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Il recupero di una cava di pietra lavica : progetto di un percorso naturalistico e di uno spazio espositivo per il carretto siciliano

Lucia Di Salvo

Il recupero di una cava di pietra lavica : progetto di un percorso naturalistico e di uno spazio espositivo per il carretto siciliano.

Rel. Valeria Minucciani, Nella Rosaria Visalli. Politecnico di Torino, Corso di laurea magistrale in Architettura Costruzione Città, 2016

Abstract:

Introduzione

Questo lavoro nasce dall'intreccio casuale ed inaspettato di storie, ricordi e suggestioni emotive.

Rientrata per pochi giorni dal mio Erasmus a Berlino, ho trascorso le vacanze natalizie con la mia famiglia in Sicilia. Ed è stato in quei giorni che mio padre mi ha chiesto: mi accompagneresti per un giro alla sciàra?

Sin dalla mia infanzia, questa parola ha sempre posseduto un'aura magica e misteriosa. Nel gergo comune siciliano, sta ad indicare il terreno lavico ancora brullo ed incolto che lentamente viene nuovamente colonizzato dalla vegetazione; nella mia testa invece, il suono di questa parola evoca linee fra- stagliate, salite e discese, il terreno sdrucciolevole e le arrampicate di quando ero bambina...E così sono tornata in questo luogo della mia infanzia.

La sciàra ha contribuito a plasmare la storia della mia famiglia a partire dagli anni Cinquanta, epoca in cui il mio bisnonno acquistò le prime particelle catastali per poter iniziare l'estrazione del basalto lavico. Il sito è poi passato nelle mani di mio nonno e dei suoi fratelli, che hanno portato avanti il processo di estrazione della pietra. Il mio nonno paterno, Salvatore, ha lavorato nella cava sin da ragazzo ed ha gestito il lavoro di scalpellini ed intagliatori, fra i quali figura anche il cognato Orazio Grasso, scalpellino sin dalla tenera età ed esperto mastro di cava. Ma la sciàra ha coinvolto anche il lato materno della mia famiglia: mio nonno Carmelo infatti, di origine messinese, lavorò anche lui come pirriaturi nella cava della famiglia Di Salvo. Tutto ciò ha fatto sì che la mia infanzia fosse costellata di racconti su questo luogo: i racconti di mio padre, che da bambino seguiva il lavoro del nonno giocando tra i massi di pietra, nascondendosi al suono delle cariche di dinamite che esplodevano, nonché i racconti di nonno Carmelo e zio Orazio, che oggi tengono ancora viva la memoria di questa realtà con tono nostalgico e un po' amareggiato per la sua graduale scomparsa.

Questi sono i ricordi che sono riaffiorati dopo tanti anni, una volta giunta lì; ed a questi ricordi si è sovrapposto uno sguardo nuovo che vedeva nella vegetazione antica e selvaggia e nelle rocce possenti del fronte lavico un patrimonio da condividere e da raccontare. Un piccolo tesoro nascosto, a pochi passi dal centro storico di Aci S. Antonio, che rischia di scomparire insieme al mestiere dei pirriaturi - i lavoratori della “pietraia” - all’arte dell’ascoltare e capire la pietra.

Questa storia poi ne ha raccolta un’altra, che nasce sempre dalla volontà di preservare ed al tempo stesso condividere un patrimonio culturale che rischia di scomparire: la storia della famiglia Musso e della sua collezione di carretti siciliani d’epoca. Salvatore Musso, carradore originario di Catania, sin dall’età di 8 anni entra nella bottega di Quartarone per “imparare il mestiere”; da allora in avanti, la sua vita sarà per sempre legata ai carretti, anche dopo il trasferimento a Luino. Lontano dalla sua terra, non rinuncia infatti a collezionare e preservare carretti, fiancate, chiavi in legno e cassefuso, in ricordo del suo originario mestiere. Ed è così che i figli accompagnano il padre in questa ricerca, condividendone il sapere e la passione.

Le due storie - da un lato, la sciara con la sua cava dismessa e, dall’altro, la collezione di carretti della famiglia Musso - trovano, nel presente lavoro, un punto di incontro nella cornice storica della città di Aci S. Antonio, che, nella prima metà del XX secolo è importante località per l’estrazione della pietra lavica e, al tempo stesso, rinomato centro di produzione di carretti siciliani in virtù dei numerosi artigiani ivi operanti.

La peculiarità di questi saperi e mestieri ormai quasi del tutto scomparsi, e l’unicità della cava dismessa, ultima testimonianza a cielo aperto delle cave santantonesi, con l’antico manto vegetativo che ricopre la colata lavica del 300 d.C., hanno fatto sì che nascesse l’idea di preservare questo sito, rendendolo fruibile al pubblico, e di progettare uno spazio espositivo dove potessero prendere vita le storie suddette. Prendendo avvio da uno studio botanico delle specie vegetali presenti, il progetto prevede la realizzazione di un percorso naturalistico che colleghi i due livelli creatisi con il progressivo avanzare del fronte lavico, e che al tempo stesso attraversi le zone di maggiore interesse dell’area. Lungo il percorso sono state altresì inserite delle installazioni didattiche che hanno come tema la flora specifica della macchia mediterranea e le coltivazioni tipiche delle pendici dell’Etna.

Il nuovo edificio è collocato in prossimità dell’accesso diretto alla strada, ed oltre alla funzione espositiva vera e propria, prevede spazi dedicati alle attività didattiche, al restauro ed alla conservazione dei carretti nonché la creazione di una caffetteria con vendita di prodotti locali.

Il sito progettato si propone come punto di riferimento all’interno della rete dei piccoli musei presenti alle pendici dell’Etna, e si rivolge non solo ai flussi turistici ma anche alle scuole ed agli abitanti dei comuni limitrofi, nell’intento di preservare e sostenere la consapevolezza di una identità culturale scolpita nella pietra lavica ed al tempo stesso incisa e vivacemente figurata nei carretti siciliani.

L’importanza della pietra lavica nel paesaggio etneo salta subito all’occhio: non solo il profilo del vulcano rappresenta un punto di riferimento fisso, ma il basalto diventa strade, muri, case, portali, mascheroni... e da roccia nuda della sciàra si trasforma nell’essenza del paesaggio antropico urbanizzato. Di pietra lavica, inoltre, sono costituiti i terrazzamenti dei vigneti, ed in pietra lavica sono lastricate le strade e le trazzére (sentieri) su cui passavano le ruote dei carretti. I carretti costituivano, per l’appunto, sull’isola il mezzo di trasporto più pratico, proprio perché le strade di inizio secolo erano ancora piuttosto primitive e dissestate: la forma e la dimensione delle ruote venivano adattate a seconda dell’uso cui si doveva far fronte, mentre la pittura, diventata poi straordinariamente ricca ed elaborata, costituiva agli esordi la pellicola protettiva del legno contro le intemperie. Ma con l’aumento del benessere, il carretto divenne negli anni anche uno strumento di espressione del potere economico del suo proprietario: un carretto decorato e scolpito a regola d’arte costituiva infatti un irrinunciabile status symbol dei commercianti più abbienti.

In conclusione, il paesaggio etneo ha visto, negli ultimi decenni, un aumento del consumo di suolo ed una migrazione dai centri abitati verso le campagne circostanti che hanno determinato nuove lottizzazioni ed edificazioni di villini. La cava stessa è stata attorniata da case ed edifici, di cui alcuni abusivi, e ciò costituisce una motivazione in più per preservarla dall’urbanizzazione che incalza. La città di Aci S. Antonio, ufficialmente insignita del titolo di “Città del carretto siciliano” nel dicembre 2014, si presenta oggi come la destinazione naturale per una collezione unica, cresciuta lontana dalla Sicilia e che oggi aspira ad un ritorno nella terra d’origine.

Relatori: Valeria Minucciani, Nella Rosaria Visalli
Tipo di pubblicazione: A stampa
Soggetti: G Geografia, Antropologia e Luoghi geografici > GF Italia
S Scienze e Scienze Applicate > SI Geologia
Corso di laurea: Corso di laurea magistrale in Architettura Costruzione Città
Classe di laurea: NON SPECIFICATO
Aziende collaboratrici: NON SPECIFICATO
URI: http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/4764
Capitoli:

Introduzione

Capitolo 1 - Il paesaggio etneo e la pietra lavica

1.1.Storia di un vulcano

1.2.II paesaggio etneo

1.3.Le caratteristiche della pietra lavica

1.4.L'architettura in pietra lavica

Capitolo 2- Il comune di Aci Sant'Antonio

2.1.Le origini del mito

2.2.Tracce storiche

2.3.II paese oggi: il tessuto edilizio

2.4.Le attività produttive

2.5.Nuovi sviluppi nel turismo

Capitolo 3 - La capitale del carretto siciliano

3.1.II carretto: da mezzo di trasporto ad opera d'arte

3.2.La struttura e le parti che compongono il carretto

3.3.Le diverse maestranze

3.4.Aci Sant'Antonio: la capitale del carretto siciliano

Capitolo 4 - La collezione della famiglia Musso

4.1.Salvatore Musso: una vita dedicata al carretto

4.2.La collezione Musso

4.2.1.Carretto n. 1

4.2.2.Carretto n. 2

4.2.3.Carretto n. 3

4.2.4.Chiavi di carretto

4.2.5.Fiancate, cassefuso, bardature

Capitolo 5 - Una ex cava di pietra lavica:

un sito per la progettazione di un museo

5.1.Le "pirrere" di Aci Sant'Antonio

5.2.L’estrazione della pietra:

i racconti nella memoria dei pirriaturi

5.3.La sciàra Troccola:

l'ultima testimonianza delle cave santantonesi

5.4.II paesaggio vegetale originario

5.5.II clima

5.6.L'analisi della vegetazione antropica

5.7.La vegetazione erbacea

5.8.L'analisi della vegetazione naturale

Capitolo 6-il progetto

6.1.II progetto: obiettivi e studi preliminari

6.2.II percorso naturalistico

6.3.II museo

6.4.L'allestimento

7.Appendice : elenco floristico

8.Bibliografia

9.Sitografia

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