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Teoria e prassi della tutela in Inghilterra

Lucia Catto

Teoria e prassi della tutela in Inghilterra.

Rel. Emanuele Romeo. Politecnico di Torino, Corso di laurea in Architettura, 2007

Abstract:

L�obiettivo di questa ricerca è quello di esaminare come due paesi facenti parte della Comunità Europea, Gran Bretagna e Italia, hanno risposto al problema della tutela, della conservazione e del restauro del proprio patrimonio storico-architettonico: quali meccanismi istituzionali sono stati predisposti; quali relazioni intercorrono tra il settore pubblico e settore privato, tra tecnici e politici; quali difficoltà sussistono.(1)

Sappiamo naturalmente che gli assetti istituzionali e i vincoli legislativi non sono facilmente asportabili e che, se asportati, non producono gli stessi risultati raggiunti altrove; non c�è dubbio, però, che in un�epoca di grande apertura culturale ed economica, il confronto critico rappresenta un ulteriore passo in avanti verso la crescita culturale e che conoscere le soluzioni degli altri paesi può servire se non altro ad affrontare meglio e a riconoscere meglio i problemi che ci riguardano.

Esistono vari modi di fare restauro dell�architettura. Esistono modi �colti� e corretti che tengono conto degli infiniti aspetti del problema e modi �incolti� che finiscono per essere distruttivi. E� la storia del restauro a determinare la disciplina nell�accezione moderna: ogni intervento di restauro esplicita un rapporto tra un�opera del passato e una concezione attuale dell�architettura. Ogni nazione interviene in modo diverso sui propri edifici storici, ha metodi e normative riguardanti il restauro diversi. Questi differenti approcci sono legati alla cultura di ciascun paese, al modo di relazionarsi col proprio passato, alla concezione della storia e dell�architettura.(2)

In questa sede si è preso in analisi esclusivamente L�Inghilterra, essendo quella che per prima ha preso coscienza dei problemi riguardanti la tutela e la conservazione e ha fatto da esempio agli altri stati del Regno Unito che si sono adeguati a livello legislativo e normativo.

La Gran Bretagna è formata infatti da quattro paesi: l�Inghilterra, il GaIles, la Scozia e l�Irlanda del Nord. A questo proposito, è necessario ricordare la politica di decentramento delle competenze statali, che da alcuni anni è stata avviata in Gran Bretagna:

autonomia degli Stati (Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord) e istituzioni delle Regioni (Regional Development Agency).(3)

Per le competenze in materia di tutela, quindi, la situazione è diversa nei singoli Stati, anche se in generale vi è un ampio accordo politico sui temi fondamentali della conservazione.(4)

Nello sviluppo della ricerca è stato fondamentale precisare il significato di alcune �parole chiavi� inglesi quali ad esempio quelli di restoration, conservation e preservation rispetto a quelli da noi utilizzati di restauro e conservazione. E� importante infatti non confondere la restoration, da tradursi in realtà come ripristino, con il termine restauro, che corrisponde alla parola inglese conservation, e ancora per preservation si intende la conservazione di tutte le stratificazioni e le trasformazioni della fabbrica (il termine è infatti per lo più usato in riferimento alla �conservazione allo stato di rudere�).

Nella parte iniziale del lavoro si è dovuta definire la struttura logica della ricerca per poter procedere in modo ordinato e ragionato dalla fase di analisi oggettiva a quella di sintesi critica.

Sulla base di queste considerazioni preliminari, fatte proprie solo grazie al contatto diretto con la realtà inglese, sono state svolte ricerche bibliografiche e d�archivio.(5) Questi sono gli strumenti che hanno permesso di portare a termine la fase analitica di questa tesi, che ha compreso: l�indagine del panorama conservativo dal XVIII secolo ad oggi (Capitolo TI); l�analisi degli enti e degli strumenti di tutela oggi utilizzati per quanto riguarda il paesaggio, la città, i giardini storici, l�architettura e l�archeologia (Capitolo III).

Per poter affrontare l�argomento in modo più ordinato la trattazione è stata infatti suddivisa in cinque diversi campi del restauro (il paesaggio, la città, i giardini storici, l�architettura e l�archeologia). Sì è tuttavia tenuto conto del fatto che ogni aspetto è complementare agli altri, e che l�elemento unificante è rappresentato dalla dimensione ambientale del restauro. Ciascun argomento è stato sviluppato in senso orizzontale, ovvero seguendo un percorso cronologico (legato ad eventi e leggi) che ha chiarito la nascita, in epoche diverse, del dibattito sui vari aspetti della conservation per la valorizzazione delle strutture storiche.

Il ritardo (6) con cui in Inghilterra sono state emanate le leggi di tutela e di salvaguardia è dovuto principalmente al fatto che le associazioni e i singoli individui hanno preso coscienza di questi problemi, molto prima dello Stato. Oggi le istituzioni associative e private confermano la teoria secondo la quale, in Inghilterra, la conservazione è frutto di un�intesa comune tra i proprietari, le istituzioni filantropiche, le associazioni per la difesa dell�ambiente, i singoli attivisti e lo Stato: è uno dei matrimoni più felici per il settore privato e pubblico.(7)

Nell�ambito dei monumenti storici e artistici l�azione del volontariato privato ha preceduto le iniziative dello Stato, tanto è vero che fino alla fine del XIX secolo non esisteva nessun organo ufficiale che si interessasse delle salvaguardia dei monumenti storici. Il ruolo delle associazioni volontarie private, sorte spontaneamente, i cosiddetti �enti morali� (Trust), che agiscono sia a livello locale che nazionale, hanno assunto un ruolo fondamentale per la conservazione del patrimonio storico. Ne sono un esempio la fondazione della Society for Protection ofAncient Building (SPAB) (8), che risale infatti aI 1877, e la fondazione del National Trust nel 1895 che anticipano la legislazione nazionale di tutela. (9)

A questo punto si è potuto procedere con il confronto tre le filosofie e la prassi d�intervento, facendone emergere punti di contatto ed incongruenze.

Si è preso in analisi la città di York (Capitolo IV), che ben rappresenta lo sviluppo della tutela inglese del XX secolo, in quanto è stata protagonista delle più importanti legislazioni e normative inglesi riguardanti la tutela architettonica (10) (1913), urbana� (1967) e archeologica (12) (1984).

Infine per analizzare meglio le politiche di tutela si è preso in analisi un intervento di restauro in corso d�opera durante il soggiorno a York (il caso Low Petergate, Capitolo V).

I colloqui con la Professoressa Jane Grenville (13), con Miss June M. Hargreave (14), John Oxley (15), Mr Martin Lawe (16) e le visite al cantiere di Low Petergate, mi hanno permesso di studiare un caso molto interessante di recupero e di riqualificazione urbana e architettonica. L�intervento preso in analisi risulta importante per poter maggiormente capire le politiche di tutela inglesi, infatti i tre edifici sottoposti a restauro si trovano nel pieno centro storico della città di York e sono quindi sotto ristrettissima tutela. Sono compresi in una delle 11 Conservation Areas (istituite nel 1967 col Civic Amenities Act) e sono compresi nellArea of Archeologica! Importance (istituita nel 1979 col Ancient Monuments and Archaeological Areas Act); inoltre, eccetto che per l�edificio al numero civico 68, sono classificati come Listed Building di grado 11 (16), quindi di grande importanza storica � architettonica.

Anche se riferite ovviamente alla realtà britannica, che differisce per tradizioni storiche e culturali da quella italiana, alcune questioni di definizione e di carattere metodologico riguardanti la tutela e la conservazione, possono offrire utili insegnamenti. (17). Da un punto di vista formale indubbiamente sussistono rilevanti analogie negli strumenti utilizzati per la tutela inglese e quella italiana: divieti, vincoli, autorizzazioni, proprietà pubblica e così via. Ma per sottolineare le differenze di approccio alla materia, va notato il pragmatismo degli studiosi inglesi. L�ente italiano che si occupa di tutela, tende a limitare le sue indagini genericamente all�istituto della proprietà e del suo complesso regime, si limita cioè a indagare se il patrimonio sia costituito o meno da beni soggetti ad un regime speciale. Un simile orientamento, che si radica nella tradizione

�teorizzante� (18) della cultura giuridica italiana, trova forse una spiegazione, per il campo specifico in esame, nei risultati deludenti dell�azione pubblica, che spingono a cercare nelle riforme concettuali la compensazione per la mancata tutela di tangibili interessi collettivi. L�impostazione empirica sembra invece prevalente in Inghilterra, dove appare una maggior tendenza ad entrare nel dettaglio e a ricordare gli aspetti pratici e quantitativi del problema, dal numero dei provvedimenti emessi in un dato periodo all�estensione delle zone vincolate. (19)

E� evidente che la conservazione di beni architettonici non può essere affidata solo all�adozione di formali provvedimenti vincolativi, o a dichiarazioni di interesse o ancora all�inserimento nel catalogo nazionale (Ancient Monuments e Listed Buildings); meglio sarebbe che l�esigenza della conservazione derivasse da una convinzione, maturata nella società, dell�importanza che tali beni hanno per la storia di una collettività e per la conoscenza dello sviluppo storico dell�architettura.

Il vincolo è necessario quando le esigenze speculative, di natura economica o politica, premono per sollecitare una demolizione o una trasformazione integrale; ma la sua presenza non è sufficiente a garantire che si provveda a quelle opere di manutenzione o di consolidamento, che, quando occorrono, sono essenziali perché un bene architettonico possa passare di generazione in generazione senza perdere in qualità o senza rischiare addirittura la distruzione. (20)

Concludendo ci si può auspicare che in futuro aumenti sempre più l�attenzione per la tutela e la conservazione, oltre che del singolo edificio, anche dell�architetture che formano il tessuto delle nostre città, segno tangibile della compresenza di continuità e discontinuità nella Storia. Inoltre sarebbe ancora auspicabile che il concetto di conservazione si applicasse anche alle architetture nuove (21). E� importante comprendere come queste architetture possano avere un�identità che è tutt�altro che inferiore rispetto a quella dei manufatti dell�architettura precedente e che questa loro identità non risiede solo nel loro disegno e immagine, ma anche, nella loro materialità, nella loro spazialità, nella loro immagine originaria, così come in quella attuale, frutto del passaggio del tempo che certo logora e riduce la materia, ma accresce la ricchezza più grande che è la sedimentazione della memoria. (22)

Infine è importante ricordare che è dal documento che lo storico deve partire per la ricerca dei fatti storici, ma proprio il documento, la fonte, non è mai puramente obiettivo, è piuttosto da considerarsi un monumento o un testo. Attingere dunque alla storia �materiale� come fonte documentaria ancora inesplorata significa anche far parlare cose che da sole non parlerebbero. Riportando questo orientamento nell�ambito dell�architettura è possibile convenire sul fatto che le stesse opere, i manufatti, non sono entità pure e compiute ma sono il risultato di stratificazioni, sono oggetti polisemi, colmi di tracce e di indizi. Allora si può procedere ad una lettura dell�oggetto architettonico quale documento di se stesso, e così apprendere una traccia del suo passato. E si giunge, sulle indicazioni di Le Goff (23), ad asserire che come ogni documento è un monumento, nella misura in cui contiene in sé l�intenzione di preservare una memoria, viceversa il monumento è un documento in quanto nel suo essere oggetto materiale è portatore di un insieme di dati che �parlano� della storia materiale, sociale, tecnica ecc. di una specifica cultura. (24)

Gli assunti della conservazione colgono la pregnanza del dato materiale senza il quale non sussiste l�oggetto da preservare e con esso il sistema dei possibili significati aggiuntivi. Partendo da questo principale concetto si sviluppa e specifica l�idea che la conservazione deve tendere a garantire la tutela dell�esistente senza operare alcuna manipolazione, soprattutto di natura distruttiva, mediante la sottrazione di materia, pena la perdita dello stesso oggetto che si intende preservare.

Rimane una domanda finale:

Ma che cos�è la conservazione?

Incomincia con un interesse per gli edifici, ma è assai più di questo.

È essenzialmente un mezzo per rimanere vivi. È un metodo per assicurare la continuità ad un edificio o ad una strada, ad un quartiere o ad un�intera città. Una volta si parlava di preservazione nel senso di mantenere Io stato attuale, ma la conservazione come processo continuo include, insieme alla preservazione, i relativi concetti di restauro, adattamento recupero; e nel migliore dei casi si ottiene con l�immaginazione. È un processo continuo che cambierà adattandosi a nuovi valori, nuove necessità, nuove circostanze. La conservazione è programmazione. È discernimento nel valutare ciò che esiste e nel determinare quei valori che un edificio, una strada, un quartiere, una città possiedono. È un�analisi razionale della qualità fisiche ed estetiche che hanno un valore e una utilità. È sensibilità nell�accoppiare il nuovo col vecchio, in modo che ciascuno sia complemento dell�altro. È una protesta contro la insensibile mancanza di umanità di tanta moderna architettura. Rappresenta preoccupazione per una cultura in pericolo, preoccupazione per un tenore di vita che si sta deteriorando, preoccupazione per lo spreco. È il coinvolgimento dell�architettura e della società che fa della conservazione un�attività tanto entusiasmante. (25)

Come afferma Patrick A. Faulkner (26):

�la principale ragione del perché noi cerchiamo di preservare il nostro patrimonio è quella di preservare la nostra identità,

per avere un punto di riferimento dal quale possiamo

misurare noi stessi.� (27)

NOTE:

(1)Lo svolgimento di questi tesi è stato reso possibile da un soggiorno di due mesi in Inghilterra. La permanenza nella città di York mi ha permesso un contatto diretto con la realtà culturale inglese, che si è rilevato essenziale per la comprensione delle problematiche di conservazione oggetto della mia ricerca.

Presso I�Istitute of Advance A,-chitectural Studies (Dipartimento di architettura) dell�Università di York, sono entrata in contatto con docenti e architetti specialisti del settore. Si è rivelata essenziale la presenza del mio tutor, la Professoressa Jane Grenville, preside dell� Istitute of Advance Architectural Studies, per la sua competenza in materia di tutela e conservazione, per avermi permesso di accedere alle biblioteche del campus universitario, di prendere parte alle visite guidate presso monumenti storici e di partecipare (senza alcun obbligo accademico) alle lezioni del Master in Ethics and Philosofy of Conservation. Mi ha inoltre messo in contatto con importanti operatori del settore della conservazione quali Miss June M. Hargreave (Senior Assistant Planning Officer, Dip. T.P., A.M.T.P.I. nel 1968), John Oxley (Cities Archaelogist, del Conservation Office del comune di York), Mr Martin Lawe (Conservation Officer del comune di York). Grazie a quest�ultimo, mi è stato possibile studiare il caso molto interessante di recupero e di riqualificazione di Low Petergate, (illustrato nel Capitolo V), che oltre ad avermi messo a disposizione tutto il materiale pervenuto in comune, mi ha messo in contatto con i progettisti e con l�impresa edile, dandomi così la possibilità di visitare il cantiere più volte.

Non posso dimenticare infine, Mrs Anne Brearley (architetto-urbanista della cttà d. ork), che grazie a lunghi colloqui e ad interessanti visite, mi ha permesso di capire meglio a realtà della città di York durante la prima sperimentazione negli anni �70 delle Conservation Areas.

(2) Delafons, PoIitics and Preservation, E & EN Spon, London 1992, p. 55.

(3) Oggi gli scozzesi hanno infatti il loro Parlamento (istituito nel 1998), mentre i gallesi hanno un�Assemblea Nazionale (di poteri più limitati rispetto ad un Parlamento vero e proprio), e entrambi hanno responsabilità specifiche rispet

Relatori: Emanuele Romeo
Tipo di pubblicazione: A stampa
Soggetti: T Tecnica e tecnologia delle costruzioni > TC Protezione degli edifici
R Restauro > RD Tecniche del restauro
A Architettura > AS Storia dell'Architettura
U Urbanistica > UN Storia dell'Urbanistica
G Geografia, Antropologia e Luoghi geografici > GD Estero
Corso di laurea: Corso di laurea in Architettura
Classe di laurea: NON SPECIFICATO
Aziende collaboratrici: NON SPECIFICATO
URI: http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/955
Capitoli:

VOLUME I

Tutela, conservazione e restauro in Inghilterra

1- INTRODUZIONE:

1.1 Impostazioni metodologiche e obiettivi della ricerca

1.2 Questioni terminologiche

2- IL PANORAMA CONSERVATIVO IN INGHILTERRA DAL XVIII SECOLO AD OGGI

2.1 Interventi sull�esistente prima del XVIII secolo

2.2 Il �700 e il Classicismo

2.3 Il Romanticismo e il Gothic Revival Stylistic Restoration

2.4 Stylistic Restoration

2.5 I padri della disciplina: John Ruskin e William Morris

2.6 Fine XIX secolo: l�era delle Charity organizations

2.7 Il ruolo dello Stato a fine �800 e inizio �900

2.8 I risvolti della Seconda Guerra Mondiale: il quadro legislativo e le conservation areas

2.9 La politica del �recupero� dal 1974 ad oggi

2.10 Principali testi legislativi e regolamenti del patrimonio culturale inglese.

3- LA TUTELA IN INGHILTERRA (oggi):

3.1 Il paesaggio

3.2 La città

3.3 I giardini storici

3.4 L�architettura

3.5 L�archeologia

VOLUME II

Un esempio di applicazione metodologica: la città di York.

4- LA CITTA� DI YORK:

4.1 Cronologia storica

4.2 Le mura della città

4.3 Gli spazi urbani della città

4.4 Conservation in York

5- IL CASO LOW PETERGATE: (intervento di restauro)

5.1 Inquadramento urbano

5.2 Intervento di restauro

5.3 Il nuovo edificio e la HoIy Trinity Church

5.4 Allegati

6- CONCLUSIONI

7- BIBLIOGRAFIA

8- ALLEGATI

8.1 Il Manifesto (William Morris)

8.2 Carta di Atene (1931)

8.3 Carta Italiana per il Restauro dei Monumenti (1932)

8.4 Convenzione di Londra (1964)

8.5 Convenzione di Parigi (1972)

8.6 Carta italiana del Restauro (1972)

8.7 Dichiarazione di Amsterdam (1975)

8.8 Carta di Firenze (1981)

8.9 Convenzione di Granada (1985)

8.10 Carta intarnazionale di Washington (1987)

8.11 Convenzione Europea, La Valletta (1992)

8.12 Carta di Nara (1994)

8.13 Carta Europea del Paesaggio, Firenze (2000)

9- TAVOLE ALLEGATE

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