Lorena Gioda
Nuove teorie per le case di correzione : la Generala per "i giovani discoli".
Rel. Annalisa Dameri. Politecnico di Torino, Corso di laurea magistrale in Architettura Per Il Restauro E Valorizzazione Del Patrimonio, 2013
Abstract: |
Occuparsi delle trasformazioni del carcere e dei modelli architettonici che ne derivano è piuttosto complesso per una serie di ragioni, ma principalmente perché nel corso dei secoli questo termine è stato ricondotto a modalità di trattamento della pena assai differenti tra loro. Per arrivare a intendere l’istituto carcerario come lo intendiamo noi oggi si deve attendere la fine dell’applicazione delle pene corporali, affiancata dall’introduzione delle condanne alla detenzione. Il carcere, fino alla seconda metà del Settecento, non viene concepito come istituzione totale, ma esclusivamente come un mero strumento di afflizione. È, infatti, solo con l’Illuminismo che si assiste alla nascita delle nuove teorie sulla moderna concezione carceraria, quando la pena per eccellenza diventa quella privativa della libertà. Ma al fine di poter apprendere appieno quale ruolo abbia assunto il carcere è necessario elaborare un quadro sommario di quanto sia accaduto in tempi più remoti, dove la prigione, seppur già esistente come manufatto architettonico, veniva principalmente utilizzata per assolvere il ruolo di custodia preventiva per i sospettati. Un posto particolare, durante il Medioevo, viene ricoperto dal carcere canonico, che per primo ha introdotto la pena carceraria in qualità di reclusione all’interno dei monasteri, seguendo un duro regime di disciplina, che prevede la sofferenza fisica del condannato e l’isolamento assoluto per poter raggiungere l’espiazione. Durante il periodo del mercantilismo, in un’epoca di grandi cambiamenti economici e di scarsità di forza lavoro, le pene corporali, tipiche del Basso Medioevo, vengono sostituite con la privazione della libertà. Si da così avvio alle galere, alla deportazione e alle case di lavoro, le quali possono essere considerate il preludio delle moderne carceri, dove si mira principalmente a sfruttare la manodopera dei condannati. In questo momento di passaggio, che conduce all’affermazione dell’industrializzazione, l’internamento coatto assume il compito di mezzo di addestramento della forza lavoro alle esigenze dei nuovi meccanismi di produzione. Per tutta la prima metà del Settecento non si verificano grandi cambiamenti, anzi si ha un ritorno delle pene corporali, viste come legittimazione delle potenze militari, oltre che come testimonianza della forza delle autorità. L’esecuzione pubblica diventa uno spettacolo teatrale, dove il potere del sovrano viene mostrato pubblicamente sul corpo del condannato. A partire dalla seconda metà del XVIII secolo si iniziano a scorgere i primi segni di cambiamento, legati all’avvio delle nuove riforme carcerarie. La rivoluzione industriale ha inoltre reso obsoleto l’utilizzo del lavoro forzato nelle carceri, rendendo in questo modo necessario l’elaborazione di provvedimenti volti a concentrarsi sulle azioni di controllo e di intimidazione. Il carcere, sebben non sia ancora l’unica pena comminata, inizia ora a proporsi come una soluzione applicabile in sostituzione di molte punizioni corporali, in concomitanza con il diffondersi dell’opera di alcuni pensatori illuministi, quali Cesare Beccaria. Si assiste in questo modo all’avvio di un radicale stravolgimento della giustizia penale, con una moderazione delle pene inflitte. Questo cambiamento investe sia l’Europa che gli Stati Uniti, conducendo non solo a una diminuzione della quantità e dell’intensità delle sanzioni criminali, ma a un passaggio rio però anche ricordare che le teorie illume, ma piuttosto come una particolare forma di pena iformatori siadelle leggi. Alla fine del Settecento sonotrodurre dei cambiamenti nell’ambito penale, poietti eemento della delinquenza, porta alla necessalla definizione di una riforma carceraria, anche sddislte riflessioni, a ritenere la detenzione, dacostituire il fattore determinante di ogni aspetto porale costituisce un buon deterrente per la popolazione criminale, anche se lnte a un ricorso così esteso della reclusio confronti delle condizioni dirispetto ai liberi lavoratori, facendo venir meno quel carattere di deterrenza e intimidazione indispensabile per porre un freno alla criminalità dilagante. Alla fine del XVIII secolo è soprattutto dagli Stati Uniti che derivano i maggiori spunti per l’affermazione di nuovi modelli architettonici. Nello stato quacchero della Pennsylvania, nella sfera detentiva, viene ideato un regime di isolamento continuo, sia di notte che di giorno, il quale prende il nome di modello di Philadelphia, tipico di una concezione calvinista, impostata sull’etica del lavoro. L’altro modello americano, che si va a sviluppare negli stessi anni, è quello progettato da Auburn, basandosi sul lavoro produttivo giornaliero, da svolgere in comunione e in assoluto silenzio, e sulla segregazione notturna. Questo modello viene maggiormente applicato in America, sia per la grande necessità di manodopera, sia perché il modello philadelphiano comporta per gli internati non solo danni fisici, ma anche psichici. Queste tipologie di reclusione iniziano a prendere piede anche in Europa, introducendo l’applicazione della segregazione cellulare, il che comporta una serie di problematiche soprattutto legate agli alti costi che un sistema del genere avrebbe comportato. Nei primi anni dell’Ottocento la situazione economica delle classi subalterne migliora completamente, con una conseguente diminuzione dei crimini. La pena viene ora pensata non tanto per punire il crimine, ma per studiare l’indole del criminale, portando a tal proposito alla formazione di due scuole di pensiero: quella classica, fondata sul concetto di pena quale retribuzione della colpa, e quella positiva, tesa invece a indagare la figura del delinquente mediante fattori antropologici, sociali e naturali della devianza. Un personaggio che si sofferma molto su questo tipo di indagini e Cesare Lombroso, il quale ritiene che sia possibile individuare una serie di categorie di soggetti pericolosi, catalogandoli esclusivamente in relazione ai caratteri somatici della persona. Il nuovo concetto di pericolosità sociale implica che tutti coloro che non possono essere curati devono necessariamente essere allontanati dalla collettività. Non sono solo le esperienze oltre oceano a influenzare i cambiamenti in Italia nella sfera penale, ma anche quelle verificatesi in alcuni paesi europei, delle quali sono state prese in considerazione quelle francesi e quelle inglesi. In Francia, in particolare, si assiste, tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento, all’abbandono delle galere in favore dei bagni penali, i quali sono basati principalmente sullo sfruttamento delle abilità professionali della popolazione carceraria. Gli edifici adibiti ad ospitare tale funzione sono solitamente caserme penitenziarie, contraddistinte da una serie di espedienti atti ad evitare la fuga degli internati. La reclusione in queste strutture acquisisce maggiore importanza con la caduta dell’Ancien Regime. Gli interventi più innovativi arrivano però dai paesi anglosassoni, con la nascita in Olanda del Rasp Huis nel 1566, una sorta di precursore delle moderne carceri, atto a ospitare vagabondi, oziosi e criminali. Da questo modello detentivo prendono avvio le case di correzione realizzate in Inghilterra nei primi anni del Settecento. Il principale scopo di queste strutture è quello di dare lavoro ai più poveri, sottraendoli così alla delinquenza. Nel 1842, a seguito di un lungo dibattito sulla riforma carceraria e sul comportamento da tenere nei confronti dei reclusi, viene realizzato a Londra il penitenziario di Pentonville, il quale diventa immediatamente un modello di architettura e di disciplina carceraria. Un altro prototipo che viene generato in questo contesto è quello ideato da Jeremy Bentham, ossia il Panopticon, una nuova figura di sorveglianza. L’edificio avrebbe dovuto avere una forma circolare per poter permettere a un solo guardiano, mediante un gioco di luci e ombre, di vegliare sull’intera popolazione detenuta. Questa tipologia di rassegna il passaggio da una morale di rifiuto a un progetto di recupero sociale degli individui, anche se tale schema non verrà mai riprodotto fedelmente, ma sarà ampiamente rimaneggiato. L’analisi del quadro europeo e americano è fondamentale per comprendere appieno i cambiamenti in ambito penale in Italia, con particolare riguardo verso il territorio sabaudo. In un periodo dove l’industrializzazione ha ormai preso piede il ruolo delle bridewells inglesi inizia a venire meno, dunque le strutture detentive tornano a perseguire come maggiore obiettivo quello intimidatorio. La prigione inizia a diventare oggetto di studio, considerato come luogo dove poter rigenerare il reo, nonostante le condizioni reali di tali strutture siano piuttosto deplorevoli. Nel periodo di dominazione francese viene posta grande attenzione al problema del mantenimento dell’ordine pubblico, tracciando le linee di intervento da mettere in atto per il funzionamento delle istituzioni detentive. Secondo i nuovi codici francesi le carceri e le case di correzione possono essere considerati i luoghi per eccellenza dove scontare la condanna, anche se lo Stato sabaudo non presenta le strutture adeguate e in numero sufficiente per rispondere alle reali esigenze. Il punto di partenza consiste innanzitutto nell’adeguare e ampliare i manufatti esistenti, oltre a diversificare le destinazioni d’uso dei vari istituti detentivi, apportando una classificazione dei criminali. Con la caduta della dominazione francese, il re Vittorio Emanuele I riporta in vigore le Costituzioni dei suoi predecessori, segnando un brusco ritorno al passato. Per arrivare alla vera e propria riforma carceraria si deve attendere il regno di Carlo Alberto, il quale già a partire dai primi anni si impegna nella trasformazione delle prigioni obsolete. I provvedimenti presi dal sovrano portano inoltre all’apertura di una casa centrale femminile a Pallanza, alla creazione del correzionale dei giovani discoli presso la Generala di Torino, per arrivare poi alla realizzazione del penitenziario di Alessandria e Oneglia, solamente per citare alcuni dei casi più noti. Nel 1839 l’emanazione delle Regie Patenti segna l’avvio della nuova legislazione penale, che sancisce un maggior impiego della pena detentiva. Vengono inoltre delineati una serie di principi architettonici da adottare sia per la realizzazione ex novo che per gli interventi di adeguamento. Il caso studio del correzionale della Generala rientra pienamente nel più vasto programma condotto da Carlo Alberto. L’edificio nasce originariamente come villa privata, sorta agli albori del Seicento per volere di Giovanni Battista Truchi. Il complesso subisce nel corso dei decenni numerosi trasformazioni per poter ospitare differenti destinazioni d’uso, da abitazione, a manifattura tessile per produrre i vestiari per le Regie Truppe, fino ad accogliere le esposte dell’ospedale di San Giovanni Battista di Torino e le donne di malaffare. Un provvedimento del 1836 tende a trasformare il manufatto in correzionale per i giovani, in modo da evitare il formarsi di situazioni di promiscuità. Il progetto di adeguamento viene affidato all’architetto Giovanni Piolti, il quale riesce abilmente a coniugare le ristrettezze economiche del regno con il rispetto per le norme imposte dalla recente riforma. Una delle maggiori peculiarità di questo progetto risiede nella capacità di aver congiunto la planimetria rettangolare del fabbricato con l’idea di sorveglianza insita nel modello panottico, mediante la realizzazione di corridoi segreti, ad esclusivo utilizzo del Direttore dello stabilimento. L’indagine effettuata sui modelli architettonici carcerari, sorti tra il Settecento e l’Ottocento, è legata essenzialmente a motivazioni di natura più recente. Come è possibile notare, analizzando non solo il caso studio, ma anche altre esperienze carcerarie, in passato nella progettazione delle strutture adibite alla reclusione hanno sempre concorso più competenze, perlopiù architetti qlmente per quanto concerne il territorio italiano, questo non accade più dal momento che l’ideazione di nuovi edifici destinati ad essere carceri spetta agli uffici del Ministero della Giustizia, lasciando così questa particolare destinazione d’uso distaccata dai nuovi valori architettonici |
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Relatori: | Annalisa Dameri |
Tipo di pubblicazione: | A stampa |
Soggetti: | A Architettura > AJ Edifici e attrezzature per l'amministrazione, il commercio e la difesa A Architettura > AO Progettazione A Architettura > AS Storia dell'Architettura F Filosofia, Psicologia, Religione > FD Etica F Filosofia, Psicologia, Religione > FE Filosofia |
Corso di laurea: | Corso di laurea magistrale in Architettura Per Il Restauro E Valorizzazione Del Patrimonio |
Classe di laurea: | NON SPECIFICATO |
Aziende collaboratrici: | NON SPECIFICATO |
URI: | http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/3377 |
Capitoli: | INTRODUZIONE CAPITOLO 1. IL CONCETTO DELLA PENA 1.1 La pena dalle società primitive all’epoca feudale 1.2 L’età mercantilistica 1.3 Le riforme del Settecento 1.4 La concezione di carcere nell’Ottocento CAPITOLO 2. LA RIFORMA CARCERARIA IN EUROPA E NEGLI STATI UNITI 2.1 II caso francese e la nascita dei bagni penali. Tra la fine del Seicento e gli inizi dell’Ottocento 2.2 La situazione nei Paesi anglosassoni: dalle case di correzione al penitenziario di Pentonville (1556-1842) 2.3 II Panopticon di Bentham (1791) 2.4 L’esperienza penitenziaria oltre oceano: due sistemi penitenziari a confronto, a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo 2.5 Tipologie dell’edilizia carceraria CAPITOLO 3. IL SISTEMA CARCERARIO PIEMONTESE 3.1 Le carceri piemontesi durante l’Ancien Regime 3.2 L’architettura carceraria tra il XVIII e il XIX secolo CAPITOLO 4. IL CASO STUDIO: LA GENERALA E LA SUA TRASFORMAZIONE DA VILLA A CARCERE PER GIOVANI DISCOLI 4.1 Dall’Ergastolo alla Generala 4.2 La cascina detta La Generala ( 1649) e le sue trasformazioni per ospitare differenti destinazioni d’uso nel Settecento 4.3 II progetto di Giovanni Piolti per la realizzazione di un carcere agricolo (1838) 4.4 La direzione del carcere affidata alla confraternita di San Pietro in Vincoli 4.5 L’organizzazione interna della struttura e la composizione del personale 4.6 La nascita della società di Patrocinio dei giovani liberati CAPITOLO 5. IL PROBLEMA CARCERARIO OGGI E IL RUOLO DEGLI ARCHITETTI NELLA PROGETTAZIONE DEGLI EDIFICI PENITENZIARI BIBLIOGRAFIA |
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