi

3.25 - Facciate

3.26 - Elementi strutturali orizzontali interni

3.27 - Rapporti areoilluminanti

3.28 - Fattore medio di luce diurna

3.29 - Trasmissioni termiche

3.30 - Barriere architettoniche

3.31 - Soprintendenza di Novara

3.32 - Analisi del rischio sismico

3.33 - Quadro di sintesi

CAPITOLO 4

Il metodo sperimentale, speditivo, di indagine, Per il rilevamento dei costi relativi al grado di deterioramento

4.1 - Il metodo di riferimento: il metodo estimativo rapido del costo di ripristino edilizio (M.E.R.)

4.1.2 - L'esperienza di Ginevra

4.1.3 - Conoscere costi e metodi prima di agire

4.1.4 - Requisiti per il recupero degli edifici e campi di applicazione

4.1.5 - Utilità del metodo M.E.R

4.1.6 - La procedura

4..2 - Il metodo utilizzato: il metodo di indagine sperimentale, speditivo relativo al grado di deterioramento dell'edificio

4.2.1 - Le ipotesi iniziali

4.2.2- La procedura utilizzata

4.2.3 - La costruzione delle voci di costo

4.2.4 - Note per la lettura della tabella

4.2.5 - Applicazione del metodo

Conclusioni

Appendici

Appendice A - Criteri per il restauro contemporaneo compatibile

Appendice B - Normative antincendio

Appendice C - Normative per il superamento delle barriere architettoniche

Bibliografia

Bibliografia:

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G. Pansa. Poco o niente. Eravamo poveri. Torneremo poveri. Rizzoli. 2011.

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G. De Conti. Ritratto della città di Casale Monferrato. Milano. 1966.

I. Grinoglio. Casale Monferrato. Media Editrice. Vilianova Monferrato. 1983

Manuali

M. Mariani. Trattato sul consolidamento degli edifici in muratura, tomi I e II. Tipografia del genio civile. Dei.

C. Aghemo., «Luce naturale; Sistemi e componenti,» in Manuale di progettazione illuminotecnica. Mancosu Editore, Roma 2010.

Dizionari

G. Devoto, G. Oli. Dizionario Enciclopedico della lingua italiana. Edumond Le Monnier Editore. 2012

Riviste

Domus n° 979. Aprile 2014.

Tesi di laurea

V. Rossetti. Oltre la fotografia: l'immagine fotografica come strumento di analisi dell'architettura. Tesi di laurea. Rei. G. Cavaglià, corr. A.Bocco, Torino, I Facoltà di Architettura a.a. 2001-2002.

C. Rovero, V. Traili. Riqualificazione urbana a Casale Monferrato: il complesso della Caserma "Nino Bixio". Tesi di laurea. Rei. P. Castelnovi, corr. G. Sirchia, Torino, II Facoltà di Architettura a.a. 2007-2008.

Ettore Belligeri, Marcella Novella. Demanio militare e struttura urbana in Casale Monferrato nell'Ottocento e nel primo Novecento. Tesi di Laurea. Politecnico di Torino, Facoltà di Architettura, a.a. 1980-1981.

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