polito.it
Politecnico di Torino (logo)

R_pavilion: form finding and digital fabrication

Fabio Ullasci

R_pavilion: form finding and digital fabrication.

Rel. Pierre Alain Croset, Caterina Tiazzoldi. Politecnico di Torino, Corso di laurea specialistica in Architettura (Costruzione), 2012

Questa è la versione più aggiornata di questo documento.

Abstract:

La ricerca che ha portato alla realizzazione del R_pavilion,viene qui presentata in un testo,che oltre a mostrare e dimostrare i risultati ottenuti attraverso studi, argomentazioni e rielaborazioni, è strutturata al fine di descriverne l'iter ideativo-creativo e progettuale, in modo da rendere di evidente chiarezza e di immediata leggibilità il tema trattato con i suoi sviluppi e ampliamenti di trattazione.

L'obiettivo primo dello studio è:"la ricerca della forma,attraverso la morfogenesi fisica di strutture presenti in natura, applicata nello spazio digitale a una geometria generica e di conseguenza la sua fabbricazione attraverso macchine a controllo numerico". L'approccio preliminare e teorico al progetto a reso necessario un excursus sull'influenza della matematica, intesa come applicazione di algoritmi generativi attraverso i linguaggi utilizzati dai software,e la loro esecuzione per generare le geometrie nello spazio digitale. La via per studiare e porre in essere questo progetto d'architettura, ha imposto l'imperativo di approfondire le ipotesi e gli studi di altre scienze e discipline,che nel corso del XX secolo hanno posto le basi teoriche per potere realizzare le architetture sperimentali contemporanee. Un apporto importante deriva dalle teorie e ipotesi formulate dall'illustre pensatore, e biologo D'Arcy Thompson che ci ha fornito gli strumenti e le metodologie di ricerca per effettuare una ricerca morfologica, applicabile agli organismi naturali ma che può essere agevolmente utilizzata anche su elementi inorganici, come odiernamente accade nella scienza biomimetica. Frei Otto, assieme al biologo J.G.Helmcke, basandosi sulle teorie di D'Arcy Thompson,nel suo "Creazione e forma", hanno teorizzato la tecnica del form findig, applicabile alla scienza architettonica. la quale è stata utilizzata per progettare il manufatto architettonico oggetto di questa trattazione. Essa è odiernamente studiata, e applicata in ambienti multi parametrici dai progettisti contemporanei. Dopo avere acquisito gli strumenti teorici,sono stati analizzati per mezzo della morfologia e della topologia, le strutture scheletriche dei radiolari;microscopici organismi caratterizzati da proprietà di auto organizzazione dei propri gusci rigidi che presentano notevoli ambiti di interesse per le loro strutture leggere, per il loro meccanismo di generazione, per la connettività fra gli elementi che le costituiscono la cui evoluzione risente delle variazioni ambientali ed è dettata da regole naturali edotte, e trasposte per analogia al progetto. La sintesi di tutti gli elementi di ricerca sopracitati è rappresentata dal R-pavilion, realizzato per mezzo della computazione dei dati derivanti dalle regole topologiche e morfologiche, dei micro organismi, ricavati dall'analisi e ricerca svolta preliminarmente all'ideazione del progetto, attraverso la scrittura di algoritmi generativi applicati su una forma generica, capaci di gestire il fluire dei dati e trasporli a una forma generica concepita nello spazio digitale,utilizzando la tecnica del form finding. La tipologia architettonica, che si è mostrata adatta a rappresentare questo progetto di ricerca sperimentale, è il padiglione; inteso come un esperienza architettonica.

Il rapporto tra Arte, Architettura, tecnologie, trova, nel Padiglione Espositivo, il suo più alto momento di esplicitazione, essi hanno sempre espresso lo spirito del loro tempo. R_pavilion,con la sua forma,i molteplici accessi e punti di visuale, diventa architettura aperta, capace di rispecchiare la condizione polivalente,della concezione del progetto architettonico contemporaneo. Diventa, quindi,"un'architettura che porta sempre dietro se un'arte architettonica." La sua importanza sta, infatti, nel suo carattere effimero e, in quanto tale, nelle sue possibilità sperimentative, ma soprattutto nella capacità di descrivere "ricerche compositive che mirano a comprendere in sé una totalità ambientale e architettonica - a realizzare uno spazio - e pratiche architettoniche concentrate sulla rigorosa definizione di processo generativo dello spazio." Il Padiglione si mostra, così, come un sistema produttore di un'esperienza conoscitiva. Il rapporto con l'opera architettonica permette, architettonicamente parlando, una riflessione sulla percezione dell'edificio, fisica e psicologica, e consente di vivere lo spazio come un'esperienza totale e pluri sensoriale.

L'edificazione di un padiglione,è sempre stata connotata da uno stretto rapporto con la storia sociale e culturale del contesto in cui sono stati costruiti, i padiglioni nascono come tipologia, secondo la connotazione moderna, nell'Ottocento. Catalizzatore dell'euforia tecnologica", il Crystal Palace della Great Exhibition di Londra del 1851 "avvia un processo di seduzione delle folle dei visitatori e di spettacolarizzazione dei nuovi rituali sopranazionali del consumo merceologico, in una strategia di programmatica enfatizzazione delle nuove conquiste della tecnica." Con questo scopo fu pensata anche la Galene des Machines costruita ad opera di Victor Contamin a Parigi nel 1895 o l'Exposition du siede del 1900 in cui si mostravano le nuove invenzioni di ingranaggi meccanici destinati alle infrastrutture. Proponendo un estremo tecnicismo e un utilizzo dell'arte quale mezzo di scambio, queste architetture erano tutte accomunate da una sottesa sensazione di mancanza di misura spaziale. Il secolo nuovo si apre, invece, con la tendenza, forse volutamente opposta, di restituire al progettista il suo ruolo principale di demiurgo della materia e di ristabilire un'identità tra arte e realtà. Esempio emblematico di questo nuovo modo di operare è la realizzazione del Kunstlerkolonie a Darmstadt nel 1901, su iniziativa del granduca Ernst Ludwig von Hessen e su progetto di Joseph Maria Olbricht. Inteso come una sorta di unico recinto espositivo in cui le abitazioni fungono da padiglioni, gli artisti riuniti sviluppano la "nuova arte"-, rifiutando, però, punti d'incontro con la vita esterna. Dal punto di vista architettonico,poi, si esplicita un'atmosfera latente di lirismo individualista: gli edifici sono costruiti senza alcun rapporto planimetrico tra di loro e senza una vera essenza spaziale. Completamente diverso per concetti fondativi e per caratteristiche costruttive è il Padiglione AEG presentato da Peter Behrens alla Deutsche Schiffbauaussteliung di Berlino del 1908. Membro del Werkbund e progettista nella Kunstlerkolonie.Behrens nel progetto si riferì al tempio classico con il duplice scopo di riprenderne la struttura tettonica (costruisce una pianta ottagonale sovrastata da una lanterna che illuminava gli oggetti esposti) e di denunciare, restituendone il significato simbolico, l'importanza dell'industria come unico ritmo vitale della società moderna, come ordine, e quindi classicità. Se per Behrens riprendere le forme della classicità voleva dire riprenderne la sua volontà normativa, nell'Esposizione del Werkbund di Colonia del 1914, il Padiglione di Vetro di BrunoTaut si ispira ad un concetto di classico come espressa volontà di forma (Kunstwollen). Alla struttura esternamente classica, formata da un basamento di cemento, da un tamburo di quattordici lati e da una cupola puntata, costituita da una rete a maglie romboidali di sottili nervature in cemento e doppio tamponamento di vetro, si contrappone una struttura internamente simbolica. "Per innalzare la nostra cultura ad un livello superiore siamo obbligati, che ci piaccia o no, a trasformare la nostra architettura. E ciò sarà possibile soltanto se libereremo i locali nei quali viviamo dal loro carattere di spazio chiuso. Tuttavia possiamo fare ciò soltanto introducendo una architettura di vetro, che lasci entrare la luce del sole, della luna e delle stelle nelle stanze, non soltanto attraverso scarse finestre, ma attraverso il maggior numero possibile di pareti, costituite interamente di vetro, di vetro colorato."

II vetro, trasfigurandone i suoi valori, diventa espressione di purezza, armonia e bellezza. Superfici pure e nello stesso tempo dinamiche caratterizzarono anche la ricerca architettonica dei Vkhutemas, che, però,interessandosi particolarmente alla percezione della forma, costruivano con volumi semplici composti in progressione geometrica. All'Exposition des Arts Decoratifs, organizzata a Parigi nel 1925, il Padiglione dell'URSS di Konstantin Mel'nikov sintetizzò chiaramente i concetti chiave dell'architettura sovietica e le nuove tendenze nel campo dei padiglioni:chiarezza delle forme, evidenza del processo compositivo,evidente nella funzione della scala e nel taglio in diagonale che,dividendo il percorso, drammatizza lo spazio, e nella funzione dinamica espressa da una serie di pannelli inclinati e incrociati che creano un percorso guidato per il visitatore. Alla stessa Esposizione anche Le Corbusier presenta il suo padiglione, il cosiddetto Padiglione dell'Esprit Nouveau, sintesi formale e simbolica delle nuove tendenze architettoniche e culturali dell'epoca.

La pianta, che insiste su un rettangolo sollevato da terra, presenta gli spazi in una sorta di lettura contemporanea degli elementi, in cui la scala ha lo stesso valore di un ambiente,il giardino pensile di un vuoto. In questa maniera si cerca di negare l'arte decorativa, che l'esposizione esaltava, dimostrando, di contro, l'esistenza dell'architettura e l'importanza del suo fare poetico in ogni suo aspetto, dal più piccolo particolare alla città. L'industria è, di questo sistema, la massima esponente, perché con i suoi mezzi tecnici riesce a produrre oggetti, se pur in serie, di estrema purezza e linearità. Nascono, perciò, le attrezzature da casa, che, contrapposte agli elementi di arredo, costruiscono proprio gli interni. In questa maniera la casa, come una machine a habiter, soddisfa i bisogni medi di un "uomo di serie".

"Il padiglione come tipologia diviene luogo dell'arte, in quanto emblema del potere sociale, e luogo simbolico dello spazio,perché consente, attraverso la scelta dei materiali e la composizione strutturale, di entrare nell'architettura e viverla come espressione di arte totale." Vivere la realtà equivale anche a muoversi dentro. Nel Padiglione del libro per le case editrici Bestetti-Terminelli e Treves,alla III Biennale di Monza del 1927, Fortunato Depero estrae dalla costruzione parallelepipedi, fasci tubolari, volumi di lettere dell'alfabeto creando tramite questi le facciate ed il blocco del tetto. Il padiglione diventa una scultura che denuncia un preciso scopo pubblicitario, un segno tridimensionale strategicamente comunicativo, un'architettura tipografica in cui manca il benché minimo rapporto con io spazio architettonico. Attraversare lo spazio e percepirne la misura è caratteristica fondante, invece, del Padiglione tedesco per l'Esposizione Internazionale di Architettura di Barcellona di Mies van der Rohe del 1929. L'opera manifesto dell'architettura di Mies sintetizza, a livelli differenti, l'influenza del dictat di Berlage "niente dovrebbe essere realizzato che non sia costruito con chiarezza",l'esperienza di Wright filtrata dal De Stjil ( si veda il dipinto di Theo van Doesburg, Ritmi di una danza russa del 1917) e gli insegnamenti del Suprematismo russo( si veda Pianeti futuri per gli abitanti della terra di Malevich del 1924).Lo schema a pianta libera consente di strutturare l'edificio con estrema semplicità intorno ad otto pilastri cruciformi, disposti secondo particolari sistemi di proporzionamento dinamico a sostegno del tetto, e, nello stesso tempo, di costruire volumetricamente superfici illusone. I piani di marmo verde lucidato riflettono la sommità degli infissi che sostengono schermi di vetro verde ad essi speculari; la superficie dell'acqua della piscina, circondata dal travertino, deforma l'immagine dell'edificio; all'interno, una piscina rivestita di marmo nero riflette l'immagine delta Danzatrice di Georg Kolbe. Il padiglione si manifesta come archetipo dell'arte di costruire;diventa capanna, riparo dell'uomo moderno che cerca di non isolarsi, ma, attratto dal mondo esterno, vive lo spazio come una sensazione cristallizzata, ma fluida. La purezza scompone e rimodella un'architettura classica, dimostrando oggettività e attualità di approccio tipologico alla pratica architettonica. Dopo la Seconda Guerra Mondiale "il rapporto tra l'architettura e le altre arti continua ad occupare una posizione importante nel dibattito... Ancora una volta le manifestazioni espositive costituiscono luoghi privilegiati per sperimentare tale intreccio"

Il Padiglione non ha riconosciuta universalmente una funzione peculiare e, di conseguenza, una forma specifica. E' luogo di sperimentazione, di ricerca, in cui ci si cimenta cercando di esprimere concetti funzionali ad una particolare idea o circostanza.; mostra nella sua costruzione il suo fine ultimo; diventa, quindi, mezzo, per esplicitare una scopo, una funzione, un'immagine. E, per far questo, si relaziona sempre più con gli altri campi dell'arte.

Il Gruppo BBPR, composto da Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto Nathan Rogers) con Saul Steinberg e Alexander Calder, progetta nel Parco del Palazzo dell'Arte, in occasione della X Triennale di Milano del 1954 il Labirinto dei Ragazzi, con l'obiettivo, meramente didattico, di relazionare immediatamente l'arte al pubblico.

Di promenade sculturale si parla quando si analizza il Padiglione Brera di Luciano Baldassari esposto alla XXX Fiera Internazionale di Milano del 1952. L'architettura perde la sua connotazione esclusivamente tettonica e si avventura nel luogo della scultura. Qui gli spazi diventano scenografia e i protagonisti diventano gli spettatori che, grazie a passerelle aeree, percorrono e attraversano solidi geometrici e superfici rotanti. Il concetto di movimento,prettamente teatrale, permette all'uomo di vivere un'esperienza reale e totale nello spazio e attraverso lo spazio. Il rapporto tra architettura e musica, i Expo di Bruxelles invece, diventa liet motiv del Padiglione Philips, costruito per I’ del 1958, con lannis Xenakis, Edgar Varese, Philippe Agpostini, Jean Petit. Per capire il padiglione e il suo posto nell'evoluzione verso un'architettura nuovo, come esso afferma e sviluppa, occorre situarlo nel suo contesto storico. Secondo Le Corbusier l' architettura antica non era una manifestazione veramente spaziale, ma si basava su due dimensioni, come dimostrano le figure piane quadrate, rettangolari trapezoidali e circolari che caratterizzavano le case, le chiese, i teatri. La penetrazione nella terza dimensione avveniva solo per traslazione parallela, ossia seguendo la direzione verticale. La terza dimensione, quindi, diventava omeomorfa al piano e semplicemente fittizia. I gruppi di traslazione, che cosi si determinavano, potevano poi essere rettilinei, se dominati dalla retta e dal piano, o circolari, se costruiti su cerchi, cilindri, archi e volte.

“Il pensiero architettonico moderno che appartiene al gruppo di traslazione ha formato il pensiero tecnico in modo cosi rigoroso che ancora nella scorsa generazione tutta la teoria dell'elasticità e della resistenza dei materiali si accaniva soprattutto sulle travi e sui pilastri.”

Con l'invenzione del cemento armato, la sua caratteristica di continuità permette di costruire gusci e vele sottili. L'architettura di traslazione cede il passo ad un'architettura realmente a tre dimensioni, che descriverà il gruppo volumetrico. Il padiglione Philips nasce senza nessun particolare scopo, se non quello di dimostrare arditamente gli effetti del suono e della luce, inducendo, tramite il progresso tecnico, lo spettatore a percorrerlo. In quest'ottica. Le Corbusier immaginò all'inizio un padiglione con una forma cava realizzata in ferro cemento per una capienza di seicento-settecento persone e sospesa a un'impalcatura metallica che comporta un tetto-riparo. La forma era costituita da superfici piane per le proiezioni filmate e da superfici curve, concave e convesse per le proiezioni di colore. Un pozzo aereo poi permetteva di prolungare la forma per consentire che immagini in lontananza appaiano e scompaiano per creare un'impressione di profondità di volumi. Il secondo progetto, invece, celebra l'unione tra plastica e strumenti matematici come solida dimostrazione della complementarietà delle facoltà umane." Due minuti di intervallo e otto di spettacolo. Prima decisione: il contenente sarà una specie di stomaco con un'entrate e un'uscita diverse per cinquecento persone. Seconda decisione: siccome il pubblico sta in piedi e guarda in avanti occorrono due pareti concave quasi verticali che permettano agli spettatori di vedere al di sopra della testa dei vicini. In un primo tempo avevamo pensato di costruire una bottiglia in staff sospesa a una armatura tubolare. Ma Xenakis, incaricato del progetto,abbandona presto il gesso. Xenakis che conosceva bene Bernard Lafaille, dopo aver preso in considerazione il legno e il cemento, si orienterà verso le superfici incurvate autoportanti. Fatti i disegni tridimensionali Xenakis costruisca un primo modello in fil di ferro e filo per cucire. Poi un secondo modello che riveste con carta da sigarette."Il padiglione Philips si inserisce con la sua architettura in un andamento plastico nuovo, ma soprattutto ha dato modo discoprire un mezzo originale e generale di messa in opera senza casseratura di superfici così difficili; un mezzo che realizzando una simile opera, congegnata in ogni punto in modo originale,appartiene a una nuova architettura rivoluzionaria, l'architettura volumetrica. Il sistema di riferimento del corpo umano non è più l'angolo retto e le superfici piane, orizzontali e verticali. La sua sensibilità si plasma attraverso uno spazio curvo. La sensazione del Padiglione non permette di riflettere sulla geometria ma si subisce l'influenza delle sue curvature, rigorosamente plasmate. E tale rigore di una legge astratta di comportamento dei volumi è immediatamente percepibile. Negli ultimi decenni i padiglioni espositivi estremizzano il loro carattere mutevole. Nell’intervento al Convegno Internazionale a cura dell'Accademia di San Luca e della Triennale a Milano il 22 ottobre 2002, Vittorio Gregotti riflette sulla possibile perdita di genuinità della forma, che invece di adatta a esigenze culturali e, molte volte,pubblicitarie. Preoccupato di questa degenerazione del fare architettura, propone di ritornare ad una architettura plasmata sulle idee degli architetti stessi. Recuperare "la sostanza delle cose sperate", mantenendo inalterato il "contenuto centrale dell'azione architettonica al fine di utilizzare le sue specificità per muovere dal loro centro verso il dialogo con le cose del mondo: compreso l'invasivo e perverso ma essenziale mondo visuale." Franco Purini, invece, nello stesso ambito, ritiene gli spazi dell'arte come "contenitori che esprimono sostanzialmente nell'involucro le loro risorse architettoniche". Questi diventano apparizioni urbane, edifici/logo dalla particolare violenza visiva, in cui una serie di funzioni si incrociano e si attraversano quasi a costruire una scenografia. Sicuramente paradigma di questa condizione dell'architettura è il Guggenheim Museum di Bilbao in Spagna, progettato, tra il 1991 e il 1997, da Frank Gehry. La costruzione, con una superficie di 24000 mq di spazi espositivi, è composta in pianta da ventisette elementi a forma di petali, attorcigliati sul nucleo centrale dell'atrio d'ingresso, mentre in alzato una struttura portante in acciaio asseconda le curve di livello e si nasconde,esternamente, dietro una luccicante pellicola di titanio. Organismo vivente virtuale, ha portato con sé, nella composizione progettuale dell'idea, quanto nella sua manifestazione, il dinamismo della cultura futurista, l'energia vitale con cui la pittura cubista scomponeva lo spazio tridimensionale, inquadrandolo in una particolare molteplicità di punti di vista, la smaterializzazione dell'oggetto architettonico così come operata dalle forme plastiche e curvilinee dell'espressionismo architettonico sino alle più contemporanee deformazioni fluide della materia. Negli stessi anni viene costruito a Cracovia il Padiglione espositivo per l'arte e la tecnologia giapponese a firma di Arata Isozaki. Anche qui il rapporto-conflitto con il contesto urbano si risolve con deformazioni geometriche della struttura. Il carattere "manieristico" dell'opera, come Isozaki stesso definisce, si evidenzia nelle pareti ondulate, che descrivono i prospetti, contrapposte a setti in mattoni pieni su cui si poggia la copertura. Questa è plasticamente concepita generata da un complesso incrocio di travi lignee i cui moduli di resistenza devono essere stati sollecitati sino all'esasperazione permettendo l'apertura di due ampi lucernari lungo la trave di colmo centrale. Alla preoccupazione, manifestata da Gregotti, che l'eccessivo tecnicismo e la volontà propagandistica catturi l'architettura impedendole di manifestare la sua capacità, libera da costrizioni,demiurgica, i due padiglioni di Gehry ed Isozaki rispondono mostrando come il grande controllo della tecnica e della rappresentazione possa divenire manifestazione delle sue potenzialità non solo costruttive, ma soprattutto creative; giocare con la tecnologia e con il suo strumento esplicativo, la tecnica, vuoi dire progettare, plasmare, configurare. Significa fare architettura Stessa sensazione si percepisce di fronte al padiglione svizzero all'Expò di Hannover del 2000 di Peter Zumthor. La struttura, mantenuta dalla pressione e dall'attrito di cavi in tensione e molle d'acciaio, costruisce un labirinto che interagisce con i visitatori emanando profumi, suoni e luci. Cosi ideato il padiglione diventa Performance - Installazione e, come dice lo stesso titolo dell'opera, "Corpo sonoro".Altrettanto suggestivo è il titolo dell'architettura con la quale si chiude questo percorso conoscitivo tra i padiglioni del XX secolo. "Spazio contro oggetto" è il progetto vincitore del Centro contemporaneo delle Arti a Roma del 2002. Seguendo i suggerimenti degli spazi espositivi costruiti negli ultimi anni, Zaha Hadid presenta un'architettura fluida, dinamica ed asimmetrica, insieme di forze centripete centrifughe, che sconvolge le tradizionali nozioni di interno ed esterno e ridisegna un pezzo di città, proponendo un nuovo modo di concepire lo spazio e la sua fruizione, interamente concepito in cemento e vetro l'organismo architettonico è definito dalle grandi masse murarie delle pareti che solcando il suolo producono un volume morbido ed instabile, come svincolato dalle leggi di gravità. Tre gli elementi compositivi: il sistema delle pareti continue e fluenti che danno forma alle suites espositive, il complesso meccanismo delle coperture diafane e trasparenti che permettono l'uso zenitale della luce, le grandi cavità a tutt'altezza che dividono e distribuiscono gli ambienti. Si costruisce così uno spazio neutro, che tende a dilatarsi e ad avvolgersi nello stesso momento. "E' in questo modo che l'architettura compie la messa in scena dell'arte", in cui l'opera è come la ricomposizione dell'esperienza dello spettatore che liberamente dialoga con il manufatto e con l'ambiente. Questo breve excursus sulla tipologia architettonica, vuole dimostrare come il sentire di un'epoca possa essere trasposto allo spazio architettonico. E' ora ovvio,capire la scelta tipologica, in grado di porre in essere la ricerca morfologica e topologica,svolta sui radiolari,e posta in essere attraverso tecniche algoritmiche e infine prodotta grazie a macchine e tecnologie Cam. Questi elementi eterogenei vengono controllati e utilizzati nella composizione architettonica, perché tradotti in dati, i quali vengono computati,e utilizzati come input e output nella progettazione generativa algoritmica,che in un processo multi parametrico permette di raggiungere gli obiettivi di progetto.

L'architettura contemporanea dell'era del post blog è diventata via via più complessa. Il disegno architettonico e oramai coinvolto nel potenziale della computazione algoritmica delle geometrie con gerarchie multiple in un alto livello di complessità.

"Mi pare che ci siano anche molti casi in cui gli algoritmi hanno prodotto la più vasta delle varietà. Il mondo stesso, per quello che ne so, è il risultato di un immenso e ricchissimo processo algoritmico" , dice a tal proposito Marcos Novak, architetto che costruisce le sue opere attraverso algoritmi informatici concepiti all'origine per comporre partiture musicali in modo da rendere i suoi lavori come strutture fluido leviataniche che intonano delle melodie controllate dai movimenti di chi percorre quegli spazi."Il nostro mondo sembra essere costruito su un'infinita alternanza di regolarità e libertà. Ci sono regole dappertutto,ma potrebbe anche trattarsi di attributi accidentali, di patterà che si adattano ad altri pattern per puro caso. Le categorie in cui ci imbattiamo sono fenomeni emergenti, come noi stessi. Noi siamo al tempo stesso macchine da trasgressione e automi preordinati. Mentre il mondo fisico procede per iati (quelli che Lucrezio chiamava clinamen), noi stabiliamo qualcosa di equivalente alla trasgressione attraverso un'associazione poetica (e con questo intento generativa) di elementi dissimili. Mettiamo insieme ciò che non avrebbe dovuto stare insieme, e poi costruiamo ponti di plausibilità che colleghino ciò che è sconnesso", creiamo, perciò, regole.

E' necessario sviluppare una consapevolezza delle tecniche esistenti, del le proprietà dei materiali delle risorse e delle tecnologie disponibili per convenire la materia digitale, in un oggetto architettonico. L'algoritmo deve essere progettato tenendo conto di queste caratteristiche. Una forma accattivante richiede un forte sforzo concettuale,creativo e pragmatico per poter essere realizzata l’oggetto reale dovrà ingaggiare la battaglia con la gravita con gli agenti atmosferici con l'ergonomia ecc... La consapevolezza si rende necessaria perché oggi come nelle epoche precedenti ci troviamo di fronte ai limiti della materia, ai limiti dei nostri stessi modelli strutturali, matematici, tecnologici, alle tecniche di realizzazione, alle risorse economiche. Progetti di questo tipo rendono necessaria una ricerca continuar una consapevolezza di quanto sopradetto. Sono già state fatte molteplici sperimentazioni in campo architettonico,dove con i nuovi software generativi è possibile generare strutture per analogia morfologica con questi straordinari micro organismi. Questa fase preliminare costituisce il know how sulla maniera di scegliere e utilizzare i materiali adatti per realizzare il progetto,per essere consapevoli nella fase dell'ideazione architettonica di come utilizzare al meglio il software,e i materiali a affinché i problemi legati alle geometrie, ai limiti della statica e dei materiali applicati a una forma complessa possano essere semplicemente sintetizzati attraverso l'algoritmo generativo di progetto. Lo scopo di tutto ciò è riuscire a ottenere un'espressione architettonica,che esprima la complessità della forma, propria del nostro tempo, ma allo stesso tempo realizzata costituita con una tecnica costruttiva semplice, facilmente intuibile dall'osservatore ,ma costituita da regole compositive rigorose, semplificate e realizzate grazie all'utilizzo della tecnologia e dei macchinari a nostra disposizione. L'iterazione fra l'utenza è il manufatto stesso fa si che questo stato dell'arte architettonica, si a percepibile dall'osservatore coinvolto in una esperienza pluri sensoriale, in cui il padiglione stesso offre un'immagine rappresentativa dell'iter progettuale.

Relatori: Pierre Alain Croset, Caterina Tiazzoldi
Tipo di pubblicazione: A stampa
Soggetti: A Architettura > AO Progettazione
Corso di laurea: Corso di laurea specialistica in Architettura (Costruzione)
Classe di laurea: NON SPECIFICATO
Aziende collaboratrici: Vectorealism | Factory and pick-up point - Via Carlo Boncompagni, 57, 20139 Milano (MI) - https://www.vectorealism.com/
URI: http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/2743
Capitoli:

Premessa metodologica

1. Morfogenesi del micro organismo

- Una linea di ricerca imparando dai Radiolari

- Il processo di generazione della forma

- Analisi geometrica e topologica

2. Morfogenesi dell'algoritmo generativo

- La computazione

- la metodologia

- L'algoritmo

3.Digital fabrication

- Le tecniche di produzione

- Prlototyping

- L'assemblaggio

4. Considerazioni

Bibliografia

Bibliografia:

Pubblicazioni:

- Portmann, Helmut and Asperl, Andreas and Hoffer, Michael and Kilian, Axel;

"Architectural Geometry", Bentley Institute Press, Eaton, 2007.

- De Berg, Mark and Van Kreveld.Marc and Overmars, Marc and Schwarzkopf, Otfried;

"Computational Geometry, Algorithms and Application" Second Edition, Springer, Germany, 2000.

- D'Arcy Thompson, “On Growth and Form”, Sixth printing. Cambridge University Press, UK, 2004.

- Hensel, Michael and Menges, Achim; "Morpho Ecologies", Architectural Associations, London, 2008.

- Nerdinger, Winfried and Otto Frei; "Lightweight constructions-Natural Design", Birkhäuser, Basel, 2005.

- Otto, Frei and Rasch, Bodo; "Finding Form", Editions Axel Menges, Deutscher Werkbund Bayern, 1995.

- Otto Frei; "Tensile Structures, Volume one: Pneumatics Structures", The Mit press, Cambridge, Massachussets and London, England,1972.

- Hensel, Michael and Menges, Achim and Weinstock;"Techniques and Tecnologies in Morphogenetic Design", Architectural Design (AD) Journal of Architectures, Michael Editors, Wiley Accademy, London, 2008.

- Hensel, Michael and Menges, Achim and Weinstock;"Versatility and Vicissitude", Architectural Design (AD) Journal of Architectures, Michael Editors, Wiley Accademy, London,2008.

- Zubin M. Khabazi; "Generative Algorithms(using grasshopper)" on line pubblication by www.Grasshopper3d.com,2010. listed at: www.morphogenesism.com under Grasshopper tutorial page.

Siti internet:

http://www.designexplorer.net/designtooling

http://www.morphographics.com

http://www.radiolaria.org

http://www.microscopy-uk.org.uk

http://www.michael-hansmayer.com/projects/project4.html

http://www.wolframscience.com

Modifica (riservato agli operatori) Modifica (riservato agli operatori)