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Architettura carceraria in Piemonte tra il 1729 e il 1864. Un'indagine condotta attraverso alcuni fondi dell'Archivio di Stato di Torino.

Paolo Lazzarini

Architettura carceraria in Piemonte tra il 1729 e il 1864. Un'indagine condotta attraverso alcuni fondi dell'Archivio di Stato di Torino.

Rel. Mauro Volpiano, Tiziana Malandrino. Politecnico di Torino, Corso di laurea specialistica in Architettura (Restauro E Valorizzazione), 2011

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Abstract:

Questa tesi si pone l'obiettivo di indagare e ricostruire lo sviluppo dei modelli compositivi che hanno caratterizzato l'architettura carceraria tra il XVIII secolo e il XIX secolo in Piemonte, attraverso l'analisi diretta dei documenti coevi, di trattati e della manualistica prodotta in quegli anni. Per lo sviluppo della ricerca è stato importante l'approfondimento bibliografico e, in particolare, l'analisi dei trattati relativamente al sistema penitenziario, che nasce nei primi anni dell'Ottocento - secondo la concezione contemporanea - e si sviluppa per tutto il XIX secolo. Tra i primi testi del-la letturatura novecentesca troviamo gli studi di Michel Foucalt (1975)", che innescano un'accesa discussione sul tema, che tuttavia si svilupperà soltanto negli anni successivi attraverso la pubblicazione di testi incentrati sulla concezione legislativa e sociologica della carcerazione. Di fondamentale importanza per discutere i modelli carcerari che hanno ispirato la progettazione dei carceri piemontesi è sicuramente il testo di Vera Comoli ( 1974). Nello stesso volume l'autrice, con il contributo di Giovanni Maria Lupo , ha analizzato in modo assai puntuale la struttura carceraria delle nuove pri¬gioni costruite a Torino nel 1864, aprendo in ambito piemontese un innovativo filone di ricerca su questi complessi architettonici. Studi che tuttavia rientrano in qualche misura in quelle più ampie analisi condotte, a livello internazionale da Nikolaus Pevsner (1986), il quale tuttavia concentra la propria attenzione prevalentemente sugli aspetti tipologici dell'edilizia carceraria in Inghilterra. Le vicende progettuali di un carcere mai realizzato per la capitale vengono affrontate nel volume su Benedetto Alfieri di Amedeo Bellini (1978): l'autore analizza i progetti per le carceri senatorie inseriti dallo stesso Alfieri nell'album per le fabbriche regie, che si trova presso l'Archivio di Stato di Torino. Un'altra monografia di fondamentale importanza è Architettura delle prigioni di Renzo Dubbini (1986) : in questo volume viene presentata la storia delle prigioni nel momento del loro costruirsi come moderna istituzione statale. Le indagini di Dubbini si focalizzano sull'ambito italiano e su quello francese, con riferimento a un più ampio panorama europeo e soprattutto ai grandi modelli detentivi americani. Successivamente al testo di Vera Comoli ritroviamo un nuovo interesse sul tema della carcerazione nella capitale, con il volume della fondazione Camillo Benso di Cavour, scritto da Roberto Audisio (1987), La generala di Torino. Esposte, Discoli, Minori corrigendi. Questi indaga la struttura per la reclusione dei giovani sotto l'aspetto psicologico e antropologico delle trasformazioni del sistema penitenziario agli inizi del XIX secolo, dedicando però un approfondito capitolo alle vicende costruttive del carcere. Solamente un anno dopo la pubblicazione del testo di Audusio, la stessa collana pubblica Carcere e società in Piemonte (1770 1857) di Giuseppe Nalbone (1988) . In questo volume, oltre a rinnovare l'interesse già maturato nel precedente, l'autore ripercorre le vicende carcerarie che hanno portato alla nascita dei grandi penitenziari. Questo testo ci dimostra che nel corso del XIX secolo l'istituzione carceraria piemontese è in radicale cambiamento: attaverso la ridefinizione delle funzioni, infatti, il carcere diventa strumento fondamentale attraverso il quale si esplicita l'esercizio della pena. Tale cambiamento è frutto di una lenta maturazione che recupera, solo a distanza di alcuni decenni, i temi che animavano nel Settecento il dibattito sulla definizione di una nuova teoria penale, fondata su un diverso rapporto pena-delitto. L'interesse per le carceri della capitale sabauda viene rinnovato nel 2004, con la pubblicazione di Punizione e carità. Carceri femminili nell 'Italia dell 'Ottocento' di Simona Trombetta. La sua analisi si sofferma sulla nascita del carcere femminile in Italia seguendo un duplice percorso: da un lato, infatti, analizza in maniera puntuale gli avvenimenti storici, rico¬struendo il dibattito europeo sui delitti delle donne e dall'altra individua il concreto funzionamento delle carceri. Singole storie e personaggi dimenticati sono lo sfondo della vicenda carceraria femminile italiana, dove, sino a tempi recenti, le carceri erano affidate alla direzione delle suore. L'educazione e la pratica religiosa, secondo la convinzione comune, avrebbero ricondotto la delinquente alla sua naturale vocazione di madre e di moglie. Molte pubblicazioni sono state realizzate pur non affrontando il tema della carcerazione in modo dettagliato, ma divulgando i disegni, indicando un interesse sull'argomento. Per delineare le vicende giuridiche del tema, mi sono avvalso del volume scritto nel 1984 da Isabella Colonnello e Romano Canosa, i quali illustrano i cambiamenti di una travagliata e continua riforma carceraria in tutti gli stati italiani e nello specifico per quella piemontese nel Settecento. Oltre alle monografie utili all'indagine storica, mi sono avvalso dell'articolo pubblicato da Silvia Rapetti (1996) nel Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti: la studiosa, infatti, delinea le vicende costruttive dei carcere di Oneglia e di Alessandria individuate come prime forme di penitenziario per la nascente riforma carloalbertina. Si è pertanto riscontrato che lo studio dei modelli per la carcerazione in Piemonte è per lo più incentrato sulle vicende dello sviluppo dei modelli che nascono dopo la riforma carloalbertina di Oneglia e Alessandria, mentre manca un'indagine sul tema delle strutture per la carcerazione settecentesca e un'indagine approfondita sui modelli post-riforma.Per delineare lo sviluppo dell'architettura carceraria italiana in antico regime possiamo affidarci a un'ampia bibliografia, mentre per analizzare la storiografia del modello carcerario sabaudo, si segnalano solamente i citati studi che tuttavia si limitano ad analizzare di volta in volta specifiche realtà. I fondi archivistici scelti per circoscrivere la tesi sono stati: Carte topografiche serie III15, conservate presso l'archivio di corte nel fondo Carte topografiche e disegni. Questo fondo conserva i progetti per le principali carceri settecentesche, nello specifico quelli di Acqui Terme (1787), Alba (1766), Asti (1770), Biella (1179), Carouge (1784), Mortara (1763) e Pinerolo (1745). Carceri per A e B, conservate presso l'Archivio di Corte nel fondo Materie economiche: fondo conserva la documentazione delle carceri in periodo ottocentesco. I documenti hanno permesso di ricostruire i processi decisionali e il percorso progettuale che hanno portato all'edificazione dei penitenziari di Alessandria (1833), Oneglia (1840) Pallanza (1834), Torino (1861) e Saluzzo (1825). Inoltre ci si è avvalsidel fondo Disegni e miscellanea I , conservato presso l'Archivio di Stato di Torino, sezione Riunite; questo fondo conserva i disegni dell'architetto Pietro Bosso per il penitenziario di Oneglia, e quelli dell'architetto Pietro Spurgazzi per il penitenziario di Pallanza.

La prima parte della ricerca, pertanto, si pone come obiettivo quello di delineare le vicende costruttive di alcuni carceri, analizzandoli attraverso il confronto con altri modelli italiani. Il Settecento costituisce un momento di particolare interesse nell'ambito delle struttura carcerarie. Proprio durante l'illuminismo, periodo di grandi trasformazioni umane e di teorie talvolta utopistiche s'inizia, infatti a definire anche per il carcere una nuova concezione: una seconda rivoluzione copernicana, dove il sistema carcerario è inteso non più come luogo di torture per chi vi era relegato, ma come luogo in cui avviene un processo di correzione che voleva dare spazio alla moralizazione dell'individuo. Il secolo dei Lumi ha dato l'avvio a una lunga serie di studi e pubblicazioni, dove la manualistica si lega alla letteratura utopistica. La ricerca di redenzione delle colpe, anche le più efferate, innesca la costruzione d'istituti di pena attrezzati con laboratori e cappelle per la preghiera, celle con la possibilità di luce e aria e non poste nei sotterranei mal¬sani di palazzi e castelli, la possibilità di lavoro comune o isolato e la divisione dei condannati nei corpi di fabbrica a seconda della pena e del sesso. È proprio il pensiero della metà del Settecento - ampiamente ripreso nell'Ottocento - che ritiene necessario la presenza di luoghi di lavoro all'interno delle carceri con lo scopo di moralizzare. La filosofia illuministica, da Voltaire, Montesquieu e Rousseau ai philosophes dell'Encyclopédie (1774), elabora quella che era la dottrina filantropica di Muratori, che cercercava un punto d'incontro tra etica cristiana e ragion di stato, arrivando anche a suggerire una giustificazione sociale del diritto di punire". Nella percezione illuministica si è lontani sia dal modello domiciliare delle carceri dell'antichità, sia da quelle forme di barbarie che erano state applicate, nel corso del medioevo dalle stesse strutture ecclesiastiche. La prigione, in senso moderno, deve possedere alcuni elementi formali che ne contraddistinguono immediatamente la funzione:

«Dans presque toutes les prisons il y a une espèce de cour OLI esplanade qu'on nomme prèau ou prébaut, dans laquelle on laisse les prisonniers prendre l'air sous la conduite de leurs geòliers, guichetiers et autres gardes[...]»

Significativo, infine, è rammentare la pubblicazione di Dei delitti e delle pene del marchese Cesare Beccaria (1786) - prodotto in semiclandestinità a Livorno - destinato ad avere enorme rilevanza negli ambiti giudiziari di tutta Europa, influenzando fortemente il sistema penitenziario. Sebbene Beccaria ci fornisca un grande contributo socio - politico e culturale, per comprendere meglio la filosofia dell'evoluzione del pensiero in materia carceraria, non ci permette di capire le strutture e le architetture per la reclusione, né tanto meno contribuisce a definire nuovi modelli architettonici per gli istituti detentivi.

L'illuminismo e la nascita del sistema filadelfiano e auburniano - che vedono la loro attuazione anche nello stato sabaudo, il carcere inizia ad essere rivisto da architetti e riformatori, interpretando i luoghi e gli spazi interni, non più lasciandoli al caso come avveniva in passato, ricreando un percorso perfetto dove le prigioni riformate divenivano luogo di riabilitazione alla vita del criminale. In Italia i primi momenti significativi dello sviluppo di una teoria architettonica sul tema della reclusione coincidono con la costruzione del carcere di San Michele a Roma (1704), che diventerà un modello fondamentale per la formazione dei successivi edifici per la reclusione. Questi subiranno un radicale cambiamento con l'adozione del modello Panopticon benthamiano (1791), che ridefìnirà un nuovo sistema incentrato sul controllo.

Proprio il modello benthamiano, che aveva il suo punto di forza nella centralità del controllo, diventa fulcro esso stesso di un nuovo modo di strutturare il carcere, rovesciando il ruolo dell'architettura che non è più fatta per essere vista dall'esterno e magari ammirata, ma che entra all'interno delle strutture, analizzando il modo perfetto per controllare chi è dentro La macchina per il controllo si avvale di materiali ignifughi e resistenti, vetrate trasparenti, planimetrie complesse e composite, con la volontà di disegnare uno scenario da romanzo di Orwell (1950) con più di un secolo di anticipo.

Non a caso questo modello verrà in seguito, dopo aver suscitato un positivo scalpore, ampiamente criticato per la sua alienabilità nei confronti di coloro che vi si trovavano all'interno - carcerali e carcerieri - posti in un grande gioco dove tulle le pedine disposte a raggiera erano controllate seppur in maniera invisibile, con una grande pressione psicologica, tult'altro che lo scopo che l'Illuminismo si era preposto iniizialmente. Le prigioni si trasformano da spazio di morte e sofferenza a luogo destinalo alla correzione, dove l'architettura si piega alle esigenze creando ima macchina per la sorveglianza, dove ogni elemento deve assolvere una specifica esigenza legata alla vita della prigione stessa. 11 Panopticon di Bentham anche se non verrà

mai realizzato, rappresenta lo schema fondamentale per la costruzione dei grandi penitenziari nel corso del XIX secolo, verrà reinterpretato prendendo forme stellari e a raggiera, dove gli ambienti verranno incernierati sul fulcro centrale della costruzione, attraverso una spasmodica ricerca di controllo sulle vite dei condannati.

Il problema delle carceri, emerso nel XVIII secolo nel Regno sabaudo, è caratterizzato da una frequenza, che non a caso verrà a coincidere con la definizione dei poteri dello stato e delle prerogative giudiziarie di alcuni corpi"

La seconda parte del lavoro, invece, definisce maggiormente le trasformazioni del modello carcerario nell'Ottocento. Per fare questo dobbiamo però uscire dai nostri confini di ricerca e approdare in America, dove il modello filadelfiano e auburniano cambiano la concezione di carcere: nasce il penitenziario, che rivoluzionando fortemente la struttura architettonica dei luoghi di detenzione.

L'idea rivoluzionaria del penitenziario americano verrà ampiamente discussa in Italia e sarà recepita anche in Piemonte: Carlo Alberto (1831-49), promulgatore di un'importante riforma carceraria (1838), infatti, avvierà, cantieri per la costruzione dei grandi penitenziari nello stato sabaudo. Nella stesura di questa parte di lavoro, mi soffermerò sulla definizione di una nuova architettura carceraria, che prenderà il suo avvio con la creazione del carcere di Oneglia e si svilupperà per tutto il secolo nei territori sabaudi. Altro punto importante da indagare, oltre alla creazione delle nuove strutture, sarà il riutilizzo di strutture già esistenti atte alle esigenze di strutture per la reclusione. In questa parte verranno analizzate più dettagliatamente le architetture prodotte dai nuovi principi e dalle nuove regole che si andranno a lineare lungo tutto il secolo. Esaminando i disegni per i penitenziari tra il 325 e il 1844, prescindendo dai regi biglietti e le regie patenti emanate tra il 1833 e il 1864, e analizzando nel dettaglio le opere di costruzione, possiamo definire maggiormente le vicende che hanno portato alla definizione del modello del penitenziario contemporaneo.

Relatori: Mauro Volpiano, Tiziana Malandrino
Tipo di pubblicazione: A stampa
Numero di pagine: 256
Soggetti: A Architettura > AJ Edifici e attrezzature per l'amministrazione, il commercio e la difesa
ST Storia > STC Archivi
ST Storia > STI Periodo contemporaneo (fino alla II Guerra Mondiale)
Corso di laurea: Corso di laurea specialistica in Architettura (Restauro E Valorizzazione)
Classe di laurea: NON SPECIFICATO
Aziende collaboratrici: NON SPECIFICATO
URI: http://webthesis.biblio.polito.it/id/eprint/2408
Capitoli:

INTRODUZIONE

PARTE I - Le carceri piemontesi di ancién regime

1 Modelli architettonici per la costruzione delle carceri nell'Italia del Settecento

Panorami earcerari nello Stalo Sabaudo del XVIII secolo

2 Torino capitale e il sistema detentivo: le carceri senatorie e le carceri del vicarialo

3 Strutture carcerarie in alcune province piemontesi

4 La figura di Giovanni Battista Feroggio nella progettazione delle prigioni di Alba (1771). Asti ( 1772), Biella ( 1780), Caronge ( 1784) e Acqui Tenne ( 1789)

PARTE II -- L'architettura carceraria in Piemonte alla fine del XVIII e nel XIX se¬colo: modelli intemazionali e ricadute locali

1 L'utilitarismo di Jeremy Bentham (1791): il modello del Panopticon

2 La nascita del penitenziario e il dibattilo internazionale sulle soluzioni architettoniche: i modelli filadelfiano eauburniano(1818-1821)

3 La riforma carceraria carloalbertina e l'adeguamento delle strutture carcerarie piemontesi (1838)

4 Il penitenziario in Piemonte Ira 1825 e 1864

4.1 La CastigUa di Saluzzo ( 1825)

4.2 La figura di Pielro Bosso nella progettazione dei primi

penitenziari per la riforma carloalbertina: Alessandria (1833) e Oneglia (1840)

4.4 II penitenziario di Pallanza ( 1834)

4.5 I penitenziari di Torino capitale

5 Il carcere in Italia dopo l'unità e la scelta del sistema Penitenziario

5.1 Un nuovo carcere per la neonaia capilale d"Italia (1861)

Conclusioni

Bibliografia

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