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La tutela degli acquiferi: analisi, casi studio e proposta normativa.

Chiara Favaron

La tutela degli acquiferi: analisi, casi studio e proposta normativa.

Rel. Carlo Alberto Barbieri, Marina De Maio. Politecnico di Torino, Corso di laurea specialistica in Pianificazione Territoriale, Urbanistica E Ambientale, 2008

Abstract:

PREMESSA

La multisciplinarità, o per meglio dire l'approccio olistico, si pone alla base delle operazioni diagnostiche evalutative lavoro per i processi di trasformazione. Proprio partendo da tale concetto, uno degli obiettivi in questo lavoro è stato quello di dimostrare la reale possibilità di creare sinergia tra discipline che apparente- mente viaggiano in due binari diversi tra loro: l'idrogeologia e la parte di pianificazione del territorio spesso lasciata in secondo piano nelle fasi diagnostiche dei processi di trasformazione territoriale. Da qui il titolo della tesi: "La tutela degli acquiferi: analisi, casi studio proposte normative." Questo titolo nasce da un'esigenza di mettere in luce l'elemento "acqua", scarsamente preso in considerazione, e perciò scarsamente tutelato dalla pianificazione nazionale, come già accaduto per le aree verdi in passato. il tema della tutela degli acquiferi è invece ampliamente preso in considerazione a livello comunitario: del 2000 è l'approvazione della Legge Quadro per la protezione e la gestione delle acque, la Direttiva 2000/60/CE. La Direttiva ha come obiettivo quello di fissare un quadro comunitario per la protezione delle acque superficiali interne, delle acque di transizione delle acque costiere e sotterranee, che assicurano la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento, che agevoli l'utilizzo idrico sostenibile, protegga l'ambiente, migliori le condizioni degli ecosistemi acquatici e mitighi gli effetti delle inondazioni e della siccità.

Per raggiungere gli obiettivi previsti dalla sopra citata Direttiva da parte di ogni Stato membro si sono definiti dei gap, della durata pluriennale, fino ad arrivare all'obiettivo prestabilito, nel 2015 attraverso la dichiarazione di raggiungimento di buono stato di salute delle acque. Sarà cura di questo lavoro studiare ampliamente i risultati raggiunti dal nostro paese. Si può quindi anticipare, che dal momento della pubblicazione della Direttiva a più livelli è stata riconosciuta la "somiglianza" dell'impostazione della Water Framework Directive con l'impianto del quadro normativo nazionale. In particolare, la Legge 183/89, con l'approccio basato sul bacino idrografico, la Legge 36/94 ed il D.lgs 152/99 per altri aspetti, potevano considerarsi delle buone basi per sviluppare il progetto della Water Framework Directive. Ma questo è solo l'ultimo tassello di un complicato mosaico legislativo: infatti, prima della legge del 1999 non esisteva in Italia una legge unica che affronti organicamente il problema della protezione dell'ambiente. La nostra stessa Costituzione solo nell'art. 9 afferma, in modo riduttivo, come principio fondamentale per la Repubblica "la tutela del paesaggio, del patrimonio storico ed artistico della Nazione". Solo nel 1976 la legge Merli (319/76) definisce l'ambiente "una risorsa naturale *che deve essere tutelata e conservata nell'interesse della collettività". Tale legge ha inoltre introdotto l'obbligo di depurare le acque utilizzate per il processo industriale (scarichi di ogni tipo).

Da ciò scaturisce l'obbligo delle Regioni di elaborare Piani di risanamento delle acque e garantire la tutela delle falde acquifere, quello delle Province nel censire e controllare gli scarichi (anche sotterranei), ed infine la responsabilità dei Comuni, anche attraverso Consorzi, di gestire servizi pubblici di acquedotti e fognature. Nonostante ciò, la pianificazione degli acquiferi non ha ancora raggiunto il necessario grado di risalto per essere presente come voce costante all'interno delle agende politiche locali e sovra locali: effettivamente ad oggi la "risorsa acqua" e la sua pianificazione, vengono viste come "certificato" da ottenere per ottemperare alle richieste legislative, che come elemento strutturante da monitorare ex-post, ex-ante ed in itinere nella pianificazione. Tale questione è messa a fuoco e sviluppata nel caso studio. Con l'ausilio delle competenze riguardanti il territorio della Regione Veneto della Dott.ssa Marina Aurighi, è stata individuata un'area idrologicamente interessante ed allo stesso tempo fortemente compromessa da una forte contaminazione in falda di cromo esavalente, in modo tale da poter applicare le analisi di tipo idrogeologico ed ottenere risultati interessanti. In un secondo tempo, alla luce delle conclusioni delle analisi idrogeologiche, si è analizzato il territorio dal punto di vita normativo, arrivando poi alle conclusioni. Lo sviluppo del lavoro è quindi essenzialmente articolato in quattro fasi di seguito descritte. La prima fase, scorre in modo sintetico le cognizioni essenziali sull'idrogeologia, sull'inquinamento, per poi valutare l'aspetto dal punto di vista economico analizzando "The Water Framework Directive", dal punto di vista sociologico e legislativo, anticipando brevemente in quale modo l'Italia abbia recepito la normativa europea. Scopo di questa prima parte è quindi fornire gli elementi nozionistici essenziali per poter affrontare le parti successive. La seconda fase, consiste in un breve inquadramento storico e geografico dei Comuni scelti come area di studio e l'analisi degli strumenti digestione del territorio. Già da subito si evidenzia una netta differenza tra le due province: i Comuni della Provincia di Padova in linea con gli strumenti di pianificazione e gestione del territorio Regionale hanno aggiornato lo strumenti di regolazione comunale, redigendo il Piano di Assetto Territoriale, mentre per il Comune posto nella Provincia di Vicenza vige ancora il Piano Regolatore Generale sebbene siano passati quasi cinque anni dall'approvazione della Nuova legge Regionale.

La terza fase, la più operativa, riguarda lo studio di carattere idrogeologico dell'area. Viene dapprima fornito un inquadramento dal punto di vista geo-morfologico della Regione Veneto, per poi scendere via via alla scala comunale. Le analisi svolte possono essere raggruppate in due macro categorie: le analisi di tipo areale e quelle di tipo puntuale. A quest'ultima categoria appartengono il "Metodo di Holman" ed il "Metodo di LeGrand" fortemente correlati tra loro. Un "Metodo di Holman" necessita un accurato censimento delle tipologie dei centri di pericolo presenti nell'area esaminata. Ogni centro di pericolo è valutato in base a diversi fattori di pericolosità, e ai diversi fattori di controllo (naturali o artificiali) che concorrono a determinare o impedire l'inquinamento delle acque sotterranee. Entrambe le categorie di fattori sono elencate su delle tabelle, il cui peso variabile è prestabilito in un range di valori che va da 1 (bassa pericolosità) a 3 (elevata pericolosità). Per ogni centro di pericolo viene calcolato l'indice dei fattori di pericolosità (IFP) come prodotto dei pesi dei fattori di pericolosità, e l'indice di controllo (IFC) come prodotto dei pesi dei fattori di controllo. Il prodotto tra i due pesi determina l'indice di pericolosità (IP). Attraverso il "Metodo di Holman" è quindi possibile analizzare due diversi livelli di pericolo: il primo legato ad un punto d'acqua rispetto al singolo centro di pericolo; il secondo generato dall'azione sinergica dei centri di pericolo agenti nelle RIS. Questo metodo è utile a livello di Pianificazione Territoriale perché attraverso il confronto degli IP è possibile pianificare una programmazione in base al livello di priorità degli interventi a tutela della risorsa idrica. Come detto in precedenza il "Metodo LeGrand" è fortemente correlato, agisce come una sorta di "prova del 9" rispetto ad Holman.Infatti, diversamente dal primo metodo esso analizza i Soggetti a Rischio e la loro probabilità di inquinamento rispetto ai Centri di pericolo. Anche in questa situazione sono stati assegnati dei valori, parametrati in tabelle, relativi alle caratteristiche geomorfologiche ai centri di pericolo. Una volta ottenuti i valori relativi al centro di pericolo, si calcola la Possibilità di Inquinamento sommando i pesi di ogni parametro. La correlazione con il "Metodo di Holman" consiste quindi nella verifica di corrispondenza tra Indice di Pericolosità dei Centri di Pericolo censiti in Holman ed il livello di Possibilità di Inquinamento dei Soggetti a Rischio. Inutile sottolineare l'importanza della compresenza dei metodi per una più precisa attività di gestione e pianificazione delle operazioni diagnostiche e valutative per i processi di trasformazione. E Terzo ed ultimo metodo considerato, differisce dai due appena descritti in toto: infatti, mentre Holman e LeGrand analizzano per punti diffusi sul territorio, la Valutazione del Rischio Globale da Inquinamento prende in considerazione ed analizza l'intera area. Per arrivare alla definizione del Rischio Globale le analisi da compiere sono tre: lo studio della vulnerabilità del soggetto a rischio (derivato dal prodotto tra la vulnerabilità intrinseca e l'esposizione), lo studio del valore del soggetto a rischio (ottenuto grazie al prodotto tra le classi di qualità delle RIS e le classi di valore relativo socio economico delle opere di captazione delle RIS intese come soggetti a rischio) ed infine lo studio dell'indice di pericolo delle fonti puntuali e diffuse. La totalità delle analisi è stata compiuta attraverso il software ArcGIS versione 9.2. Obiettivo principale di questa parte è quindi giungere ad un'analisi concreta della pericolosità di un possibile inquinamento che il territorio corre allo stato attuale. Efficaci sono le tavole prodotte dalle analisi, e le tabelle inserite negli allegati. La quarta ed ultima parte è quella inerente la pianificazione territoriale. In questa fase appare evidente il filo conduttore di tutto il lavoro e proprio attraverso gli elementi raccolti attraverso le analisi si arriva alla conclusione esplicitata nelle prime righe: l'integrazione efficace di questi due elementi attraverso la redazione di punti utili per la redazione di proposte normativa che vada a colmare le lacune della normativa nazionale inerente questo settore. L'ultima sezione si snoda attraverso lo studio e l'analisi degli elementi a carattere normativo inerenti la tutela della risorsa acqua: un percorso estremamente interessante, che termina con l'analisi della Direttiva Quadro, la messa in luce degli obiettivi e degli step necessari a raggiungere l'obiettivo finale, e le ovvie conseguenze se si fallisce il raggiungimento di tale obiettivo. Si è poi analizzata in modo sintetico come alcuni degli Stati Membri hanno recepito la Direttiva, e come il nostro paese ha agito in tale direzione. Inutile dichiarare in premessa il responso, di seguito ampiamente strutturato e delineato. E proprio da tali considerazioni, dal raggiungimento di una coscienza dell'inutilità di giungere ad un'alternativa che riesca ad unire in un unico potere la gestione del settore idrico, si delineano le carenze principali del sistema italiano, e dei punti/proposta che potrebbero essere la base di una proposta normativa, obiettivo principe di questo lavoro.

Relatori: Carlo Alberto Barbieri, Marina De Maio
Tipo di pubblicazione: A stampa
Soggetti: G Geografia, Antropologia e Luoghi geografici > GB Aree protette
S Scienze e Scienze Applicate > SL Scienze
Corso di laurea: Corso di laurea specialistica in Pianificazione Territoriale, Urbanistica E Ambientale
Classe di laurea: NON SPECIFICATO
Aziende collaboratrici: NON SPECIFICATO
URI: http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/1330
Capitoli:

INDICE

PREMESSA

PARTE 1: Cenni sul ciclo dell'acqua

Capitolo 01 Il ciclo dell'acqua ed il bilancio idrico globale

Capaitolo 02 I principali inquinanti, l'inquinamento di origine industriale e di criteri sanitari per la valutazione della potabilità delle acque

Capitolo 03 L'inquinamento industriale

Capitolo 04 Economia ed ambiente The Water Framework Directive

paragrafo 04.1 La situazione Italiana dall' entrata in vigore della Water Framework Directive

Capitolo 05 Conseguenze sociali

Capitolo 06 - Conclusioni

PARTE 2: Inquadramento dell'area di studio

Capitolo 07 - Scelta ed inquadramento dell'area di studio

Paragrafo 07.1 � Il Comune di Tezze sul Brenta

Paragrafo 07.2 � Il Comune di Fontaniva

Paragrafo 07.3 � Il Comune di Cittadella

Paragrafo 07.4 � Conclusioni

PARTE 3: Analisi dello stato dell'idrogeologia del territorio

Capitolo 08 � Struttura ed idrologia della Pianura Veneta

Paragrafo 08.1 � II Bacino scolante

Capitolo 09 � Descrizione dei metodi di analisi per la valutazione dei centri di pericolo

Capitolo 10 � Il Metodo di Holman: la valutazione del potenziamento di impatto dei centri di pericolo

Paragrafo 10.1 � Applicazione del Metodo di Holman al caso studio

Paragrafo 10.2 - Conclusioni

Paragrafo 10.3 � La "PM Galvanica" e l'inquinamento da cromo esavalente

Capitolo 11 � Ulteriori analisi

Capitolo 12 � Il Metodo di LeGrand per i siti normali ed i siti di discarica

Paragrafo 12.1 � Applicazione del Metodo di LeGrand al caso studio

Capitolo 13 � La valutazione del Rischio globale da inquinamento

Paragrafo 13.1 � Vulnerabilità dei Soggetti a Rischio (VuSAR) ed il Valore dei Soggetti a Rischio (VaSAR)

Paragrafo 13.2 � Applicazione del Rischio Globale all'area di studio

Paragrafo 13.3 - Conclusioni

Capitolo 14 � Conclusione e comparazione tra i diversi metodi

PARTE 4: La legislazione sulle acque

Capitolo 15 � La legislazione delle acque e la gerarchia delle istituzioni

Paragrafo 15.1 � La Normativa Europea

Paragrafo 15.2 � La Direttiva Quadro 23 Ottobre 2000 (2000/60/CE)

Paragrafo 15.3 � Le procedure della Commissione Europea in caso di inadempienza

di Stati membri riguardo ai recepimenti delle Direttive Comunitarie

Paragrafo 15.4 � Le fasi per l'implementazione della Direttiva a livello Europeo

Paragrafo 15.5 � Struttura normativa in materia di acquiferi a livello internazionale

Capitolo 16 � Il recepimento della Legge Quadro in Italia

paragrafo 16.1� Analisi comparata tra la WFD ed il Testo Unico delle Acque

paragrafo 16.2 � I tempi di attuazione e le inadempienze Italiane nei confronti della Direttiva 2000/60/CE

paragrafo 16.3 � Il Decreto Legislativo 11 Maggio 1999 n. 152 ed il Codice dell'Ambiente

paragrafo 16.4 � Coordinamento tra Piano di Tutela delle Acque, Direttiva 2000/60/CE D. Lgs 152/99 e normativa precedente

Capitolo 17 � L'esperienza delle Regioni Piemonte, Lombardia e Toscana.

Confronto con la Regione Veneto

Capitolo 18 - Il bacino idrografico

paragrafo 18.1 � Il Piano di bacino distrettuale ed i Piani di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI)

Capitolo 19 - Struttura normativa in materia di acquiferi a livello regionale Paragrafo 19.1� La Legge Regionale n. 11/2004

Paragrafo 19.2 � Lo schema del Veneto centrale ed il modello strutturale degli acquedotti del Veneto

Paragrafo 19.3 � L'Autorità d'Ambito Territoriale Ottimale (ATO) e l'Ambito Territoriale del Brenta

Paragrafo 19.4 - Il Piano di Tutela delle Acque

Capitolo 20 - Il Piano Territoriale Provinciale

Paragrafo 20.1 - Struttura normativa in materia di acquiferi a livello Provinciale

Paragrafo 20.2 - Punti di forza e criticità dell'attuale strumento normativo

Capitolo 21 � La partecipazione: definizioni e applicazioni al settore idrico.

Capitolo 22 Verso una proposta normativa

Capitolo 23 � Conclusioni

ALLEGATI

ALLEGATO 1 � Scenari di minima e di massima nello studio del Metodo di Holman

ALLEGATO 2 - Caratteristiche dei suoli

ALLEGATO 3 � Analisi di LeGrand

ALLEGATO 4 � Relazione tra il Metodo di LeGrand ed il Metodo di Holman

ALLEGATO 5 � Articoli di giornale relativi al caso di cromo esavalente

ALLEGATO 6 � Allegato X della decisione 2455/2001/CE

ELENCO TAVOLE:

Bibliografia:

Non è presente

Tavole:

ELENCO TAVOLE:

TAVOLA 1 Localizzazione dei centri di pericolo e dei pozzi di captazione nell'area di studio;

TAVOLA 2 Localizzazione dei pozzi di captazione e dei soggetti inquinanti per l'analisi di LeGrand

TAVOLA 3 Indici di pericolo;

TAVOLA 4 Vulnerabilità dei Soggetti a Rischio - VuSAR

TAVOLA 5 Valore dei Soggetti a rischio � VaSAR;

TAVOLA 6 Rischio globale di inquinamento delle acque sotterranee.

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