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Il restauro della chiesa delle figlie di Maria Ausiliatrice

Stefano Balosso

Il restauro della chiesa delle figlie di Maria Ausiliatrice.

Rel. Jean Marc Christian Tulliani . Politecnico di Torino, Corso di laurea specialistica in Architettura, 2013

Abstract:

I lavori eseguiti nella chiesa delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Torino è un esempio di come sia difficile un approccio teorico e pratico certo in tema di restauro, conservazione e talvolta pure rifacimento. Ritengo che l'esperienza avuta sia stata molto utile proprio per cogliere il confine che passa tra la teoria e la pratica e come specialmente nel restauro ogni intervento sia un caso a se stante. Che cosa s'intende infatti per restauro? Che differenza c'è tra restauro e conservazione? Quale è l'approccio corretto in situazioni come la chiesa delle suore salesiane che nel corso degli anni ha subito trasformazioni pittoriche e decorative pesantissime?

Nel corso della storia il termine restauro ha assunto significati diversi a seconda delle epoche e della cultura, mentre quello di conservazione è di introduzione più recente. Per Cesare Brandi s'intende conservazione: "Il controllo delle condizioni ambientali e dello stato di conservazione dell'opera, l'intervento sull'ambiente, la manutenzione sia del contenitore architettonico che del manufatto". Quindi gli interventi di tipo conservativo hanno come obiettivo quello "di far durare il più a lungo possibile i materiali di cui è costituito il manufatto" mentre, attualmente, gli interventi più propriamente definiti di restauro hanno come scopo "la restituzione o il miglioramento della leggibilità dell'immagine e il ristabilimento della sua unità se andata perduta".

Cesare Brandi, fondatore dell'Istituto Centrale del Restauro di Roma e direttore dello stesso dal 1939 al 1959 così scriveva: "Il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell'opera d'arte nella sua consistenza fisica e nella duplice polarità estetico - storica, in vista della sua trasmissione al futuro". Da questa definizione emerge che l'imperativo del restauro, come quello più generale della conservazione, si rivolge in primo luogo alla consistenza materiale in cui si manifesta l'immagine. Si restaura solo la materia dell'opera d'arte: tutto ciò che è necessario perché l'opera possa essere fruibile nella sua completezza in relazione al suo aspetto e alla sua struttura. Nel testo di Brandi "Teoria del restauro" viene ancora enunciato il seguente principio di restauro: "il restauro deve mirare al ristabilimento della unità potenziale dell'opera d'arte, purché ciò sia possibile senza commettere un falso artistico o un falso storico, e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell'opera d'arte nel tempo."

E' pure di comune idea degli addetti al restauro che la ricostruzione, il ripristino e la copia non siano assolutamente da effettuarsi e che l'azione principale del restauro debba essere conservativa e anche di rimozione per riportare il monumento, per quanto possibile, alla sua originalità. Quanto di queste affermazioni poteva essere in toto applicata al restauro della chiesa delle Figlie di Maria Ausiliatrice?

Chiaramente questi concetti nel mio caso erano da verificare nell'ambito di una situazione pittorica e decorativa interna della chiesa e non in senso monumentale in quanto alterazioni architettoniche erano presenti in modo minimo rispetto l'impianto progettuale reperito presso l'Archivio Storico di Torino. Vedasi successivamente l'analisi raffronto tra lo stato attuale della chiesa e il progetto iniziale.

Personalmente ritengo comunque che i tempi e gli accadimenti degli ultimi trent'anni abbiano segnato molto gli assiomi del restauro e l'idea del valore del rifacimento, della ricostruzione della copia. Una volta si parlava con orrore di ricostruire un monumento, chiesa o campanile (ad esempio le discussioni sulla ricostruzione del campanile di Piazza San Marco o il Ponte a Santa Trinità di Firenze) o di copia o ristampa di opere pittoriche, le tecniche attuali consentono perfette riproduzioni e la necessità di divulgazione, di voler veder e conoscere, ma anche di ricordare è diventata fortissima, la velocità dei cambiamenti richiede la "memoria".

Nel mio piccolo penso che il concetto di "memoria" sia diventato dominante: è la memoria storica, la memoria culturale, è la memoria di un cibo, di un racconto, di un modo di vivere, la memoria viene ora applicata su tutto, magari in modo enfatizzato, ma certamente è diventata una necessità per crescere con coscienza e consapevolezza.

A mio avviso anche questo restauro della chiesa delle Figlie di Maria Ausiliatrice ha comportato in seno alla comunità dibattiti e discussioni, proposte di vario genere prima di arrivare a decidere quale intervento perseguire.

Principalmente in questo caso si deve ricordare che la chiesa in oggetto è di uso di una comunità specifica e non è aperta a tutti, essa è nata per le suore era ed è la loro chiesa, poi con la presenza dell'istituto scolastico è utilizzata anche per le funzioni con gli allievi.

Questo non è stato il mio primo lavoro per le suore salesiane, in precedenza avevo seguito la ristrutturazione di un loro grande edificio fuori Torino che accoglie attualmente sia una piccola comunità religiosa, ma principalmente è la loro sede ricettiva per tutti i momenti di ritiro spirituale e incontri di suore e giovani a livello nazionale e internazionale. Ho imparato dal lavoro di ristrutturazione svolto con loro gomito a gomito come la comunità religiosa sia comunque un mondo e che devi rispettare e accettare le loro esigenze, modi di vivere e abitudini e sempre ricordarti che è casa loro e che loro sono gli utenti; si può suggerire, consigliare ma con attenzione.

Mi sono così avvicinato a questo cantiere di restauro con due ottiche: da un lato cercare di raggiungere il migliore risultato possibile, dall'altro dovevo ricordare che la chiesa era la loro casa, un luogo di vita e non un semplice monumento e che essa faceva parte della loro storia.

Infatti la chiesa e l'intero isolato delle Figlie di Maria Ausiliatrice racchiuso tra l'omonima piazza, Corso Regina Margherita, Via Salerno e Via Maria Ausiliatrice rappresentano l'affrancamento dai confratelli salesiani, finalmente essere comunità religiosa autonoma con la propria sede e chiesa.

Il primo corpo di fabbrica è stato edificato quasi contemporaneamente alla chiesa ed è stata una svolta importante per le suore nate sotto l'egida spirituale di Don Bosco e della loro madre fondatrice la Santa Maria Mazzarello: significava non più essere a servizio dei confratelli maschi nel vero senso della parola (lavavano, cucivano, stiravano e cucinavano per loro) ma poter avere un'attività libera, insegnare, accogliere giovani donne, andare missionarie portare il credo religioso, in sintesi evolversi come è stato sino ad oggi.

La chiesa ha avuto nel suo piccolo un percorso analogo, è nata in un modo e poi si è trasformata:

L'apparato decorativo iniziale era totalmente diverso da quello attuale.

Le pitture murali rappresentavano altre figure.

L'elezione a santo sia di Don Bosco che di Madre Mazzarello ha significato il totale cambiamento dei dipinti.

Le navate laterali sono state trasformate: una in un vero e proprio corridoio, l'altra è stata dedicata al culto della Santa Madre Mazzarello.

Il cambiamento del rito liturgico ha comportato l'inserimento di un nuovo altare rivolto verso i fedeli.

E poi tante piccole modifiche, il non uso dell'organo, l'ambone per la lettura, la presenza di un unico confessionale, l'inserimento di termosifoni per riscaldare, la necessità di lampadari, di altoparlanti ecc.

La chiesa costruita nel 1909 ha subito gran parte di queste trasformazioni tra il 1958 e il 1965.

Ma al momento di affrontare i lavori, in quanto si presentava scura, disadorna e poco accogliente anche a causa di alcune infiltrazioni, è iniziato un dibattito che è durato alcuni mesi per decidere cosa fare; come potevano le suore mostrarsi al mondo diverse, attente alle nuove generazioni e alle forme di culto attuali? Per trovare nuove idee e confrontarsi sono stati interpellati religiosi e laici particolarmente addentro alla progettazione di luoghi di culto.

Si è così parlato di:

"... potremmo modificare il presbiterio, abbassarlo e portarlo più avanti, così il sacerdote è maggiormente vicino agli astanti, così non è sopra a loro, ma sul loro stesso piano ..."

"... potremmo lasciare l'altare maggiore dov'è, ma mettere l'altare per le funzioni al centro della chiesa , oppure di lato sempre al centro e girare tutti i banchi..."

".... potremmo togliere tutto questo apparato decorativo, i finti conci, le decorazioni floreali, le cornici e avere solo uno o due colori per la navata e per le volte, così risaltano i nostri santi..."

A ricordare bene sono state dette tante cose, quando alcune di queste idee sono state velatamente e tatticamente palesate al primo funzionario della Soprintendenza ovviamente hanno trovato, se così si può dire, un freno alla fantasia.

E così è iniziato il lavoro di restauro, le indagini diagnostiche, la mappatura dei danni dovuti alle infiltrazioni, l'analisi delle pitture e quant'altro.

Oggi a lavoro finito mi chiedo però: abbiamo bloccato la storia, questa chiesa è un'opera d'arte o è invece una casa che si evolve come la famiglia che ci vive dentro e che quindi ha il diritto di adeguarla ai tempi? Dovevamo lasciare la memoria di com'era o era bene cambiare almeno qualcosa come già avevano fatto nel 1958, in fondo la chiesa era molto diversa alle sue origini e perché non potevamo anche adesso accogliere le richieste delle giovani suore? C'era qualcosa nella chiesa attuale per cui dovevamo veramente batterci per restauralo e conservarlo?

Francamente se guardo le fotografie della chiesa prima del restauro e ora mi pare che si sia realizzato un lavoro buono che ha da un lato salvaguardato le parti maggiormente significative della chiesa e nello stesso tempo ha solo leggermente svecchiato l'apparato decorativo rendendo l'insieme decisamente più gradevole e ospitale. Sono quindi contento per certi aspetti che sia così rimasta la memoria della chiesa com'era nata e trasformata per le esigenze di culto anche se come giovane posso comprendere chi chiedeva un intervento forte e innovativo con lavori veramente significativi per proseguire nel percorso di crescita. Si può ribattere che non è il vestito della chiesa che deve essere modificato, ma i contenuti, ma questi pensieri non rientrano nel mio ruolo professionale, bisogna però ricordare come oggi l'immagine abbia una funzione dominante che convoglia sovente il pensiero, gli usi e attiri sia i giovani e anche i meno giovani.

E' per questo motivo che dopo il restauro della chiesa delle Figlie di Maria Ausiliatrice mi sono convinto che ogni restauro debba essere un caso a sé e che si debba tener presente non solo l'aspetto artistico e tecnico - metodologico, ma anche il contesto storico e sociale di cui il bene fa parte.

Relatori: Jean Marc Christian Tulliani
Tipo di pubblicazione: A stampa
Soggetti: A Architettura > AE Edifici e attrezzature per il culto
G Geografia, Antropologia e Luoghi geografici > GG Piemonte
R Restauro > RA Restauro Artchitettonico
R Restauro > RB Restauro Artistico
Corso di laurea: Corso di laurea specialistica in Architettura
Classe di laurea: NON SPECIFICATO
Aziende collaboratrici: NON SPECIFICATO
URI: http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/3334
Capitoli:

Introduzione

Capitolo primo

LE ORIGINI DELLA CHIESA

Stato di fatto antecedente il restauro

Capitolo secondo

IL "MODUS OPERANDI"

Le indagini stratigrafiche e i degradi

Capitolo terzo

ANALISI DEI RESTAURI

L'altare

La navata centrale e laterale

La Via Crucis e il cartiglio

Capitolo quarto

I DIPINTI MURARI DEL PITTORE FAVARO

I dipinti del presbiterio

Le tempere

II dipinto della cantoria

Capitolo quinto

LE RESINE ACRILICHE PER IL RESTAURO

Capitolo sesto

LE VETRATE

Premessa

Il restauro delle vetrate

I processi di degrado delle vetrate

Capitolo settimo

CONCLUSIONI

Bibliografia

Allegati

Bibliografia:

Americo Corallini, Valeria Bertuzzi, Il restauro delle vetrate, Collana Arte e restauro, Firenze, Nardini Editore, 1994

Cesare Brandi, Teoria del Restauro, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2000

Cesare Chirici, Il problema del restauro: dal Rinascimento all'età contemporanea, Casa Editrice Ceschina, 1971

Enrico Castelnuovo, Vetrate medievali Officine tecniche maestri, Torino, Giulio Einaudi editore, 1994 e 2007

Ezio Martuscelli, Chimica macromolecolare applicata alla conservazione dei manufatti lapidei, Firenze, Edizioni Paideia

Fabio Carria, La conservazione delle facciate, Materiali e tecniche per il recupero, Editore Tecniche Nuove, 2004

Giantonio Mecozzi, Vetrate: arte e restauro: dal trattato di Antonia da Pisa alle nuove tecnologie di restauro, Milano, Silvana Editore s.p.a., 1991

Umberto Baldini, Teoria del restauro e unità di metodologia, Firenze, Nardini Editore, 1978

Xenia Muratova, Storia universale dell'arte, L'Alto Medioevo, Utet, 2002

Sitografia

http://attivitarecupero.altervista.org/materiale%20didattico/chimica/I%20Leganti.pdf

http://it.wikipedia.org/wiki/Polimeri

http://lem.ch.unito.it/didattica/infochimica/2010 Resine Acriliche/frame a.html

http://www.icvbc.cnr.it/bivi/conservazione/frsalvaguardia.htm

http://www.inforestauro.org/manuale-della-tempera.html

http://www.labottegadelpittore.it/tempera.pdf

http://www.sinopiarestauro.it/Home.asp

http://www.studiofenicevetrate.com/index.php

http://www.studioformeroma.it/ImgApparati/vetrate restauro/vetrateRestauro.asp?pagina=Degrado02

http://www.whatischemistry.unina.it/it/magracrylic.html

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